- Siamo portatori della luce di Cristo
- Diffondere il Vangelo con il lavoro ordinario
- La naturalezza dell’apostolato
Gesù parla il linguaggio di quelli che lo ascoltano, un linguaggio impregnato di vita ordinaria. Domanda, per esempio: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non invece per essere messa sul candelabro?» (Mc 4, 21). Molti dei suoi ascoltatori avranno avuto in casa un moggio, che era un piccolo recipiente di legno di forma rettangolare, con una capacità di circa nove litri. In questo recipiente si versava soprattutto il frumento o la farina; era indispensabile per il commercio al minuto oppure per calcolare le decime prescritte dalla legge. Da parte loro, di solito le lampade di uso domestico erano di terracotta o di bronzo, di varie forme, ma la più comune aveva una base circolare con un foro al centro, da dove si introduceva l’olio. Infine, spesso i candelieri erano una semplice nicchia nella parete. Secondo alcuni archeologi, gli ebrei erano abituati a lasciare in casa una lampada accesa, probabilmente per tenere lontani i vagabondi.
Ogni cristiano ha ricevuto la luce di Cristo, che è venuto nel mondo per dissolvere le tenebre del male e della morte. Per grazia e misericordia del Signore, abbiamo accolto questa luce nel nostro cuore e, come figli di Dio, siamo chiamati ad essere «portatori dell’unica fiamma capace di illuminare i cammini terreni delle anime»[1]. È un grande dono e un compito immenso. In un certo senso, «da noi dipende che molti non rimangano nelle tenebre, ma percorrano sentieri che conducono fino alla vita eterna»[2]. «Un discepolo e una comunità cristiana sono luce nel mondo quando indirizzano gli altri a Dio, aiutando ciascuno a fare esperienza della sua bontà e della sua misericordia. Il discepolo di Gesù è luce quando sa vivere la propria fede al di fuori di spazi ristretti [...]. Fare luce. Ma non è la mia luce, è la luce di Gesù: noi siamo strumenti perché la luce di Gesù arrivi a tutti»[3].
Vorremmo mettere il Signore in un luogo molto alto in modo che la sua luce raggiunga tutti. Ma si può mettere in pratica questa esortazione evangelica? San Josemaría spiegava che, per l’immensa maggioranza dei cristiani, diffondere la luce di Cristo non consiste nell’abbandonare le occupazioni normali e dedicarsi solamente a predicare la Parola di Dio; non consiste neppure nel dedicare semplicemente un certo tempo ogni giorno, o magari ogni settimana, alle pratiche di pietà o alle attività apostoliche. Il fondatore dell’Opus Dei proponeva una via più ambiziosa: essere santi e apostoli esercitando la propria professione o il proprio mestiere.
«Tu e io siamo cristiani, ma nello stesso tempo, e senza soluzione di continuità, siamo cittadini e lavoratori, con dei doveri ben chiari che dobbiamo compiere in maniera esemplare, se vogliamo santificarci davvero [...]. Il lavoro professionale – qualunque esso sia – diventa la lucerna che illumina i vostri amici e colleghi. Ripeto pertanto a quelli che s’incorporano nell’Opus Dei, e l’affermazione vale anche per tutti voi che mi ascoltate: se mi dicono che Tizio è un buon figlio mio – un buon cristiano – ma un cattivo calzolaio, che me ne faccio? Se non si sforza di imparare bene il suo mestiere, o di esercitarlo con cura, non potrà santificarlo né offrirlo al Signore; perché la santificazione del lavoro quotidiano è il cardine della vera spiritualità per tutti noi che – immersi nelle realtà terrene – siamo decisi a coltivare un intimo rapporto con Dio»[4].
È molto stimolante sapere che il nostro lavoro, realizzato per amore a Dio e con spirito di servizio agli altri, ci fa diventare persone che trasmettono la luce divina agli altri. «Se osservi come è composto un apparecchio elettrico, troverai un assemblaggio di fili grandi e piccoli, nuovi e logori, costosi ed economici. Se la corrente elettrica non passa attraverso tutto questo, non ci sarà luce. Questi fili siamo tu e io. Dio è la corrente. Abbiamo il potere di lasciar passare la corrente attraverso di noi, di lasciarci utilizzare da Dio, lasciare che si produca luce nel mondo oppure rifiutare di essere strumenti e lasciare che le tenebre si propaghino»[5].
«Non vi è nulla di segreto che non debba essere manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce» (Mc 4, 22), dice ancora il Signore. Queste parole hanno un valore escatologico, ma inoltre ci aiutano a considerare il riflesso che, nella nostra vita quotidiana, testimonia la luce che Cristo ha acceso dentro di noi. Quando un cristiano cerca di mantenere vivo il proprio dialogo con Dio, il suo amore alle anime lo spinge a parlare, a condividere, a comunicare con naturalezza quello che ha significato nella propria vita l’incontro con Gesù. Questo succede spesso senza nessuno sforzo speciale. Però forse, per vincere la propria timidezza, altre volte sarà necessario considerare la grandezza di quello che è in gioco.
«Proporre il Cristo e il suo Regno, più che un diritto, è un dovere dell'evangelizzatore – diceva san Paolo VI –. Ed è parimente un diritto degli uomini suoi fratelli di ricevere da lui l'annuncio della Buona Novella della salvezza. Questa salvezza Dio la può compiere in chi egli vuole attraverso vie straordinarie che solo lui conosce. Peraltro se il Figlio è venuto, ciò è stato precisamente per rivelarci, mediante la sua parola e la sua vita, i sentieri ordinari della salvezza. E ci ha ordinato di trasmettere agli altri questa rivelazione con la sua stessa autorità. Non sarà inutile che ciascun cristiano e ciascun evangelizzatore approfondisca nella preghiera questo pensiero: gli uomini potranno salvarsi anche per altri sentieri, grazie alla misericordia di Dio, benché noi non annunziamo loro il Vangelo; ma potremo noi salvarci se, per negligenza, per paura, per vergogna – ciò che san Paolo chiamava “arrossire del Vangelo” –, o in conseguenza di idee false, trascuriamo di annunziarlo?»[6].
Chiediamo a nostra Madre del cielo l’umiltà necessaria per aprire con semplicità la nostra anima a Gesù; e che, attraverso quell’incontro, molti di coloro che ci frequentano possano arrivare a ricevere con naturalezza la luce di Dio.
[1] San Josemaría, Forgia, n. 1.
[2] Ibid.
[3] Papa Francesco, Angelus, 9-II-2020.
[4] San Josemaría, Amici di Dio, n. 61.
[5] Santa Teresa di Calcutta, El amor más grande, Ediciones Urano, Barcelona 2003, c. 67.
[6] San Paolo VI, Evangelii nuntiandi, n. 80.