Meditazioni: Giovedì della 6ª settimana di Pasqua

Riflessione per meditare il giovedì della sesta settimana di Pasqua. I temi proposti sono: Lo Spirito Santo e il dono di scienza; Per vedere Dio nel creato; Ristabilire, in Cristo, tutte le cose.

- Lo Spirito Santo e il dono di scienza

- Per vedere Dio nel creato

- Ristabilire, in Cristo, tutte le cose


Nel discorso dell’ultima cena gli apostoli non riuscivano a comprendere in tutta la sua profondità le parole del Maestro. In vari momenti vediamo che commentano tra loro, perplessi, le cose che dice. «Che cos’è questo che ci dice: “Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete”, e “io me ne vado al Padre”? Dicevano perciò: Che cos’è questo “un poco”, di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire» (Gv 16, 17-18).

Gesù, tuttavia, continua il suo discorso: «Voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia» (Gv 16, 20). I discepoli non erano capaci di decifrare quello che stava accadendo e ancor meno riuscirono a farlo durante le giornate della morte e risurrezione di Gesù, giacché mancava loro ancora l’assistenza dello Spirito Santo: la terza persona della Santissima Trinità sarebbe stata inviata dal Padre e dal Figlio dopo l'ascensione. È il Paraclito che aveva riservato a sé il compito di «insegnare», «ricordare» e «dare testimonianza» di tutto ciò che Gesù aveva detto e fatto (cfr. Gv 14, 26; 15, 26), illuminando le loro intelligenze, movendo le loro volontà e incendiando i loro cuori.

Per intendere le parole di Dio contenute nella Rivelazione abbiamo bisogno dell’assistenza dello Spirito Santo. È un suo dono se possiamo dare una buona interpretazione agli avvenimenti e alle situazioni che viviamo, una lettura in chiave di figlio scelto per una missione. Il dono che ci invia il Paraclito a questo fine è conosciuto come dono di scienza, poiché abilita il nostro sguardo a poter scoprire la presenza e la maestà del creatore in tutto ciò che ci succede e in tutto il creato.


Lo scrittore sacro conclude le diverse giornate della creazione dicendo: «Dio vide che era cosa buona» (Gn 1, 9.12.18.21.25). Il creatore stesso sembra meravigliarsi per ciò che è uscito dalle sue mani e ci invita a contemplare quella bellezza e a custodirla. La creazione è un regalo inestimabile di Dio, è una lettera che ci ha scritto, e grazie alla luce del Paraclito impariamo a leggere in essa il suo infinito amore per noi. Quando ha terminato di modellare l’uomo, viene aggiunta una piccola sfumatura: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gn 1, 31). La Scrittura sottolinea quanto sia speciale l’uomo per Dio, la sua bellezza si fa notare sul resto del mondo creato. Grazie al dono di scienza consideriamo tutto quanto sta attorno a noi – specialmente gli altri, uomini e donne – come opera di Dio, impariamo «a trovare nel creato i segni, le impronte di Dio, a capire come Dio parla in ogni tempo e parla a me»[1].

In tal modo scopriamo «il significato teologico del creato»[2]. Così, con il dono di scienza, lo Spirito Santo ci muove a una spontanea preghiera di lode, che si traduce in azioni di grazie e in canti, in benedizioni e in salmi. La lode è una preghiera che riconosce la grandezza di Dio e la esalta. «Grande è il Signore e degno di ogni lode» (Sal 48, 2), dice il salmista. «Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo», preghiamo varie volte al giorno. Il Gloria e il Sanctus che recitiamo nella Santa Messa sono esattamente un'espressione di questo desiderio di rendere omaggio al creatore.

La preghiera di lode è presente specialmente nel libro dei Salmi, che raccoglie i canti e le acclamazioni che il popolo di Israele componeva per il culto a Dio. Nella contemplazione della creazione, il salmista, modello per la preghiera del cristiano, prega e canta il suo amore al creatore: «Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!» (Sal 8, 2); «I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento» (Sal 19, 2); «Lodate il Signore dai cieli [...]. Lodatelo, sole e luna, lodatelo, voi tutte, fulgidi stelle» (Sal 148, 1; 3). Con i doni del Paraclito apprezziamo il mondo in un modo migliore, più luminoso: impariamo a vedere tutto con occhi buoni e a volere ogni cosa come Dio la vuole; scopriamo le impronte di Dio in ogni essere e così sapremo di essere in sua compagnia.


Nello stesso tempo in cui scopriamo la grandezza della creazione, il dono di scienza «ci permette di conoscere il vero valore delle creature nella loro relazione con il creatore»[3]. Così lo Spirito Santo viene in nostro soccorso perché sappiamo fare distinzione tra le cose e Dio, scoprendo l’infinita distanza che le separa. Non cadiamo nella tentazione di far diventare le cose create degli idoli che ci allontanerebbero da Dio. «Amiamo il mondo perché Dio lo ha fatto buono, perché è uscito perfetto dalle sue mani e perché – anche se alcuni uomini a volte lo rendono brutto e cattivo a causa del peccato – noi abbiamo il dovere di consacrarlo, di elevarlo, di restituirlo a Dio: di restaurare in Cristo tutte le cose dei cieli e quelle della terra (cfr. Ef 1, 10)»[4].

È ormai molto vicina la solennità dell’Ascensione. Il Signore ci ha redento e ascende alla destra del Padre. Ci raccomanda, come suoi discepoli, di unirci a lui con una vita santa, che santifichi tutto ciò che tocca. Perciò, prima di andar via, Gesù espresse a Dio Padre un desiderio: «Non prego che tu li tolga dal mondo» (Gv 17, 15). Ci ama nel nostro ambiente, nel nostro lavoro, nella società nella quale viviamo. «Nel mondo, senza essere mondani», diceva san Josemaría, per santificarlo, per trasformarlo, per mettere ai piedi di Dio tutte le cose che abbiamo tra le mani, «situando Cristo sulla vetta di tutte le attività umane»[5].

Con il dono di scienza abbiamo a portata di mano la possibilità di «animare con il Vangelo il lavoro di ogni giorno [...], e così dare sapore al lavoro, anche quello difficile»[6]; il dono di scienza ci assiste in questo compito di mettere tutto in armonia con Dio. Guardando Maria, madre del creatore, possiamo imparare ad amare meglio il mondo e a lodare le mani che hanno modellato tutto quanto sta attorno a noi.


[1] Benedetto XVI, Udienza, 2-VI-2012.

[2] San Giovanni Paolo II, Udienza, 23-IV-1989.

[3] Ibid.

[4] San Josemaría, Carta 23, n. 6.

[5] San Josemaría, Colloqui, n. 59.

[6] Benedetto XVI, Udienza, 2-VI-2012.