Meditazioni: Giovedì della 4ª settimana di Quaresima

Riflessioni per meditare nel giovedì della quarta settimana di Quaresima. I temi proposti sono: Fare la volontà di Dio; Percorrere la via della conversione; Essere ponti tra Dio e il suo popolo.

- Fare la volontà di Dio

- Percorrere la via della conversione

- Essere ponti tra Dio e il suo popolo


«Io non ricevo gloria dagli uomini» (Gv 5, 41), afferma Gesù, in un lungo discorso nel quale spiega agli ebrei che in lui si compiono le Scritture. Queste parole mostrano un comportamento costante nella sua vita sulla terra: la sua continua attenzione a compiere la volontà del Padre. La osserviamo nella sua vita occulta, mentre passa trent'anni, in tutta normalità, senza mai richiamare l’attenzione, in una zona semi sconosciuta della Galilea. E la vediamo anche nel corso della sua vita pubblica, quando si muove sempre in piena libertà di spirito, cercando di trasmettere i suoi insegnamenti come inviato del Padre. Questa consapevolezza di fare la volontà di Dio era fondata sulla realtà che i disegni di Dio Padre sono sempre i più saggi e buoni, fonte di consolazione per tutti.

«Il culmine della sua libertà il Signore l’ha vissuto sulla croce, come vertice dell’amore. Quando sul Calvario gli gridavano: "Se sei il Figlio di Dio, scendi dalla croce!", egli dimostrò la sua libertà di Figlio proprio rimanendo su quel patibolo per compiere fino in fondo la volontà misericordiosa del Padre»[1]. Non sta sulla croce per desiderio di soffrire come non mai, ma per mostrare che, anche in tale circostanza dolorosa e terribile, l’amore di Dio è superiore a qualunque altra forza. Il bene che si ottiene è veramente grande: per l’uomo si apre la via per tornare a casa.

E, come Gesù, nel nostro cammino per fare la volontà di Dio anche noi incontriamo la croce e la possibilità di sperimentare che l’amore di Dio è più grande di qualunque altra forza. Per quanto non sempre possiamo vedere con tutta chiarezza, questa esperienza può essere via ed espressione di amore. A volte ci saranno momenti nei quali questa croce diventa più pesante per noi, ma vediamo che il Signore preferisce abbracciare la croce, piuttosto che evitarla. Arrivare al Calvario costa, ma «questa lotta è meravigliosa, una vera dimostrazione dell'amore di Dio, che ci vuole forti, perché virtus in infirmitate perficitur (2 Cor 12, 9), la virtù si rafforza nella debolezza»[2]. Lo stesso Gesù ci aiuterà a condividere l’amorevole volontà del Padre, che trova la gioia, la pace, e anche «la felicità nella croce»[3].


Dio manifesta la sua tristezza quando il popolo d’Israele lo abbandona per adorare il vitello d’oro: il suo popolo, che aveva amato e salvato con prodigi, si era dimenticato dei benefici divini ricevuti durante il vagare nel deserto. «Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! (...) - il Signore disse inoltre a Mosè -: Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori» (Es 32, 8-10).

«Anche noi siamo popolo di Dio e conosciamo bene come è il nostro cuore; e ogni giorno dobbiamo riprendere il cammino per non scivolare lentamente verso gli idoli, verso le fantasie, verso la mondanità, verso l’infedeltà»[4]. Possiamo, quindi, specie nel tempo della Quaresima, chiedere luce allo Spirito Santo per trovare la via del ritorno al Padre. Ricordare l’amore e le meraviglie che Dio ha operato nella nostra vita – come aveva fatto per il popolo di Israele – ci condurrà a cercarlo con la convinzione che è accanto a lui che saremo profondamente felici.

Tale conversione, tuttavia, non è cosa di un giorno, ma di tutta la vita. Quindi, la cosa importante non sono i risultati immediati, ma il desiderio di rimanere sempre accanto a Gesù, anche se non lo meritiamo.

«Finché c'è lotta, lotta ascetica, c'è vita interiore. Il Signore ci chiede proprio questo: la volontà di volerlo amare coi fatti, nelle piccole cose di ogni giorno. Se hai vinto nel piccolo, vincerai nel grande»[5].


Quando Dio manifesta la sua intenzione di finirla con Israele, Mosè lo dissuade parlandogli con filiale fiducia: «Desisti dall'ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele (Es 32, 12-13). E dopo tale intercessione, la Scrittura riporta che Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo (Es 32, 14)».

L’umiltà e la fiducia di Mosè ottengono di arrivare sino al cuore del Signore: «La sua fede in Dio fa tutt’uno con il senso di paternità che nutre per la sua gente. La Scrittura lo raffigura abitualmente con le mani tese verso l’alto, verso Dio, quasi a far da ponte con la sua stessa persona tra cielo e terra»[6]. Mosè ci fa vedere come è «questa la preghiera che i veri credenti coltivano nella loro vita spirituale. Anche se sperimentano le mancanze delle persone e la loro lontananza da Dio, questi oranti non le condannano, non le rifiutano. L’atteggiamento dell’intercessione è proprio dei santi, che, a imitazione di Gesù, sono “ponti” tra Dio e il suo popolo»[7].

L’esempio dell’intercessione di Mosè ci porta a guardare Cristo, del quale è come una immagine. Gesù intercede continuamente per noi davanti al Padre. Per questo siamo certi che avremo misericordia. Anche noi, che ora siamo il Popolo di Dio sulla terra, vogliamo rendere visibile la sua bontà e la sua misericordia tra i nostri fratelli, per «indirizzare la coscienza e l'esperienza di tutta l'umanità verso il mistero di Cristo»[8]. Maria, da buona Madre, intercede sempre per noi e non ci lascia mai soli in questo cammino di identificazione con suo Figlio.


[1] Benedetto XVI, Angelus, 1-VII-2007.

[2] San Josemaría, Vía Crucis, IX Stazione, n. 2.

[3] San Josemaría, Cammino, n. 758.

[4] Francesco, Meditazione, 30-III-2017.

[5] San Josemaría, Vía Crucis, III Stazione, n. 2.

[6] Francesco, Omelia, 17-VI-2020.

[7] Ibidem.

[8] Giovanni Paolo II, Redemptor hominis, n. 10.