Meditazioni: domenica della 6ª settimana di Pasqua (Ciclo C)

Riflessione per meditare la domenica della sesta settimana di Pasqua (Ciclo C). I temi proposti sono: La presenza divina nell'anima; Lo Spirito Santo e la pace; Con il fuoco dello Spirito Santo.

- La presenza divina nell'anima

- Lo Spirito Santo e la pace

- Con il fuoco dello Spirito Santo


Il Tempo di Pasqua sta lentamente volgendo al termine. In queste settimane abbiamo ricordato alcuni degli incontri di Cristo risorto con gli apostoli e le sante donne. L'Ascensione e la Pentecoste si avvicinano e la Chiesa ci invita a prepararci interiormente per queste due solennità. Nel Vangelo leggiamo le parole di addio di Gesù nell'ultima cena: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14, 23).

Gesù manifesta l'immensità dell'amore di Dio per noi, rivelando il mistero della presenza divina nell'anima: siamo chiamati a essere il tempio e la dimora della Santissima Trinità. "A quale maggior grado di comunione con Dio potrebbe mai l’uomo aspirare? Qual maggior prova di questa potrebbe mai dare Dio di voler entrare in comunione con l’uomo? Tutta la storia millenaria della mistica cristiana - pur con certe sue sublimi espressioni - non può che parlarci assai imperfettamente di questa ineffabile presenza di Dio nell’intimo dell’uomo”[1].

Dio ci manifesta la sua vicinanza. Non si accontenta di essere vicino a noi: vuole essere dentro di noi, riempiendo i nostri cuori con la sua presenza. Scriveva San Josemaría: "Dio è qui, con noi, presente, vivo: ci vede, ci ascolta, ci guida, e contempla le nostre più minute azioni, le nostre più riposte intenzioni"[2]. Ricordarlo spesso ci aiuterà a sperimentare la sua presenza, a essere fedeli nelle piccole e grandi cose che compongono la nostra esistenza: "Frequentandolo così, con questa intimità, diventerai un buon figlio di Dio e un suo grande amico: nella strada, nelle piazze, nei tuoi affari, nella tua professione, nella tua vita ordinaria"[3].


"Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" (Gv 14, 25-26). La Chiesa nasce dal mistero pasquale di Cristo ed è continuamente guidata e vivificata dallo Spirito Santo. Nel suo percorso storico, nonostante le fragilità dell'uomo, l'assistenza della terza persona della Trinità non viene mai meno.

Forse, di fronte all'imminente partenza di Gesù, gli apostoli erano preoccupati. Il contrasto tra la grandezza dell'impresa affidata loro e le loro capacità era grande. Come avrebbero potuto compiere la missione di portare la sua parola in tutto il mondo? Ecco perché Gesù, dopo aver annunciato l'invio dello Spirito Santo, ha cercato di infondere serenità ai suoi discepoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Gv 14, 27).

Con lo Spirito Santo, Gesù dà loro la pace. Una pace che è dono di Dio e che quindi va al di là di ciò che possiamo ottenere con le sole forze umane. Spesso sulla terra "vi è una pace apparente, l'equilibrio della paura, dei compromessi precari".[4] D'altra parte, la pace che il Signore ci dona è soprattutto una conseguenza dell'amore che il Paraclito riversa nei nostri cuori (cfr. Rm 5, 5). “La pace del Signore segue la via della mitezza e della croce: è farsi carico degli altri. Cristo, infatti, ha preso su di sé il nostro male, il nostro peccato e la nostra morte. Ha preso su di sé tutto questo. Così ci ha liberati. Lui ha pagato per noi. La sua pace non è frutto di qualche compromesso, ma nasce dal dono di sé”[5].


L'azione del Paraclito nei primi tempi della Chiesa è evidente nel Concilio di Gerusalemme. "Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi..." (At 15, 28). Gli apostoli e i sacerdoti si erano riuniti per risolvere una controversia su come evangelizzare tutti i popoli, compresi i cristiani non ebrei. Al di là del problema specifico, il testo sacro mostra l'entusiasmo con cui la Chiesa degli inizi diffondeva la fede, seguendo l'ispirazione del Paraclito.

Questo impulso missionario, continuamente rinnovato, appare in tutta la storia della Chiesa. Ed è un motivo di speranza nel cammino di evangelizzazione in cui anche noi siamo immersi. ”Lo Spirito accompagna la Chiesa nel lungo cammino che si distende tra la prima e la seconda venuta di Cristo: “Vado e tornerò a voi” (Gv 14, 28), disse Gesù agli Apostoli. Tra l’“andata” e il “ritorno” di Cristo c’è il tempo della Chiesa, che è il suo Corpo; ci sono i duemila anni finora trascorsi; ci sono anche questi cinque secoli e più in cui la Chiesa si è fatta pellegrina nelle Americhe, diffondendo nei credenti la vita di Cristo attraverso i Sacramenti e spargendo in queste terre il buon seme del Vangelo, che ha reso dove il trenta, dove il sessanta e dove il cento per uno. Tempo della Chiesa, tempo dello Spirito: è Lui il Maestro che forma i discepoli: li fa innamorare di Gesù, li educa all’ascolto della sua Parola, alla contemplazione del suo Volto”[6].

Durante i primi anni di sacerdozio, san Josemaría aveva nel breviario alcune immaginette che usava per segnare le pagine. Un giorno gli sembrò di affezionarsi a esse e le sostituì con dei foglietti di carta, sui quali poi scrisse: Ure igne Sancti Spiritus, brucia con il fuoco dello Spirito Santo! "Le usai per molti anni - ricordava - e ogni volta che le leggevo era come se dicessi allo Spirito Santo: «Accendimi, fammi diventare una brace!»"[7]. Con questi stessi desideri possiamo prepararci, perseverando nella preghiera con Maria (cfr. At 1,14), a ricevere lo Spirito Santo nei nostri cuori. Così, accesi nel nostro amore per Dio e per gli altri, conosceremo il calore divino verso tutti gli uomini, come fecero gli apostoli.


[1] San Giovanni Paolo II, Omelia, 4-V-1986.

[2] San Josemaría, Solco, n. 658.

[3] San Josemaría, Appunti presi da una riunione familiare, 17-XI-1972.

[4] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 73.

[5] Papa Francesco, Udienza, 13-IV-2022.

[6] Benedetto XVI, Omelia, 13-V-2007.

[7] Salvador Bernal, Josemaría Escrivá de Balaguer, 1980, p. 337.