Meditazioni: 4 ottobre, San Francesco d’Assisi

Riflessioni per meditare il 4 ottobre (San Francesco d'Assisi). I temi proposti sono: La povertà, via verso Gesù; Il tesoro del povero di spirito; Al servizio degli altri.

-La povertà, via verso Gesù

-Il tesoro del povero di spirito

-Al servizio degli altri


Un giorno, mentre pregava nella chiesa di san Damiano, san Francesco d’Assisi udì queste parole: «Va’ e ripara la mia casa in rovina». Prese alla lettera quell’ ispirazione e si dedicò alla ricostruzione della piccola cappella in rovina che si trovava nelle vicinanze di Assisi. Più tardi capì che per «casa» Dio non faceva riferimento soltanto ai templi materiali, ma alle persone, cioè ai cristiani della sua epoca. E quel restauro doveva realizzarsi con il distacco dai beni materiali. Un altro giorno, dopo aver ascoltato le parole di Gesù: «non portate né oro, né argento, né sacca da viaggio» (Mt 10, 9), si spogliò di tutto ciò che possedeva e inizio una vita dedicata unicamente all’annuncio del Vangelo[1].

Francesco d’Assisi è stato un santo che, tra l’altro, ha scoperto il profondo legame tra la povertà e il cammino che porta a Dio. Tutti siamo chiamati a percorrere questa strada, con le particolarità proprie della vocazione che ognuno ha ricevuto. « n0n ha lo spirito di Cristo chi non ama e non vive la virtù della povertà; e ciò vale per tutti, tanto per l'anacoreta che si ritira nel deserto, quanto per il comune cristiano che vive nel mezzo della società umana»[2]. Come dire che, per quanto le circostanze esterne delle persone siano molto diverse, tutte possono vivere la povertà con un autentico spirito cristiano.

San Josemaría suggeriva ai cristiani che vivono in mezzo al mondo, alcuni modi di realizzarlo: non crearsi necessità, usare bene quello che si ha, prescindere da altro, dare agli altri il meglio, accettare con gioia le scomodità, non turbarsi se viene a mancare qualcosa... Allo stesso tempo, sottolineava che non si tratta tanto di vivere secondo una serie di criteri, ma di ascoltare «la voce interiore che ci avverte che l'egoismo o la comodità ingiusta si stanno inoltrando nella nostra vita»[3]. Oggi possiamo chiedere a san Francesco d’Assisi che ci aiuti a vedere come possiamo percorrere questo cammino di povertà che porta alla felicità accanto a Cristo.


«Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5, 3): così Gesù inizia il Discorso della montagna. Il Maestro offre la felicità, in terra e nel cielo, a chi mette la sua sicurezza e la sua ricchezza in Dio. «È saggezza e virtù non attaccare il cuore ai beni di questo mondo, perché tutto passa, tutto può finire bruscamente. Il tesoro vero che dobbiamo ricercare senza sosta per noi cristiani sta nelle "cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra del Padre"»[4].

La virtù della povertà ci porta a riempire di saggezza la nostra relazione con i beni che Dio ha creato. Il povero di cuore usa le cose, senza essere posseduto da esse: sa riconoscere nel proprio intimo questa tendenza che abbiamo, anche in modo non tanto cosciente, di costruire la nostra vita come se la felicità dipendesse fondamentalmente da ciò che possediamo. La povertà ci permette di renderci conto degli inganni costituiti dalle molte «sicurezze» materiali, oppure di quanto effimere sono certe comodità che non toccano il fondo dell’anima. La povertà di spirito ci permette, infine, di godere veramente della realtà, perché ci connette con le cose semplici, con le persone, con Dio, indipendentemente dalle circostanze esterne.

San Francesco d’Assisi considerava la povertà come la donna del suo cuore: «le anime che si innamorano di lei – scrisse il santo – ricevono, anche in questa vita, le leggerezza per volare nel cielo, perché ella tempra le armi dell’amicizia, dell’umiltà e della carità»[5]. In effetti, per quanto a volte ci viene da pensare che la prosperità e il confort siano la chiave della felicità, l’esperienza umana e cristiana è diversa; ci dice che la vera gioia di una persona si misura meglio dalla profondità e dall’autenticità delle relazioni. È questa la ricchezza del povero di cuore.


San Paolo scrive ai Galati: «Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri» (Gal 5, 13). E, subito dopo, ricorda due precetti: «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Gal 5, 14), «Portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 6, 2). La virtù della povertà ci porta anche a sentire la responsabilità di metterci al servizio degli altri, soprattutto dei più deboli. «Non possiamo sentirci “a posto” quando un membro della famiglia umana è relegato nelle retrovie e diventa un’ombra. Il grido silenzioso dei tanti poveri deve trovare il popolo di Dio in prima linea, sempre e dovunque, per dare loro voce, per difenderli e solidarizzare con essi»[6].

Quando Gesù invita i suoi discepoli a farsi degli amici con la ricchezza (cfr. Lc 16, 9), lo fa perché subito dopo li incoraggia a trasformare quei beni in relazioni; cioè, ad usare i doni ricevuti da Dio per la crescita degli altri. «Se saremo capaci di trasformare le ricchezze in strumenti di fraternità e di solidarietà, non ci sarà soltanto Dio, ma anche coloro con i quali abbiamo condiviso, amministrandolo bene, quanto il Signore ha messo nelle nostre mani»[7].

È quanto san Josemaría ha visto in tante persone. Concretamente, impiegava come esempio una donna anziana, che si trovava in una situazione priva di preoccupazioni economiche, «per sé non spendeva neppure due pesetas al giorno. Invece, retribuiva molto bene la servitù, e il resto lo destinava all'aiuto dei bisognosi, assegnando a se stessa privazioni di ogni genere. A questa donna non mancavano i beni che molti ambiscono, ma personalmente era povera, molto mortificata, completamente distaccata da tutto»[8]. Chiediamo a Maria che ci aiuti a vivere con questa povertà di spirito, via sicura che ci porta a Dio: cioè, alla nostra felicità e a quella degli altri.


[1] Cfr. San Francesco d’Assisi, Testamento di Siena, 4.

[2] San Josemaría, Colloqui, n. 110.

[3] Ibidem, n. 111.

[4] Benedetto XVI, Angelus, 5-VIII-2007.

[5] San Francesco d’Assisi, I fioretti, 13.

[6] Francesco, Messaggio, 13-VI-2020.

[7] Francesco, Angelus, 22-IX-2019.

[8] San Josemaría,Amici di Dio, n. 123