Meditazioni: 22 febbraio. Festa della Cattedra di san Pietro

Riflessioni per meditare nel martedì della settima settimana del Tempo Ordinario, festa della Cattedra di san Pietro. I temi proposti sono: Dio che cosa pensa di noi?; Il fondamento visibile di unità nella Chiesa; Aiutare il Romano Pontefice con la preghiera.

- Dio che cosa pensa di noi?

- Il fondamento visibile di unità nella Chiesa

- Aiutare il Romano Pontefice con la preghiera


«Ma voi, chi dite che io sia?» (Mt 16, 15). Gesù rivolge queste parole ai suoi discepoli e, dunque, a ciascuno di noi. Vuol conoscere l’immagine che ci siamo fatti della sua persona, i nostri pensieri e i nostri sentimenti su di lui, perché saranno importanti per la nostra vita. «La vita cristiana non ci fa identificare con una idea, ma con una persona: Cristo. Perché la fede illumini i nostri passi, oltre a domandarci “Chi è Gesù per me?”, pensiamo: “Chi sono io per Gesù?”. Scopriremo così i doni che il Signore ci ha dato, che sono direttamente collegati con la missione personale»[1].

Questa stessa domanda san Pietro la sentì pronunciare dalle labbra di Cristo. Gli apostoli, condividendo la missione del Maestro, compresero fino a che punto contava su di loro. «Da questo – dice san Bernardo – gli uomini deducano quanto Dio si preoccupa di loro; si rendano conto di quel che Dio pensa e sente di loro. Non ti domandi, tu che sei un uomo, per chi hai sofferto tu, ma per chi ha sofferto Lui. Pensa in base a tutto ciò che ha sofferto per te, avendoti valutato, e così la sua bontà ti apparirà evidente»[2]. Se immaginiamo quello che Dio sente e pensa di noi, non correremo mai il pericolo di esagerare. In realtà resteremo sempre al di sotto della realtà. Probabilmente ci torneranno in mente le parole di san Paolo: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo» (1 Cor 2, 9).


Come sempre Pietro viene in aiuto dei discepoli. Questa volta proclama la divinità di Gesù con una chiarezza che, dopo averlo ascoltato, il Signore loda: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (Mt 16, 17). Oggi celebriamo la festa della Cattedra di san Pietro; può essere un buon momento per ringraziare Dio per l’attenzione con la quale si occupa della sua Chiesa e per aver stabilito un fondamento visibile della sua unità, una roccia sulla quale appoggiarci: «Io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa» (Mt 16, 18).

«Il Romano Pontefice, quale successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli»[3]. Gesù comunica a Pietro chi è lui per Dio. Nel momento in cui fa questa dichiarazione il Signore conosce perfettamente questo suo apostolo: sa come è, come reagisce, come pensa, quanto lo ama. Lo ha scelto da prima della fondazione del mondo. «Come poteva venire in mente a dodici poveri uomini, e per di più ignoranti, che avevano passato la loro vita sui laghi e sui fiumi, di intraprendere una simile opera? Essi forse mai erano entrati in una città o in una piazza. E allora come potevano pensare di affrontare tutta la terra? – si domanda san Giovanni Crisostomo –. Che fossero paurosi e pusillanimi l’afferma chiaramente l’evangelista che scrisse la loro vita senza dissimulare nulla e senza nascondere i loro difetti»[4]. Il medesimo aiuto di Dio che trasformò Pietro in una roccia, continua ad essere valido ancora oggi sui suoi successori e sulla Chiesa intera.


Il Romano Pontefice fa assegnamento sulle nostre preghiere per la sua persona e le sue intenzioni. «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 6), furono quel giorno le parole di san Pietro. La nostra fede poggia su Gesù, che ci guida al Padre. È stupefacente che Dio ci abbia invitato a condividere con lui la missione della Chiesa. Fa assegnamento su di noi, nessuno è di troppo.

Scrivendo a un cardinale, san Josemaría confessava il convincimento che le sue preghiere potevano aiutare il Papa e la Chiesa: «Pregare è l’unica cosa che posso fare. Il mio povero servizio alla Chiesa si riduce a questo. Eppure ogni volta che rifletto sui miei limiti mi sento pieno di forza, perché so e sento che è Dio che fa tutto»[5]. “Un’arma potente” che il fondatore dell’Opus Dei inoltre utilizzava abitualmente per aiutare la Chiesa è il santo rosario. «Da anni – diceva – ho recitato e recito ogni giorno, per strada, una parte del Rosario per l’Augusta Persona e per le intenzioni del Romano Pontefice»[6].

Oltre a pregare per la sua persona e per le sue intenzioni, san Josemaría assecondava gli insegnamenti del Romano Pontefice nel corso dell’intera sua vita, e cercava sempre il modo di dimostrargli il suo affetto. Allo stesso modo, tutti noi cristiani cerchiamo di stare molto uniti a Pietro, anche se qualche volta non comprendiamo qualche aspetto o delle sue parole o delle sue opere. Se quest’ultimo dovesse succedere, noi figli della Chiesa dovremo dimostrare un «religioso assenso dell’intelletto e della volontà»[7] ai suoi insegnamenti e, di conseguenza, non parleremo negativamente di lui nel caso che questo potesse ferire l’unità del Corpo di Cristo.

Possiamo ricorrere a Maria, madre della Chiesa, affinché protegga, guidi e faccia molto felice il Papa: «Maria edifica continuamente la Chiesa, la aduna, la mantiene unita. È difficile avere un’autentica devozione alla Madonna e non sentirsi più che mai legati alle altre membra del Corpo Mistico, più che mai uniti al suo Corpo visibile, il Papa. Perciò mi piace ripetere: Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam, tutti con Pietro a Gesù per Maria».[8]


[1] Mons. Fernando Ocáriz, Alla luce del Vangelo, “Gioventù e vocazione”, San Paolo, Milano 2021, p. 36.

[2] San Bernardo, Sermone I nell’Epifania del Signore, 1-2.

[3] Concilio Vaticano II, Lumen gentium, n. 23.

[4] San Giovanni Crisostomo, Omelia sulla Prima lettera ai Corinzi, n. 4, 3.4.

[5] San Josemaría, Lettera da Roma, 15-VII-1967.

[6] San Josemaría, Lettera 3, n. 20c.

[7] Codice di Diritto Canonico, n. 752; Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 892.

[8] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 139.