Meditazioni: 17ª domenica del Tempo Ordinario (ciclo B)

Riflessioni per meditare nella diciassettesima domenica del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Gesù prende l’iniziativa, La storia dell’impossibile, Conservare la foto del miracolo.

- Gesù prende l’iniziativa

- La storia dell’impossibile

- Conservare la foto del miracolo


Il vangelo di oggi mostra l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci come lo racconta san Giovanni (cfr. Gv 6, 1-15). Diversamenti dagli altri, questo evangelista fa notare che è il Signore ad accorgersi della mancanza dei cibo. «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare? (Gv 6, 5), chiede a Filippo dopo aver guardato la grande folla che gli sta intorno. E, subito, Giovanni aggiunge che «diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere» (Gv 6, 6).

Gesù vede i bisogni spirituali e materiali di chi si avvicina a lui. Di certo li vede «con una sapienza divina, e con la sua onnipotenza può giungere, e giunge, più lontano dei nostri desideri. Il Signore vede ben oltre la nostra povera logica ed è infinitamente generoso!»[1]. Questo può, in parte, spiegare perchè a volte, se ricorriamo a lui con una richiesta, non ce la concede. Dio sa meglio di chiunque altro di cosa abbiamo realmente bisogno. Se gli chiediamo qualcosa e, apparentemente, non c’è alcun risultato, può essere per vari motivi. Forse vuole che insistiamo ancora per rafforzare in noi il desiderio di ciò che stiamo chiedendo; oppure si deve al fatto che, in realtà, il Signore ha riservato per noi un bene molto più grande di quanto noi possiamo intuire in un primo momento.

Allo stesso tempo Gesù invita noi, come Filippo, a guardare con attenzione i bisogni degli altri. Cioè a caricarci dei problemi delle persone che ci stanno intorno come se fossero nostri. Per quanto sapesse quello che stava per fare, «vuole rendere ognuno di noi concretamente partecipe della sua compassione»[2]; una compassione che non è mero sentimento, ma che si manifesta con opere, con la moltiplicazione dei pani e dei pesci in modo che i presenti possano saziarsi. E il suo agire non si ferma lì. Gesù sa che il cibo che quella folla cerca è ben altro che il pane fisico; sono affamati della parola di Dio, di amore e di speranza, qualcosa che solo lui può dare. Per questo, dopo questo episodio, parlerà di un pane che apre le porte della vita eterna. Chiediamo «al Signore di farci riscoprire l’importanza di nutrirci non solo di pane, ma di verità, di amore, di Cristo, del corpo di Cristo, partecipando fedelmente e con grande consapevolezza all’Eucaristia, per essere sempre più intimamente uniti a Lui»[3].


Alla domanda del Signore Filippo risponde realisticamente: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo» (Gv 6, 7). Andrea interviene per riferire quanto hanno raccolto: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?» (Gv 6, 9). È una frase molto simile a quella del servo del profeta Eliseo della prima lettura della Messa odierna, quando si trovarono in una situazione simile, con soltanto venti pani: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?» (2Re 4, 43). Tutti e due gli episodi si concludono alla stessa maniera. San Giovanni sottolinea che tutti «si saziarono» e che i discepoli «riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati» (Gv 6,13). E il servo di Eliseo vide come tutti ne mangiarono e «ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore» (2Re 4,44).

A volte la realtà ci si presenta come un muro invalicabile. Sentiamo che le nostre forze non sono sufficienti per risolvere un problema che vediamo tanto complesso, come sfamere una folla con soltanto cinque pani e due pesci. Una prima reazione può essere quella di disinteressarsene, come Filippo, o di essere sfiduciati per il poco che abbiamo, come Andrea. In momenti così può aiutarci osservare la storia del Cristianesimo, che è la storia dell’impossibile. Umanamente non ha alcun senso che dodici uomini senza speciali capacità siano ruiusciti a portare il Vangelo sino alle estremità del mondo allora conosciuto. Ancora più impossibile è ciò che succede tutti i giorni nella santa Messa: un pezzo di pane e un poco di vino che si trasformano in Dio.

«Il miracolo non si produce dal niente, ma da una prima modesta condivisione di ciò che un semplice ragazzo aveva con sé. Gesù non ci chiede quello che non abbiamo, ma ci fa vedere che, se ciascuno offre quel poco che ha, può compiersi sempre di nuovo il miracolo: Dio è capace di moltiplicare il nostro piccolo gesto di amore e renderci partecipi del suo dono»[4]. Con la moltiplicazione dei pani e dei pesci, Gesù vuole insegnare ai suoi discepoli che l’efficacia della loro opera non dipenderà tanto dalla buona volontà o dall’impegno che vi metteranno, quanto dal lasciare fare alla grazia di Dio. Egli vuole che gli diamo, come quel ragazzo, i cinque pani e i due pesci che abbiamo. Lui farà il resto.


Certamente gli apostoli non dimenticarono più il miracolo della moltiplicazione. Quando, anni dopo, si scontreranno con problemi più gravi – persecuzioni, pericoli di morte, diserzioni... – avranno forse ricordato quel momento con Gesù: l’imbarazzo di non sapere come prendersi cura della folla, la frustrazione per aver procurato così poco cibo, il timore che la gente restasse delusa... Ma, soprattutto, la gioia nel constatare che, alla fine, tutti furono saziati e che, per di più, avanzarono dodici ceste piene. Mai avrebbero immaginato che cinque pani e due pesci sarebbero bastati per tanta gente.

«La nostra vita, se ci pensiamo, è piena di miracoli: è piena di gesti d’amore, segni della bontà di Dio. Di fronte ad essi, però, anche il nostro cuore può restare indifferente e farci l’abitudine, curioso incapace di stupirsi, di lasciarsi “impressionare”. Un cuore chiuso, un cuore blindato, e questo non ha la capacità di stupirsi. Impressionare è un bel verbo che fa venire in mente la pellicola di un fotografo. Ecco l’atteggiamento giusto davanti alle opere di Dio: fotografare nella mente le sue opere, perché si imprimano nel cuore, per poi svilupparle nella vita, attraverso tanti gesti di bene»[5]. Seppero ricordare la foto di quel miracolo quando più tardi si presentarono altre sfide: hanno imparato a lasciare tutto ai piedi di Gesù, senza lasciarsi sopraffare dalla mancanza di mezzi o di circostanze favorevoli. Ed era proprio questo che li colmava di sicurezza. Non tanto per il fatto che le cose andassero bene o male, ma per il fatto di sapere che Dio era loro vicino e che loro stavano facendo quanto umanamente possibile.

In questo momento di preghiera ricordiamo alla presenza del Signore i miracoli che ha operato nella nostra vita. Situazioni nelle quali, come gli apostoli, abbiamo sentito la sproporzione tra le sfide e le nostre capacità, ma nelle quali abbiamo anche notato come Dio ci ha aiutato. Persone alle quali il Signore ha fatto giungere la sua grazia tramite la nostra amicizia. Sofferenze che abbiamo saputo sopportare con pace e serenità perche sapevamo che Gesù ci accompagnava. La Vergine Maria ci aiuti a non perdere la gioia quando ci sentiamo oppressi e ci faccia sbalordire di fronte alle meraviglie che suo Figlio realizza in noi.


[1] San Josemaría, Forgia, n. 341.

[2] Papa Francesco, Udienza, 17 agosto 2016.

[3] Benedetto XVI, Angelus, 29 luglio 2012.

[4] Benedetto XVI, Angelus, 29 luglio 2012.

[5] Papa Francesco, Angelus, 9 luglio 2023.