Meditazioni: 14 febbraio. Fondazione della sezione femminile e della Società Sacerdotale della Santa Croce

Riflessioni per meditare il 14 febbraio, anniversario della fondazione della sezione femminile e della Società Sacerdotale della Santa Croce. I temi proposti sono: Si sono aperti i cammini divini della terra; L’Opera è una famiglia; Donne e sacerdoti per illuminare il mondo.

- Si sono aperti i cammini divini della terra

- L’Opera è una famiglia

- Donne e sacerdoti per illuminare il mondo


Venerdì 14 febbraio 1930; a Madrid, nelle prime ore del mattino, san Josemaría si dirige verso un piccolo oratorio per celebrare la Santa Messa. Poco dopo aver ricevuto il Signore, nasce nel suo intimo qualcosa di nuovo. A volte succede che durante la Messa germogli in noi il desiderio di identificarci di più con Gesù, aspirazioni di santità, luci sul mistero di Dio... Però questa volta si trattava di una cosa molto più grande del solito: comprese che, da quel momento in poi, molte donne sarebbero state chiamate da Dio a unirsi alla missione dell’Opus Dei, che era nato poco più di un anno prima. Quando si celebrò il cinquantesimo anniversario di quel giorno, don Álvaro del Portillo, primo successore di san Josemaría alla testa dell’Opera, ricordava proprio che «dalla santa Messa, presenza sempre attuale del sacrificio di Cristo, entra nel mondo quella favilla di amore divino che provocherà incendi di Amore in tanti cuori»[1].

Per volontà divina, qualcosa di molto simile avverrà nel 1943. San Josemaría si era recato a celebrare la santa Messa proprio in una casa delle sue figlie, sempre a Madrid. «Alla fine della celebrazione – racconta il fondatore –, ho disegnato il sigillo, la Croce di Cristo che abbraccia il mondo, messa nelle sue viscere, e ho potuto parlare della Società Sacerdotale della Santa Croce. Ringraziate Dio per tanta sua bontà»[2].

Lo spirito dell’Opera è, anzitutto, un dono di Dio, sempre nuovo. Come ricordava san Josemaría, non si tratta di un progetto elaborato da menti umane per risolvere problemi del passato o di un luogo preciso[3]. L’Opera nasce, continuamente, con ogni persona chiamata a renderla vita: abita nel «perenne oggi del Risuscitato»[4]. Per questo, per camminare verso il futuro con la stessa audacia di Dio, possiamo fare memoria del 2 ottobre 1928 e delle altre date fondative. Così potremo riscoprire, a qualunque età, quella «valanga travolgente»[5] che lo Spirito Santo ha preparato per noi e per le persone che frequentiamo.


Parte essenziale dell’incarico che Dio affidò a san Josemaría in quelle date fondative – e che poi ha coinvolto tante persone per suo tramite – consiste nel dar vita a una famiglia. All’interno di questo disegno di Dio, la presenza della donna nell’Opera riveste una rilevanza particolare. Questa presenza è «un presupposto indispensabile perché nell’Opus Dei esista di fatto uno spirito di famiglia»[6]. In effetti, l’Opera è, soprattutto, una grande famiglia con uomini e donne di tutte le età, nella quale ciascuno e ciascuna apportano il loro modo di essere, i propri talenti, e i propri interessi. Questa caratteristica fa sì che ogni persona, individualmente, sia il centro dell’attenzione e delle preghiere di tutti, soprattutto quando, per qualche motivo, ne ha bisogno in modo speciale. Dice il salmista: «Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme. [...] Perché là il Signore manda la benedizione, la vita per sempre» (Sal 133, 1-3). È normale che in una famiglia si generi lo spazio idoneo, fertile, nel quale ogni membro possa trovare il luogo dove gettare le radici, essendo pienamente accolto, e sia felice. Allo stesso tempo san Josemaría ritenne che le attività apostoliche dell’Opus Dei – vale a dire, gli ambiti di formazione e di governo – si dovessero portare avanti separatamente, per uomini e donne. Questo, naturalmente, non deve nuocere alla profonda unità che anima il cuore di tutti.

Una famiglia che si propaga in ogni angolo della terra può rimanere effettivamente unita grazie alla Comunione dei santi, che il fondatore dell’Opus Dei era solito immaginare eloquentemente come la capacità di condividere lo stesso sangue arterioso. La beata Guadalupe Ortiz de Landázuri visse in molti modi questo tipo di unione. Mercoledì 4 giugno 1958 don Álvaro aveva lasciato Gesù riservato per la prima volta nel tabernacolo del centro dell’Opera di Madrid nel quale viveva. Raccontando alcuni particolari di questo avvenimento, Guadalupe scriveva, in una lettera a san Josemaría che si trovava in Italia, a molti chilometri di distanza: «[Don Álvaro] Ci ha parlato di Roma e a noi sembrava di stare là accanto al Padre, come in realtà stiamo sempre e vogliamo stare sempre più, anche se come ora siamo lontane»[7]. Tutti quelli che hanno vissuto un amore autentico, riflesso dell’amore divino, sanno che i limiti dello spazio fisico sono molto relativi quando ci si sa vicini ad altre persone, in modo particolare nei giorni di un importante anniversario.


Alla fine del Concilio Vaticano II la Chiesa ha diretto a tutte le donne questo messaggio: «L’ora è venuta in cui la vocazione della donna si completa in pienezza [...]. È per questo, in questo momento nel quale l’umanità sperimenta una così profonda trasformazione, che le donne imbevute dello spirito del Vangelo possono fare tanto per aiutare l’umanità a non decadere»[8]. Si tratta di un processo sempre in corso, nel quale le donne dell’Opus Dei sono chiamate a mettere «in gioco tutta la loro ricchezza spirituale e umana con le persone del nostro tempo»[9]. È proprio questa la missione divina trasmessa a san Josemaría nel 1928: dare ai cambiamenti che avvengono nella società, da dentro, il volto di Cristo, divenendo le protagoniste della storia.

«Figlie mie – diceva il fondatore dell’Opus Dei in un 14 febbraio –, io vorrei che oggi voi vi rendeste conto delle tante cose che il Signore, la Chiesa, l’umanità intera aspettano dalla sezione femminile dell’Opus Dei; e che, conoscendo tutta la grandezza della vostra vocazione, la amiate sempre più»[10]. La vocazione delle donne nell’Opus Dei è una vocazione apostolica, una luce che il Signore ha suscitato perché possa essere messa «sul candelabro» (Lc 11, 33), in modo che a tutti arrivi la sua luminosità e il suo calore. «Dalla santità della donna dipende in gran parte la santità delle persone che le stanno accanto»[11].

Ogni 14 febbraio è una giornata di orazione di ringraziamento e di festa. Da un lato, perché, in continuità con il 2 ottobre, quel giorno si è aperto un cammino di vera gioia cristiana per molte donne e, di conseguenza, per tutti; e, dall’altro lato, perché Dio continua a benedire la sua Chiesa attraverso i sacerdoti dell’Opera che, prestando a Cristo la loro voce e le loro mani, riempiono di santità tutti i cammini della terra. Nel diario del centro di Roma nel quale molte donne dell’Opus Dei vivevano vicino a san Josemaría, in un anniversario di quella data, si legge questa nota: «Oggi è per noi un grande giorno, felice, pieno di gioia. È un giorno nel quale si dovrebbero sciogliere tutte le campane di Roma, un giorno da passare interamente a rendere grazie a Dio. Ed è anche un giorno da celebrare, perché è come se fosse l’onomastico o il compleanno di tutte»[12]. Questa gioia si estende a tutte le persone che si avvicinano al calore dell’Opera, con le quali possiamo rendere grazie, insieme a santa Maria, per tutti i doni che Dio ha regalato alla Chiesa.


[1] Beato Álvaro del Portillo, Lettera pastorale, 9-I-1980.

[2] San Josemaría, Appunti di una riunione familiare, 14-II-1958.

[3] Cfr. San Josemaría, Instrucción acerca del espíritu sobrenatural de la Obra de Dios, n. 15.

[4] Papa Francesco, Gaudete et exsultate, n. 173

[5] San Josemaría, Carta 32, n. 41.

[6] Mons. Fernando Ocáriz, “La vocazione all’Opus Dei come vocazione nella Chiesa”, in L’Opus Dei nella Chiesa, Piemme, Casale Monferrato, 1993.

[7] Lettera a san Josemaría, 4-VI-1958, in Lettere a un santo.

[8] San Paolo VI, Messaggio alle donne alla chiusura del Concilio Vaticano II, 8-XII-1965.

[9] Mons. Fernando Ocáriz, Messaggio, 5-II-2020.

[10] San Josemaría, Omelia, 14-II-1956.

[11] Mons. Fernando Ocáriz, Messaggio, 5-II-2020.

[12] Diario di Villa Sacchetti, 14-II-1950.