Meditazioni: Lunedì della terza settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel lunedì della terza settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Il peccato contro lo Spirito Santo; La lotta è una risposta all’amore; La santità è sempre un ricominciare.

- Il peccato contro lo Spirito Santo.

- La lotta è una risposta all’amore.

- La santità è sempre un ricominciare.


«In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non avrà perdono in eterno: è reo di colpa eterna» (Mc 3, 28-29). Sono parole forti di Gesù che impressionano sempre. Alcuni scribi lo avevano accusato di operare attraverso il potere di Satana. E il Signore, dopo aver fatto notare l’assurdità di questa calunnia, pronuncia quelle parole: delle parole «impressionanti e sconcertanti» sul «non perdono»[1] che meriterà chi pecchi contro lo Spirito Santo.

Secondo san Tommaso d’Aquino, il peccato contro lo Spirito Santo non si può perdonare perché «esclude quegli elementi grazie ai quali avviene la remissione dei peccati»[2]; non è Dio che si rifiuta di perdonare, ma è l’uomo che volta le spalle al suo potere misericordioso. Questo peccato consiste nel «rifiuto di accettare la salvezza che Dio offre all’uomo mediante lo Spirito Santo, che attua in virtù del sacrificio della Croce»[3]. Dio, come buon Padre, non si stanca di offrire la sua salvezza. E lo Spirito Santo cerca di rendere sempre più limpido lo sguardo sulle nostre mancanze, per portarci alla penitenza e distribuire i frutti della Redenzione. Però l’uomo può chiudersi a questa offerta, può rifiutare di convertirsi, può rendere la propria coscienza impermeabile e rivendicare un preteso diritto a perseverare nel male. È ciò che la Sacra Scrittura suole chiamare “durezza di cuore” (cfr. Sal 81, 13; Ger 7, 24; Mc 3, 5).

Possiamo chiedere al Signore un cuore sensibile al bene e al male, con il convincimento che il peccato è presente nella nostra vita. Lo Spirito Santo, se siamo docili al tocco della sua grazia, ci aiuterà a riconoscerci sempre bisognosi del perdono di Dio, a meravigliarci del suo potere, suscitando in noi una continua conversione.


«Contrasteranno i tuoi aneliti di santità, figlio mio, anzitutto la pigrizia, che è il primo fronte sul quale combattere; poi lo spirito di ribellione, non voler prendersi sulle spalle il dolce giogo di Cristo, una folle smania non di libertà santa, ma di libertinaggio; la sensibilità e, sempre, più dissimulatamente col passare degli anni, la superbia; infine tutta un’infilata di cattive inclinazioni, perché le nostre miserie non si presentano mai sole. Non inganniamoci: di miserie ne avremo. Anche da vecchi: le stesse cattive disposizioni di quando eravamo ventenni. Avremo ancora bisogno di lotta ascetica e dovremo chiedere al Signore che ci conceda l’umiltà. È un combattimento continuo»[4].

Avremo sempre una certa inclinazione al male, frutto del peccato. Il suo aspetto e il suo rilievo probabilmente andrà cambiando con il tempo, ma sarà sempre lì, mettendo alla prova la nostra salute spirituale. Proprio per questo dobbiamo essere vigilanti, stimolando lo spirito di esame, e disposti a lottare coraggiosamente per essere buoni figli di Dio nostro Padre. «Questo è il nostro destino sulla terra: lottare per amore fino all’ultimo istante»[5]. Così parlava san Josemaría il primo giorno del 1972, come a indicare le coordinate tra le quali si sarebbe svolta la sua vita interiore durante quell’anno: lottare, perché è quello che ci tocca fare sulla terra sino alla fine, sino al nostro premio e al nostro riposo in cielo. Però lottare sempre per amore: «La lotta è sinonimo di Amore»[6]. La lotta è un’affermazione gioiosa che si svolge in un clima di ottimismo, fiducioso e sereno, senza l’ombra di irritazione o di tristezza. La lotta, affrontata da figli di Dio, porta sempre la pace, poiché non è altro che la risposta libera dell’uomo a un Dio che lo ama alla follia.


Se il peccato contro lo Spirito Santo consiste in una chiusura radicale dell’anima all’azione salvifica di Dio, la santità, al contrario, è una «apertura permanente a Dio e una lotta per far crescere il dono che ci offre per il bene nostro e altrui»[7]. Quando avremo capito che la santità è una «relazione di amore con Dio che si fa vita, sempre in crescita, sempre minacciata, sempre chiamata a ricominciare»[8], allora potremo cercarla realmente nella nostra vita quotidiana: nel lavoro, nella famiglia, nelle relazioni di amicizia, ecc.

Il livello della nostra santità è quello della misericordia di Dio. Vogliamo essere buoni figli e comportarci come tali. La perfezione che ci interessa non è quella di chi è convinto di riuscire a fare tutto bene e di non avere difetti, ma quella di chi vuol vivere messo ancor più nella logica dell’amore di Dio. «La misericordia è la veste di luce che il Signore ci ha donato nel Battesimo. Non dobbiamo lasciare che questa luce si spenga; al contrario essa deve crescere in noi ogni giorno e così portare al mondo il lieto annuncio di Dio»[9].

Nostra Madre ci guida in questo cammino. Ella «è la santa tra i santi, la più benedetta, colei che ci mostra la via della santità e ci accompagna. Lei non accetta che quando cadiamo rimaniamo a terra e a volte ci porta in braccio senza giudicarci. Conversare con lei ci consola, ci libera e ci santifica. La Madre non ha bisogno di tante parole, non le serve che ci sforziamo troppo per spiegarle quello che ci succede. Basta sussurrare ancora e ancora: Ave o Maria…»[10].


[1] San Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, n. 46.

[2] San Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 14, a. 3.

[3] San Giovanni Paolo II, Dominum et vivificantem, n. 46.

[4] San Josemaría, Lettere, vol. I, 2, n. 10b-c.

[5] San Josemaría, Appunti della predicazione, 1-I-1972.

[6] San Josemaría, Solco, n. 158.

[7] Mons. Fernando Ocáriz, Radici antiche germogli nuovi, Ares, Milano 2020, p. 47.

[8] Ibid.

[9] Benedetto XVI, Omelia, 15-IV-2007.

[10] Papa Francesco, Gaudete et exsultate, n. 176.