Giuseppe e Anita ammettono con sincerità di essere stati, prima della conversione, due perfetti radical chic. Provenienti da famiglie cattoliche, avevano però preso le distanze dalla fede. Lui lavorava come assistente universitario in Cinema e Letteratura a Milano, lei studiava arte.
«Leggevamo solo libri usati della casa editrice Adelphi -, scherza Giuseppe, - comprati in un negozio che li vendeva a metà prezzo. I miei genitori erano credenti, e io li prendevo in giro per questo».
La svolta arrivò quando un amico filosofo regalò a Giuseppe “Il cristianesimo così com’è”, di C.S. Lewis, edito proprio da Adelphi. «Mentre lo leggevo, pensavo: ‘Allora questi cristiani non sono scemi come credevo’», racconta. Coinvolse Anita nella sua scoperta, ma la reazione di lei non fu immediatamente positiva.
«Io rimasi molto contrariata -, ammette Anita - Stavamo insieme da un anno e mezzo, ma alla fine mi convinsi a seguirlo in un pellegrinaggio a Medjugorje. Fu lì che molte cose mi colpirono, soprattutto vedere tanti giovani, provenienti da tutto il mondo, pregare con grande trasporto. Quando ci sposammo, dopo circa un anno, molte delle mie amiche non capirono. Ricevemmo messaggi come: ‘Ti hanno visto a Messa!’ o ‘Per me non convivere prima del matrimonio è immorale’».
Fare deserto dalle influenze
«Avevamo sempre amato la musica e ci divertivamo a comporre canzoni ironiche, con un tocco di humor nero», spiega Giuseppe. «Dopo la conversione, però, ci rendemmo conto che quel tipo di espressione non rispecchiava più il nostro spirito. Per un periodo, facemmo ‘deserto’ di certe influenze».
Anita trovò un nuovo punto di riferimento in Costanza Miriano: «Mi chiedevo: ‘A chi posso ispirarmi? Come si vive da credente nel mondo?’ Leggendo il suo primo libro, scoprii una fede autentica, vissuta con normalità da una donna, professionista e madre».
Anche Giuseppe ebbe la sua illuminazione attraverso la storia di Emanuele Fant, un punk convertito al “vero punk”, cioè il cristianesimo, grazie a fratel Ettore. «Piano piano, capimmo che non eravamo soli: c’erano tante persone come noi, solo che prima non le ‘vedevamo’».
Cultura pop e Vangelo: un equilibrio possibile
Entrambi non hanno una grande passione per il termine “influencer”: «Per me, usare i social è un modo per raccontare la fede», dice Anita. «Mostrare esempi concreti può innescare un circolo virtuoso. Ma ci sono rischi: l’apparenza di perfezione, la superficialità, il pericolo dell’idolatria». Giuseppe preferisce YouTube perché permette un approccio più riflessivo: «I social sono troppo veloci. Nei libri o nella musica c’è più spazio per il mistero. Amiamo attingere dalla cultura in cui siamo immersi», prosegue Giuseppe. «Dopo un primo periodo di ‘deserto’, in cui abbiamo scoperto le basi della nostra fede, siamo tornati alle nostre passioni con occhi nuovi. Per esempio io amo il regista David Lynch, in particolare il film Elephant Man. Non vogliamo rinunciare alla bellezza, ma filtrarla con il Vangelo».
Dalla vita testimonianza online all’amicizia onlife
Le canzoni ironiche che iniziarono a pubblicare su YouTube dopo essersi sposati erano anche un modo per comunicare la loro trasformazione senza scontrarsi con le amicizie di un tempo. Ebbero come effetto quello di entrare nei radar di altre giovani famiglie cristiane: «La prima coppia fu Carlo e Costanza: all’inizio diffidenti, poi diventati amici», racconta Giuseppe. «Abbiamo fatto un tour di incontri in salotto, conoscendo giovani e fidanzati. Un vuoto si è riempito». Organizzarono anche il Mienmiuaif Day: una giornata con Messa, pranzo e musica. «Volevamo uscire dal virtuale», spiega Anita. «I social per noi sono un laboratorio e una vetrina, la vita vera è altrove».
Medjugorje + Cammino di san Josemaría
Giuseppe e Anita sono molto legati a Medjugorje, in Bosnia Erzegovina, dove ha luogo la parrocchia-santuario della Regina della Pace e che è mèta di pellegrinaggi da tante parti del mondo: «Avevo con me il libro Cammino durante l’ultimo pellegrinaggio a Medjugorje. In quei giorni stavo scrivendo proprio un libro sul santuario e i suoi frutti spirituali di cui noi abbiamo goduto a piene mani», racconta Giuseppe. Mentre scrivevo un libro, è arrivato ilnulla osta del Papa su Medjugorje. Condivisi con Anita quello che avevo scritto fino a quel momento: mi ero lasciato influenzare dallo stile aforistico del primo libro del fondatore dell’Opus Dei. Decidemmo che il libro, dal titolo “Medju. Appunti dal futuro”, sarebbe rimasto in quello stesso stile.
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Giuseppe e Anita sono su Instagram come @mienmiuaif. Qui è possibile trovare i loro libri.