Consacrazione al Cuore di Gesù

Di fronte ai contrattempi San Josemaría non si scoraggiava. Continuava a reggere, ma indubbiamente soffriva, soprattutto per i patimenti dei suoi figli. Era il 1952. Si avvicinava il 26 ottobre, festa di Cristo Re, e decise di consacrare l'Opus Dei, con i suoi fedeli e i suoi apostolati, al Sacro Cuore di Gesù.

Un cuore che soffre per il mondo

Di fronte ai contrattempi San Josemaría non si scoraggiava. Continuava a reggere, ma indubbiamente soffriva, soprattutto per i patimenti dei suoi figli. Il suo cuore, grande e aperto al mondo, si affacciava, al di là delle necessità dell’Opera e dei suoi apostolati, su ciò che alterava la pace universale: gli odi fratricidi, gli scontri sociali, la persecuzione della Chiesa e le guerre tra i popoli. Erano problemi che prendeva su di sé, invocando migliaia di volte al giorno: Cor Iesu sacratissimum, dona nobis pacem!

Ma il problema dei lavori (nell'edificio di Villa Tevere) prese una brutta piega all’inizio del settembre 1952 e il Fondatore, vedendo che l’impresa romana stava affondando, lanciò un S.O.S., sperando che il Signore volesse “mettere fine a questa tortura”. (...) Decise di consacrare l’Opus Dei, con tutti i suoi membri e gli apostolati, al Sacro Cuore di Gesù. “Presto farò la consacrazione al Sacro Cuore, annunciò a quelli del Messico. Aiutatemi a prepararla, ripetendo molte volte: Cor Iesu sacratissimum, dona nobis pacem!”.

E aggiungeva un poscritto: “S.O.S. Continuiamo ad avere l’acqua alla gola. Ma sempre con grande fiducia in nostro Padre-Dio”. Si avvicinava il 26 ottobre, festa di Cristo Re, giorno stabilito per la cerimonia di consacrazione, e don Josemaría incitava tutti i suoi figli perché lo aiutassero a farla “in modo di farGli piacere”, cioè far piacere al Cuore di Gesù (140). Si era impelagato in modo tale che, a giudicare da quanto scriveva, si sentiva messo alle strette, senza vie di fuga, legato mani e piedi:

San Josemaría visita i lavori di Villa Tevere, anno 1951.

“Qui facciamo ciò che umanamente è possibile e preghiamo. Ma, insisto, non si vede via d’uscita (…). Se non troviamo una soluzione prima della fine del mese, potremmo subire un contraccolpo che farebbe felice satana”.

Dieci giorni di respiro prima di toccare il fondo, se Dio non avesse posto rimedio. Confidava che la Santissima Vergine non li avrebbe abbandonati e che il suo Figlio Divino, avvicinandosi il giorno della consacrazione dell’Opera, non potesse non dare risposta al clamore di tante preghiere. Ma la lettera al Consigliere della Colombia, in cui esprimeva tale speranza, finiva con una frase sconsolata: “Non so come riesco a scriverti (non rileggo neppure la lettera) perché oltretutto ho la preoccupazione della salute di Álvaro”. (...)

“L’Opera di Dio – aveva scritto– è nata per estendere in tutto il mondo il messaggio di amore e di pace che il Signore ci ha affidato; per invitare tutti gli uomini al rispetto dei diritti della persona.

(…) Vedo l’Opera protesa nei secoli, sempre giovane, aggraziata, bella e feconda, a difendere la pace di Cristo e diffonderla dappertutto”

Arrivò il giorno

Il 26 ottobre 1952, giorno previsto per la consacrazione, il piccolo oratorio contiguo alla stanza di lavoro del Padre non era ancora stato ultimato. Qualche giorno dopo scrisse a quelli di Madrid e si dichiarò soddisfatto dell’impresa: si era arrampicato su tre scale a pioli per raggiungere l’oratorio e farvi la consacrazione:

“Sono contento: ho fatto la consacrazione, salendo una dopo l’altra tre scale a pioli per arrivare all’oratorio. Verrà la pace, in tutti i campi! Ne sono sicuro”.

"Allegoria del Sacro Cuore" (particolare), di Federico Laorga, Santuario di Torreciudad (Huesca).

Quel giorno aveva consacrato l’Opera e tutte le sue attività apostoliche; le anime dei fedeli dell’Opus Dei con tutte le loro facoltà, i sensi, i pensieri, le parole, le azioni, le attività e le gioie. Il testo della consacrazione, poi, aggiungeva: “Ti consacriamo soprattutto i nostri poveri cuori, affinché non abbiano altra libertà che quella di amare Te, o Signore”.

Ottimista e sicuro

La pace scese sulla sua anima come pioggia tranquilla e benefica. Non ci fu un cambiamento repentino o un prodigio sorprendente. Venne la felicità interiore – il gaudium cum pace – come una brezza, a ristabilire nell’anima la gioia, la sicurezza e l’ottimismo: “Non si vede ancora una soluzione ai problemi economici. Ma sono contento e sicuro. Quante cose mi attendo da questa consacrazione!”.

Gli attacchi diminuirono, pur senza cessare del tutto, poiché le calunnie sono un mostro con sette teste. Diminuì il peso preoccupante dei debiti; fu possibile dilazionare alcuni pagamenti; arrivarono alcuni piccoli donativi e furono ipotecati il terreno e parte dell’edificio.

Con la consacrazione crebbe la sua audacia e poté dichiararsi “ottimista e sicuro". Nel Cuore di Gesù trovò pace e rifugio, così come aveva chiesto il 26 ottobre:

“Concedici la grazia di trovare nel divino Cuore di Gesù la nostra dimora e stabilisci nei nostri cuori il luogo del tuo riposo, per rimanere così intimamente uniti: affinché un giorno ti possiamo lodare, amare e possedere per tutta l’eternità nel Cielo, in unione con tuo Figlio e con lo Spirito Santo. Così sia."

Fonte: Testi tratti da Vázquez de Prada, Andrés, Il Fondatore dell' Opus Dei (III)