Commento al Vangelo: Dio ripete le sue lezioni

Vangelo e commento del venerdì della 20ª settimana del tempo ordinario. Dio ci parla molte volte e in molti modi, ma noi continuiamo a fare domande che hanno già avuto risposta. Magari ci convincessimo che ciò che ci libera è l’amore di Dio e del prossimo, e che è proprio questo che ci fa veramente felici.

Vangelo (Mt 22,34-40)

Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».


Commento

Per un qualche motivo, a noi uomini costa credere a Dio, accogliere le sue parole. Ci ripete le cose una volta e un’altra e, tuttavia, sembra come se non lo comprendessimo e non volessimo intenderlo. Gli facciamo ripetere le stesse cose continuamente.

Questa storia si ripete, da Adamo ed Eva sino al presente. A loro disse che cogliere il frutto dell’albero avrebbe dato loro la morte e, tuttavia, lo fecero. E le conseguenze continuano a perdurare ancora oggi.

Qualcosa di simile accade con i comandamenti. Oggi vediamo Gesù mentre gli viene chiesto qual è il più importante tra essi. E il Signore non fa altro che invocare lo Shemá Israel, che tutti gli ebrei imparavano sin da bambini e che avevano sulle labbra da secoli: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze»(Dt 6, 5). A questo, aggiunge un atro antico precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19, 18).

Sappiamo che la risposta di Gesù è dovuta al fatto che la domanda gli era stata posta per metterlo alla prova. Purtroppo, anche noi, spesso, non siamo esenti da questo tipo di comportamento.

Non conosciamo, forse, anche noi tutto ciò che, per iscritto e nella tradizione, è stato previsto per la nostra salvezza? Abbiamo la Sacra Scrittura, il Catechismo della Chiesa, il Magistero dei Romani Pontefici. Abbiamo, inoltre, la possibilità di ricevere i sacramenti e la direzione spirituale. La strada che abbiamo è decisamente tracciata, e, tuttavia, non sappiamo deciderci a percorrerla. Dio ci parla molte volte e in molti modi (cfr. Eb 1, 1), ma noi continuiamo a fare domande che hanno già avuto risposta.

Proprio per questo, il vangelo di oggi può essere un richiamo per raccogliere l’invito dell’apostolo Giacomo: «Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla»(Gc 1, 25). La vita cristiana è proprio questa: si tratta di comportarsi secondo una lex perfecta libertatis, la quale richiede di essere studiata e assimilata sino in fondo nella vita di ognuno.

Quello che ci rende liberi è amare Dio e il prossimo ed è proprio questo che ci porta alla felicità. È questo il motivo per il quale il Signore ci dà i comandamenti. Infatti, prima di enunciare il precetto, Egli stesso ci dice qual è il destino di coloro che lo vivono: «Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felice» (Dt 6, 3). Magari finalmente ci convincessimo.

Luis Miguel Bravo Álvarez