Commento al Vangelo: La gloria del Padre

Vangelo e commento del mercoledì della 5ª settimana di Pasqua.La gloria di Dio è nel fatto che alcune povere creature diano frutto. Suona piuttosto inverosimile, ma è proprio così, perchè Dio è Padre. Per dare frutto, dobbiamo far sì che Gesù, non solo sia il fine, ma anche il principio delle nostre azioni.

Vangelo (Gv 15, 1-8)

«Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».


Commento

Cominciamo dalla conclusione: «In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». Tutta la gloria di un Dio, Onnipotente, Onnisciente, Eterno, consiste nel fatto che alcune povere creature diano frutto. Sembra senza alcun senso, però lo dice Dio stesso. È così perché Dio è Padre. Di più: da Lui viene ogni paternità (cfr. Ef 3, 15). Non dimentichiamo mai che quando diciamo paternità di Dio non usiamo una metafora per spiegare cosa vuol dire, utilizzando una parola umana che evoca tenerezza e protezione. È proprio il contrario: paternità è una parola divina che noi abbiamo deciso di utilizzare per individuare anche i nostri genitori. In tal modo, possiamo capire perché la gloria di Dio sta nel fatto che noi diamo molto frutto: per un padre non esiste maggiore ambizione nè più grande orgoglio della fecondità dei propri figli, cioè, vederli crescere, realizzare i loro sogni, sviluppare progetti, lasciare il segno. Ai genitori si riempiono di orgoglio il cuore e la bocca quando parlano dei successi dei loro figli. Per questo, dobbiamo ripetere che ciò non è altro che una immagine della realtà di Dio: utilizzando il povero linguaggio umano, possiamo affermare che il Padre Eterno si riempie il cuore di gioia ogni volta che pensa a noi. Come il vignaiuolo che si impegna in tutti i modi per fare fruttificare il suo campo: “Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?” (Is 5, 4). Per dare frutto c’è una condizione ineludibile: riconoscere Cristo nella nostra vita e stare uniti a Lui. Fare in modo che i nostri pensieri, le nostre aspirazioni, le nostre paure, tutta la nostra vita, passino dal suo Cuore. Che non esista neppure un successo e neppure un insuccesso che non sottoponiamo al crogiuolo del suo Amore. E neppure una nostra intenzione o il più piccolo barlume di vanagloria. Che Gesù, Alfa e Omega, sia non soltanto il fine ultimo delle nostre azioni, ma anche il principio.

Come fare per vivere così? La risposta è chiara: con l’aiuto dello Spirito Santo. La sua missione è plasmare in noi l’immagine di Cristo che è il Figlio Amato nel quale il Padre gioisce pienamente. Questo è il senso della nostra vita: che Dio Padre, guardandoci, veda Gesù. Ma questo richiede sapere che ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto.

Per noi, essere discepolo di Cristo vuol dire condividerne il destino, abbracciando la Croce nelle cose più piccole che ci offre la vita di ogni giorno.

Luis Miguel Bravo Álvarez