Venerdì, commento al Vangelo: La scienza che salva

Vangelo e commento del venerdì, della 29ª settimana del tempo ordinario.

Vangelo (Lc 12, 54-59)

In quel tempo, Gesù diceva alle folle:

— Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: “Arriva la pioggia”, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: “Farà caldo”, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo; come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?

— Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada cerca di trovare un accordo con lui, per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo.


Commento

Già in tempi antichi gli uomini erano capaci di prevedere le condizioni del tempo, perché Dio li aveva resi partecipi, fin dalla creazione del mondo, della sua sapienza per “valutare l’aspetto della terra e del cielo”. Perciò i segni e i prodigi che quegli uomini vedevano, gli insegnamenti che ascoltavano, erano più che sufficienti per riconoscere da essi la venuta del Messia salvatore. A che cosa poteva servire a quegli uomini conoscere le cose terrene se non accettavano il loro Creatore, venuto al mondo per riconciliare tutte le cose (cfr. Col 1, 20)?

Con Gesù il tempo è arrivato alla sua pienezza (cfr. Gal 4, 4); la salvezza e la conversione del cuore sono alla portata di tutti. Ogni uomo, nel tabernacolo della propria coscienza, può discernere tra il bene e il male, tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. Finché siamo in cammino, Dio non smette mai di dare ai suoi figli i mezzi per riconoscerlo e convertirsi a lui, anche fino all’ultimo istante della vita terrena, come fece con il buon ladrone, che riconobbe in Gesù il Dio che lo poteva salvare dalla morte eterna (cfr. Lc 23, 42).

Gesù ci dice che anche il timore per una giusta condanna può alla fine essere un valido motivo per cambiare vita e riconciliarsi con Dio e con il prossimo. Per far ciò è necessaria l’umiltà, abbandonare l’atteggiamento ipocrita di chi presume di sapere molto della scienza umana, ma poi non riconosce nella profondità del suo cuore la presenza di un Dio che “non gode della morte del malvagio, ma che il malvagio si converta dalla sua malvagità e viva” (Ez 33, 11). A proposito della relazione tra la scienza umana e l’umiltà, san Josemaría scriveva: «Tu, dotto, celebre, eloquente, potente: se non sei umile, non vali nulla. – Taglia, strappa quell’io che possiedi in grado superlativo – Dio ti aiuterà –, e allora potrai cominciare a lavorare per Cristo, nell’ultimo posto del suo esercito di apostoli»[1].


[1] San Josemaría, Cammino, n. 602.

Josep Boira