Meditazioni: Venerdì della seconda settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel venerdì della seconda settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: L’apostolato nasce e vive dall’orazione; Sovrabbondanza di vita interiore; La carità è la manifestazione di un autentico apostolo.

- L’apostolato nasce e vive dall’orazione

- Sovrabbondanza di vita interiore

- La carità è la manifestazione di un autentico apostolo


«Poi Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da Lui» (Mc 3, 13). È facile rendersi conto che si tratta di un momento decisivo per il Signore, perché saranno loro a continuare la sua missione. Nel racconto di san Marco c’è un dettaglio simbolico che ci introduce nell’importanza soprannaturale del momento: «Gesù salì sul monte». Per quel che ci racconta il passo della Scrittura, il monte non fa riferimento esclusivamente a un luogo fisico, ma è anche immagine dell’orazione che è al di sopra del trambusto e dell’attività quotidiana: simbolizza il luogo della comunione con Dio.

Gli apostoli, dunque, sono generati nell’orazione di Gesù al Padre, procedono dall’intimità Trinitaria. «La loro chiamata nasce dal dialogo del Figlio col Padre ed è in esso ancorata»[1]. Perciò Gesù considera ogni apostolo un dono del Padre e parla dei suoi discepoli come di «coloro che tu mi hai dato» (Gv 17, 9). Inoltre, in un altro momento, si riferisce al Padre come il Signore della messe, al quale bisogna chiedere operai (cfr. Mt 9, 38). La chiamata e la missione dell’apostolo trae origine e rimane nella conversazione amorevole tra il Padre e il Figlio. Da lì, dal seno della Trinità, da quel monte che in realtà è un vulcano, proviene quel fuoco che deve muovere ogni azione apostolica.

Nel condividere il Vangelo con gli altri, «nessuna motivazione sarà sufficiente se non arde nei cuori il fuoco dello Spirito»[2]; il cristiano diventa apostolo sul monte dell’orazione. Lì riceve l’incarico di Gesù e lì si rinnova continuamente il calore di questo mandato. L’occupazione più importante di un apostolo consiste, pertanto, nel frequentare questa vetta dove si trasmette il fuoco dell’amore di Dio. Se l’apostolato perde questa considerazione centrale, è facile che si torni a un insieme di compiti vissuti, forse, come un pesante fardello che non si armonizza con i propri desideri, e non come una cosa naturale che nasce dalla nostra identità di apostoli.


«Ne costituì dodici [...] perché stessero con Lui e per mandarli a predicare» (Mc 3, 14). A prima vista i due motivi per cui Gesù sceglie i suoi possono sembrare opposti: stare accanto a lui e inviarli lontano. E invece sono due aspetti di una stessa missione. Per i dodici stare con Cristo finisce con l’essere, all’inizio, convivere con lui; ma, trascorso un certo tempo, stare con Gesù finirà con l’acquisire un significato interiore. Gli apostoli dovranno passare dalla comunione esterna con Gesù a una interiore. I dodici dovranno imparare a vivere con Gesù in modo che possano stare sempre con lui, anche quando dovessero raggiungere i confini della terra.

Solo chi vive nell’amore di Cristo può annunciarlo agli altri con autenticità. Se l’apostolato non è autentico, produce fatica, disgusto, fastidio. Non dà calore perché gli manca il fuoco. «Già da molti anni – diceva san Josemaría –, nel considerare il modo di agire del Signore, sono giunto alla conclusione che l’apostolato, quale che sia, è il traboccare della vita interiore»[3].

Da questa comunione con Cristo viene fuori il potere per espellere i demoni. Gesù li inviò per predicare e anche «con il potere di scacciare i demoni» (Mc 3, 15). Un apostolato che non nasce dall’amore di Cristo ha, da parte sua, i propri demoni: gelosie, paragoni, invidie... L’apostolo autentico è marchiato col sigillo della carità, della fraternità, della comprensione, dell’unità, perché nasce dalla stessa fornace ardente della comunione con Cristo.


Il gruppo dei dodici dovette imparare ad esercitarsi nella carità. Quando leggiamo la lista dei dodici apostoli, ci accorgiamo che non è un gruppo omogeneo. Non si sono scelti a vicenda, come si scelgono gli amici. Dio li ha scelti uno per uno, ma sono molto diversi gli uni dagli altri, per la loro origine, il loro modo di essere, le consuetudini... A quanto pare, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota appartenevano al gruppo radicale degli zeloti. Possiamo immaginare come ribolliva il loro sangue per tutto ciò che si riferiva all’occupazione romana. Matteo, invece, era un esattore di imposte: lavorava per i romani. I pescatori Pietro e Andrea erano fratelli ed erano a capo di quella che probabilmente era una piccola cooperativa di pesca, nella quale i figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, di carattere impulsivo, erano impiegati. Come sarà stata la loro relazione? Probabilmente avrà avuto degli alti e bassi. Filippo e Andrea, da parte loro, hanno un nome greco e a loro si rivolgono i viaggiatori greci venuti per la Pasqua.

«Così possiamo immaginare quanto sia stato difficile introdurli passo passo nella misteriosa via nuova di Gesù; quali tensioni dovettero essere superate, di quante purificazioni necessitasse, per esempio, l’ardore degli zeloti, per uniformarsi alla fine allo “zelo” di Gesù, che si compirà sulla croce. Proprio in questa ampia gamma di origini, di temperamenti e di mentalità, i dodici personificano la Chiesa di tutti i tempi e la difficoltà del suo compito di purificare questi uomini e unirli nello zelo di Gesù Cristo»[4]. Tuttavia, malgrado tutte queste differenze, la carità tra gli apostoli è stata, fin dal principio, la pietra di paragone dell’autentico apostolato. Ubi divisio, ibi peccatum, diceva Origene: dove c’è divisione, lì c’è il peccato. Viceversa, come recita il canto Ubi caritas est vera, Deus ibi est: dove c’è carità, lì c’è il Signore. Vedere come si amano tra loro è stato, fin dai primi tempi della Chiesa, il segno inequivocabile della presenza di Cristo fra i cristiani. E, sempre dai primi tempi, santa Maria è stata il fuoco di unità attorno al quale tutti si riunivano (cfr. At 1, 14).


[1] Joseph Ratzinger, Gesù di Nazaret. Dal Battesimo alla Trasfigurazione, cap. 6.

[2] Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 261.

[3] San Josemaría, Amici di Dio, n. 239.

[4] Joseph Ratzinger, Gesù di Nazaret. Dal Battesimo alla Trasfigurazione, cap. 6.