​Meditazioni: mercoledì della 1ª settimana di Avvento

Riflessioni per meditare nel mercoledì della prima settimana di Avvento. Ecco i temi proposti: con la sua venuta il Signore dimostra il suo amore verso di noi; oggi Gesù continua a venire a noi, specialmente nell’Eucaristia; preparare con affetto e delicatezza l’Eucaristia e la Comunione.

Con la sua venuta il Signore dimostra il suo amore verso di noi Oggi Gesù continua a venire a noi, specialmente nell’Eucaristia Preparare con affetto e delicatezza l’Eucaristia e la Comunione


Con la sua venuta il Signore dimostra il suo amore verso di noi

«Vieni, Signore, non tardare»[1]. In questi giorni la preghiera della Chiesa è piena del desiderio della venuta di Cristo, il Messia atteso, il nostro Redentore. Ecco che il Signore verrà a salvare il suo popolo; beati coloro che sono pronti per andare incontro al Signore (cfr. Zc 14, 5). Per lunghi secoli la speranza degli uomini ha atteso la venuta del Redentore. Vedendo ora così vicino il mistero della sua nascita, vogliamo riempirci del desiderio di andare incontro al Signore con la medesima speranza.

Con l’incarnazione del suo Figlio unigenito Dio ci ha mostrato il suo amore infinito: «Quale è la causa della venuta del Signore, se non mostrare il suo amore verso di noi?»[2]. E si tratta di un amore di Padre, perché lo ha fatto «perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4, 5).

Il Signore viene sulla terra per colmarci di grazie: «Non ti chiedo ricompensa alcuna per quello che ti do – ci dice –, prima io stesso voglio essere tuo debitore, per il solo titolo che tu vuoi trarre beneficio da tutto ciò che è mio. Con che cosa si può paragonare questo onore? Io sono padre, io fratello, io sposo, io casa, io cibo, io vestito, io radice, io fondamento; tutto quel che tu vuoi sono io; non ti considerare bisognoso di cosa alcuna. Perfino ti servirò, perché il Figlio dell’uomo “non è venuto per farsi servire, ma per servire” (Mt 20, 28). Io sono amico, e membro e testa, e fratello e sorella e madre; tutto sono io, e con te voglio soltanto intimità. Io, povero per te, mendicante per te, crocifisso per te, sepolto per te; in cielo, per te davanti a Dio Padre; e sulla terra sono suo legato davanti a te. Tutto tu sei per me: fratello e coerede, amico e membro. Che cosa vuoi di più?»[3].

Tutta la vita di Gesù è una genuina espressione di questo amore senza limiti, della sua donazione per noi. Coloro che si avvicinarono a Gesù ne ebbero abbondanti prove. Il vangelo di oggi ci parla di una folla che si reca da Gesù per presentargli le sue necessità: «Gesù si allontanò di là, giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì» (Mt 15, 29-30). Nessuna delle nostre necessità lascia indifferente Gesù. Tutto ciò che ci appartiene è un continuo richiamo al suo cuore; le nostre gioie e le nostre preoccupazioni lo spingono a venirci incontro.


Oggi Gesù continua a venire a noi, specialmente nell’Eucaristia

Accanto a Gesù la folla si tratteneva con tanto piacere che i presenti neppure si resero conto di stare con Lui tre lunghi giorni! E il Signore si commuove. «Sento compassione per la folla – dice ai suoi discepoli –. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino» (Mt 15, 32). L’affetto di Gesù non si preoccupa soltanto dei grandi problemi, ma anche delle necessità della vita ordinaria; non predica solamente una bella dottrina, ma la vive passo passo.

La preoccupazione di Gesù è creativa, lo induce a immaginare i problemi che ognuno può avere quando è sul punto di tornare a casa; non si limita a interessarsi di loro in quei momenti nei quali erano vicini a Lui, anche se erano passati tre giorni interi. E questa preoccupazione per la felicità dell’altro lo spinge ad agire. Con il suo infinito potere moltiplica miracolosamente pochi pani e alcuni pesci, le uniche cose che in quel momento aveva a portata di mano e chiede ai discepoli di distribuirle tra la folla (cfr. Mt 15, 35-37). Il Signore dà da mangiare alla folla affamata affinché non venga meno lungo il cammino.

Oggi come allora Gesù si commuove di fronte alle nostre necessità e ci aiuta a superarle. Non vuole che veniamo meno, neppure per mancanza di cibo spirituale. Se in quel tempo il Signore si sedette sul monte ad aspettare tutti coloro che volevano avvicinarsi e offrì loro il pane per alimentare i loro corpi, oggi invece ci aspetta nel Pane eucaristico. Anche noi possiamo ricorrere a Gesù per presentargli le nostre necessità, le nostre gioie e i nostri ideali. Ci sentiremo teneramente amati e trascorreremo giorni e giorni accanto a Lui.


Preparare con affetto e delicatezza l’Eucaristia e la Comunione

«Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene» (Mt 15, 37), conclude il racconto, spiegando che si trattava di oltre quattromila persone. Contemplare la grandezza della generosità del Signore ci può aiutare a disporci nel miglior modo possibile per accogliere le grazie che vuole concederci in questo tempo di Avvento; guardare come divide i suoi doni a piene mani, sino a far traboccare i recipienti, ci colma di speranza. Vieni, Signore – gli diciamo –, il nostro cuore ti aspetta. Vieni, il nostro vuoto vuole riempirsi di te, fino all’orlo.

Nella prima lettura della Messa leggiamo la promessa del banchetto messianico che Dio dispone per gli uomini. «Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popolo e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: “Ecco il nostro Dio; in Lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza”» (Is 25, 6-9).

Questo banchetto divino diviene realtà, ogni giorno, nella santa comunione. Perciò, se ci sembra logico mettere il più grande impegno possibile nel prepararci a ricevere il Bambino che nascerà a Betlemme, la stessa cosa succede con la nostra attesa per ogni incontro quotidiano con l’Eucaristia. San Josemaría teneva presente questa realtà, che lo portava a dedicare metà della sua giornata a pensare alla Messa che avrebbe celebrato il giorno dopo: «Hai pensato qualche volta a come ti prepareresti per ricevere il Signore, se si potesse fare la Comunione una sola volta nella vita? – Siamo riconoscenti a Dio per la facilità che abbiamo di avvicinarci a Lui, ma... dobbiamo esprimere gratitudine preparandoci molto bene, per riceverlo»[4].

La comunione spirituale può essere una magnifica espressione dell’impazienza con la quale ci avviciniamo ogni giorno a ricevere il Signore. E in essa ci uniamo alle disposizioni interiori di Maria: «Vorrei, Signore, riceverti con la purezza, l’umiltà e la devozione con cui ti ricevette la tua Santissima Madre»[5]. «Chiedilo con me alla Madonna – insiste san Josemaría –, immaginandoti quei mesi in attesa del Figlio che doveva nascere. E la Madonna, Maria Santissima, farà di te alter Christus, ipse Christus: un altro Cristo, lo stesso Cristo»[6].


[1] Liturgia delle Ore, mercoledì della I settimana di Avvento, ora nona, responsorio breve.

[2] Sant’Agostino, De catechizandis rudibus, n. 4.

[3] San Giovanni Crisostomo, Omelie sul vangelo di san Matteo, n. 76.

[4] San Josemaría, Forgia, n. 828.

[5] Formula della comunione spirituale.

[6] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 11.