Meditazioni: Mercoledì della 28ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessione per meditare il mercoledì della 28ª settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: le ragioni che muovono il cuore; scoprire il bene dei comandamenti; cercare Dio nella quotidianità.

- Le ragioni che muovono il cuore

- Scoprire il bene dei comandamenti

- Cercare Dio nella quotidianità


GESÙ era invitato con frequenza a mangiare in case di persone molto diverse: andava a casa dei suoi discepoli e dei suoi amici, partecipava ai banchetti organizzati in segno di gratitudine, come nel caso di Zaccheo il pubblicano, mangiava persino con i capi del popolo quando glielo chiedevano. In una certa occasione, racconta san Luca, Gesù accettò l’invito di un noto fariseo. L’ospite, vedendo che il Signore si era seduto a tavola senza rispettare l’usanza di lavarsi le mani, si sentì a disagio. Probabilmente anche gli altri commensali notarono la cosa e criticarono interiormente l’atteggiamento del Maestro.

Il testo non specifica se quel gesto fu compiuto dal Signore con lo scopo di fornire un insegnamento. Ciò che l’evangelista racconta è che Gesù sfruttò la situazione per trasmettere un messaggio a coloro che erano presenti: ciò che importa agli occhi di Dio non è solo “l’esterno”, ma anche “quello che c’è dentro”, cioè le ragioni che muovono il cuore (cfr. Lc 11, 40). «Guai a voi, farisei, che pagate la decima sulla menta, sulla ruta e su tutte le erbe, e lasciate da parte la giustizia e l’amore di Dio. Queste invece erano le cose da fare, senza trascurare quelle» (Lc 11, 42). Il tono delle sue parole è duro. Gesù li accusa di ipocrisia e smaschera la loro condotta ingannevole, perché alcuni farisei erano più preoccupati di apparire esteriormente che di vivere secondo la verità. Erano così ostinati nella letteralità della legge che si dimenticavano dello spirito che la animava.

L’atteggiamento dei farisei, sotto alcune forme, può presentarsi anche oggi. Ciò accade quando viviamo i nostri impegni quotidiani con Dio e con gli altri in modo freddo e automatico. Magari sappiamo che è qualcosa che dobbiamo fare, ma non riusciamo a intuire il suo vero valore. Forse il motore che ispira quelle azioni è l’inerzia, il desiderio di fare bella figura o semplicemente la paura di ciò che potrebbe accadere se le omettessimo. Dio non vuole solo che rispettiamo ciò che è stabilito, ma vuole soprattutto che lo facciamo per amore. «Ama e fa’ ciò che vuoi» insegnava sant’Agostino. E continuava: «Se taci, taci per amore, se parli, parla per amore, se correggi, correggi per amore, se perdoni, perdona per amore. Sia in te la sorgente dell’amore, perché da questa radice non ne può uscire che il bene» [1].


ALCUNI farisei non riconoscevano l’azione di Dio nelle opere di Gesù. Di fronte alla semplicità e alla naturalezza con cui il Signore agiva, quei farisei vivevano preoccupati invece da una moltitudine di piccoli precetti che dovevano osservare scrupolosamente, convinti in questo modo di piacere a Dio, mentre trascuravano la rettitudine del loro cuore e la carità verso gli altri uomini. Nell’insegnamento di Cristo, al contrario, il segreto della giustizia non risiede principalmente nell’importanza o nella perfezione materiale di ciò che si compie, ma nell’amore che ci porta a farlo nel migliore dei modi. «Fate tutto per Amore» [2], ripeteva san Josemaría, perché «tutto quello che si fa per Amore acquista bellezza e grandezza» [3]. Così, non ci sono lavori o compiti di poco rilievo, poiché l’importanza è data dall’amore con cui vengono eseguiti.

Riferendosi alla santificazione del lavoro, il fondatore dell’Opus Dei predicava: «Fate tutto liberamente e per Amore: non date mai spazio alla paura o all’abitudinarismo; servite Dio nostro Padre” [4]. In questo modo, ci risulterà naturale e necessario chiederci, in particolare quando esaminiamo la nostra coscienza, quali sono i motivi che ci spingono a comportarci in un certo modo: che cosa mi muove a compiere questa azione concreta, l’amore per Dio e per gli altri oppure la mia soddisfazione personale?

Limitarsi semplicemente a rispettare delle regole finisce facilmente per diventare un peso. È ciò che accadde, in un certo modo, al fratello maggiore del figliol prodigo. Anche se sembrava che facesse molte cose giuste – non si allontanava da suo padre, lavorava con impegno nella fattoria… – non godeva della vita che conduceva; possiamo intuire che invidiasse la decisione di suo fratello e i divertimenti che questi avrà avuto. Perciò è necessario cercare sinceramente il bene dei comandamenti divini e di ciò che nasce come frutto della nostra relazione con Dio e con i nostri fratelli: questo è liberatorio e ci permette di gustare ciò che è realmente prezioso. Perché non conta solo ciò che faccio, ma anche il bene che perseguo quando lo faccio. La vita è un viaggio, in cui purifichiamo a poco a poco le nostre intenzioni e acquisiamo beni migliori, rettificando la direzione quando ci rendiamo conto che il nostro percorso si è deviato. E così, impegnandoci per scegliere ciò che è meglio per noi, crescerà il desiderio di amare Dio sopra ogni cosa.


NEL RAPPORTO con Dio, il cristiano ha bisogno di proteggere dei tempi e un ordine nella propria vita affinché le altre realtà del mondo non soffochino ciò che è essenziale e che realmente dà senso a tutto il resto. Pianificare e avere delle priorità è, in fin dei conti, ciò che cerchiamo di realizzare con qualsiasi attività che ci interessa: prendersi cura della propria famiglia, crescere in un aspetto professionale, coltivare le amicizie, riposare e stare in buona forma fisica... Altrimenti, è facile che la fretta e le urgenze del giorno ci trascinino, fino al punto di allontanarci dai beni che desideravamo preservare. San Josemaría chiamava “piano di vita” l’insieme delle pratiche di pietà che compongono la giornata di un cristiano. Si tratta di momenti che permettono di scoprire che «c’è un qualcosa di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più comuni» [5] in mezzo al lavoro e alle altre attività. Per questo, il piano di vita risponde alla necessità dell’anima «di cercare Dio, di trovarlo e di avere un continuo rapporto con Lui, ammirandolo con amore mentre faticano nel loro lavoro ordinario» [6].

San Josemaría metteva in guardia le persone dell’Opera affinché il piano di vita non si trasformasse in un programma rigido e severo, la cui realizzazione fosse un fine in sé stesso. Al contrario, diceva che i suoi contenuti «non devono diventare norme rigide, compartimenti stagni; indicano un cammino duttile, adattato alla tua condizione di uomo che vive in mezzo al mondo, con un lavoro professionale intenso, con dei doveri e delle relazioni sociali: da non trascurare, perché proprio in quei compiti continui a incontrare il Signore. Il tuo piano di vita deve essere come un guanto di gomma che si adatta perfettamente alla mano che lo calza» [7]. Si comprende quindi che l’osservanza di quel piano non ha come obiettivo un mero «compio e mento» [8], non è qualcosa che bisogna fare e spuntare per essere tranquilli: sono mezzi che ci dischiudono a Dio e alle necessità del prossimo. Possiamo ricorrere all’intercessione della Vergine Maria affinché ci aiuti ad agire in ogni momento per amore, con il desiderio di identificarci con suo Figlio.


[1] Sant'Agostino, Omelie sulla prima lettera di san Giovanni (omelia settima), n. 8.

[2] San Josemaría, Cammino, n. 813.

[3] San Josemaría, Cammino, n. 429.

[4] San Josemaría, Amici di Dio, n. 68.

[5] Conversazioni con Monsignor Escrivá de Balaguer, n. 114.

[6] San Josemaría, Lettera 3, n. 13c.

[7] San Josemaría, Amici di Dio, n. 149.

[8] Beato Álvaro del Portillo, Lettera 15-IX-1975, n. 8.