Meditazioni: Giovedì dell’11ª settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel giovedì dell'undicesima settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: Una forza di bene nel mondo; Preghiera e santità; Arrivare al Padre attraverso Gesù.

- Una forza di bene nel mondo

- Preghiera e santità

- Arrivare al Padre attraverso Gesù


«Come ti rendesti glorioso, Elia, con i tuoi prodigi! E chi può vantarsi di esserti uguale? (…) Beati coloro che ti hanno visto e si sono addormentati nell'amore» (Sir 48, 4.11). Il libro del Siracide canta le lodi di «Elia profeta, come un fuoco; la sua parola bruciava come fiaccola» (Sir 48, 1); e anche quelle del profeta Eliseo, perché «appena Elia fu avvolto dal turbine, Eliseo fu ripieno del suo spirito; nei suoi giorni non tremò davanti a nessun principe e nessuno riuscì a dominarlo. Nulla fu troppo grande per lui, e nel sepolcro il suo corpo profetizzò. Nella sua vita compì prodigi, e dopo la morte meravigliose furono le sue opere» (Sir 48, 13-15).

Di fronte ad esempi così luminosi, potremmo pensare che la vera santità è un ideale lontano, improponibile per persone normali. Tuttavia, lo stesso libro della Scrittura afferma con chiarezza che «è certo che anche noi vivremo» (Sir 48, 11): vivremo la vita soprannaturale, quella vita di Dio che è la santità. Da san Josemaría impariamo propriamente che «la santità è questo contatto profondo con Dio, il farsi amico di Dio: è lasciare operare l’Altro, l’Unico che può realmente far sì che il mondo sia buono e felice. E se, quindi, Josemaría Escrivá parla della chiamata di tutti ad essere santi, - diceva l’allora cardinale Ratzinger - mi sembra che nel fondo sta attingendo a questa sua personale esperienza di non aver fatto da sé cose incredibili, ma di aver lasciato operare Dio. E perciò è nato un rinnovamento, una forza di bene nel mondo, anche se tutte le debolezze umane resteranno sempre presenti»[1].

Per misericordia di Dio, ognuno di noi partecipa a questo «grande rinnovamento», a questa «forza di bene nel mondo»: siamo stati chiamati ad essere santi nell’ordinario, ma santi d’altare.


Attraverso di noi, Dio vuole fare grandi cose. Per questo ci chiede soltanto che, «con delicatezza di innamorati»[2], curiamo la nostra unione con lui. E il segreto per mantenere viva questa relazione nella quale si forgia la nostra santità è la preghiera. «Il santo è una persona dallo spirito orante, che ha bisogno di comunicare con Dio (...).Non credo nella santità senza preghiera (...). Questo non è solo per pochi privilegiati, ma per tutti, perché «abbiamo tutti bisogno di questo silenzio carico di presenza adorata». La preghiera fiduciosa è una risposta del cuore che si apre a Dio a tu per tu, dove si fanno tacere tutte le voci per ascoltare la soave voce del Signore che risuona nel silenzio. In tale silenzio è possibile discernere, alla luce dello Spirito, le vie di santità che il Signore ci propone»[3].

Gesù ci insegna come deve essere la preghiera gradita a Dio: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così…» (Mt 6, 7-9); e ci insegna il Padre Nostro, «riassunto di tutto il Vangelo»[4] e «cuore delle Sacre Scritture»[5]. «La preghiera del Pater Noster è perfettissima. – insegna san Tommaso d’Aquino – Infatti nella preghiera chiediamo rettamente quello che siamo capaci di rettamente desiderare, poiché la preghiera è come l'interprete del nostro desiderio presso Dio. Ora, nella Preghiera del Signore non solo vengono domandate tutte le cose che possiamo rettamente desiderare, ma anche nell'ordine in cui devono essere desiderate: cosicché questa preghiera non solo insegna a chiedere, ma plasma tutti i nostri affetti»[6].

Gesù vuole che sentiamo molto viva la forza della nostra filiazione, la grandezza dell’amore di Dio Padre per ciascuno di noi. Per questo, ci incoraggia a rivolgerci a Dio con confidenza di figli: la viva coscienza della nostra filiazione ci rende sicuri di fronte a qualunque circostanza e ci permette di lanciarci nell’avventura.


«La tua vita - diceva san Josemaría - deve essere orazione costante, dialogo continuo con il Signore: davanti a ciò che è piacevole e a ciò che è spiacevole, davanti a ciò che è facile e a ciò che è difficile, a ciò che è ordinario e a ciò che è straordinario... In tutte le occasioni deve venirti in mente, subito, il colloquio con tuo Padre Dio, cercandolo nel centro della tua anima»[7].

Se, qualche volta non sappiamo da dove cominciare, può esserci d’aiuto pensare che a Dio Padre arriviamo sempre attraverso Gesù, per Lui e in Lui. Per questo, la nostra preghiera può consistere semplicemente nel ripetere il nome di Gesù: «L'invocazione del santo nome di Gesù è la via più semplice della preghiera continua. Ripetuta spesso da un cuore umilmente attento, non si disperde in «tante parole» (Mt 6, 7), ma custodisce la Parola e produce frutto con la perseveranza. Essa è possibile «in ogni tempo», giacché non è un'occupazione accanto ad un'altra, ma l'unica occupazione, quella di amare Dio, che anima e trasfigura ogni azione in Cristo Gesù»[8].

Invocare il nome di Gesù, ripeterlo, gustarlo, è una preghiera bella e semplice, che porta con sé una forza insospettata. Per questo, san Josemaría ci incoraggiava: «Devi perdere la paura di chiamare il Signore con il suo nome – Gesù – e di dirgli che lo ami»[9]. Santa Maria è stata la prima alla quale è stato annunciato il nome di Gesù, e da quello stesso momento nel quale cominciò a portare suo figlio nel seno, lo avrà ripetuto con infinito affetto, come conservava nel suo cuore ogni cosa (cfr. Lc 2, 19).


[1] Joseph Ratzinger, “Lasciare operare Dio”, in L’Osservatore Romano, 6-X-2002.

[2] Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 14-II-2017, n. 30.

[3] Francesco, Gaudete et exsultate, nn. 147-150.

[4] Tertulliano, De oratione, 1, 6.

[5] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2762.

[6] San Tommaso d’Aquino, Somma Teologica, II-II, q. 83, a. 9.

[7] San Josemaria, Forgia, n. 538.

[8] Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2668.

[9] San Josemaría, Cammino, n. 303.