Meditazioni: 1ª domenica di Avvento (Ciclo C)

Riflessioni per meditare nella domenica della prima settimana d’Avvento (ciclo C). I temi proposti sono: Ricominciare ogni giorno; Appoggiati alla grazia di Dio; Convertirci confidando nel suo aiuto.

- Ricominciare ogni giorno

- Appoggiati alla grazia di Dio

- Convertirci confidando nel suo aiuto


COMINCIAMO OGGI il tempo di Avvento, alcuni giorni di attesa perché sappiamo che la venuta di Gesù è vicina. La liturgia di questa domenica ci invita a considerare la nostra vita in occasione di questo arrivo del Signore. «O Dio, nostro Padre, suscita in noi la volontà di andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene, perché egli ci chiami accanto a sé nella gloria a possedere il regno dei cieli»[1]. L’intera nostra esistenza è un tempo di attesa fino a quel grande giorno nel quale Gesù verrà per portarci accanto a sé. Perciò, come preparazione a questo incontro, la sapienza della Chiesa ci fa supplicare Dio affinché ci dia un più grande desiderio di fare il bene.

Nel Vangelo di oggi ascoltiamo dalle labbra di Gesù: «Risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» (Lc 21, 28). Dio ci ha lasciato in eredità questo nostro mondo, vuole che ci dedichiamo a prenderci cura dei suoi, ci invita a seminare il bene nella nostra vita e attorno a noi. Un giorno – non sappiamo quando – il Signore ritornerà. Che gioia porteremo al cuore di Cristo quando quel giorno andremo incontro a Lui! Finché non arriva quel momento vogliamo rimanere vigilanti, perché non sappiamo né il giorno né l’ora.

Davanti a Gesù possiamo considerare la fiducia che Dio ha in noi rendendoci partecipi della sua missione. Questo Avvento può essere una buona occasione per riflettere su quei compiti che il Signore ci ha affidato e verificare come li stiamo portando avanti. Forse, insieme alla gratitudine per tante gioie, riconosceremo che abbiamo lasciato da parte certi aspetti. Oggi possiamo deciderci a ricominciare su questi punti, seguendo il consiglio che spesso dava san Josemaría: «Ricominciare? Sì, ricominciare. Io, come te, mi immagino, ricomincio ogni giorno, ogni ora, ricomincio ogni volta che faccio un atto di contrizione»[2].


«VEGLIATE IN OGNI MOMENTO pregando» (Lc 21, 36). Ci può sembrare che l’esortazione del Signore nel Vangelo di oggi abbia un tono di estrema urgenza. Ma, non è forse vero? La vita è breve, il tempo passa con grande rapidità e può succedere che, dato il ritmo frenetico con il quale spesso viviamo, restano in secondo piano alcuni aspetti centrali della nostra esistenza. Il Signore vuole stare con noi, non vuole essere dimenticato, e per questo ci chiama continuamente. L’invito a vegliare è espressione di questo amore di Dio; è un modo di tenerci svegli se fossimo un po’ spiritualmente sonnolenti o distratti in un’infinità di cose urgenti che appaiono più importanti. Gesù ci invita ad assaporare nuovamente ciò che è essenziale.

«Vegliate». Il Signore ci chiama amorevolmente a rinnovare il nostro desiderio di essere santi, a indirizzare nuovamente verso Dio tutto quello che sia necessario. E san Paolo, nella seconda lettura della Messa, ci ricorda che questa opera della nostra santità non dipende solamente dai nostri sforzi, dal nostro impegno, ma che è opera di Dio: «Il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti» (1 Ts 3, 12).

L’aiuto divino ci è stato concesso. Con ciò siamo stati arricchiti. Gesù ci chiama alla comunione e, sorprendentemente, egli stesso si offre a noi come dono per raggiungere questa nuova vita. Mentre ci prepariamo esteriormente e interiormente alla nascita del Bambino Gesù, possiamo considerare queste verità. Il Signore vuole colmarci della sua grazia: del suo amore, della sua misericordia, tenerezza, umiltà, fortezza, scienza... Questo tempo di Avvento, tempo di attesa, è una opportunità per disporci a questa grazia, per accoglierla di tutto cuore. In tal modo verrà alla luce la nostra migliore versione, il miglior io di ognuno di noi.


LA NOSTRA VITA è un meraviglioso dono di Dio. Durante l’Avvento, tempo di una grazia particolare, la Chiesa ci ricorda continuamente questa verità: Dio vale più di altre cose che asfissiano o riducono l’amore, cose che alla fine fanno male o disgustano. «In una società che spesso pensa troppo al benessere, la fede ci aiuta a elevare lo sguardo e scoprire l’autentica dimensione della propria esistenza. Se siamo portatori del Vangelo, il nostro passaggio da questa terra sarà fecondo»[3]. Elevare lo sguardo; riscoprire l’autentica dimensione della nostra vita; lasciare traccia ed essere fecondi nel nostro passaggio sulla terra. Questo può essere un buon programma per l’Avvento. Se desideriamo che si realizzi in ognuno di noi, possiamo chiederlo al Signore con le parole del Salmo: «Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri» (Sal 25, 4).

La conversione è anzitutto una grazia: è luce per vedere e forza per amare. Vogliamo guardare il volto di Dio perché ci salvi. Sappiamo che i nostri limiti non ci determinano e che, invece, il nostro sostegno è l’infinita forza di Dio. Signore, riponiamo in te la nostra fiducia. Abbiamo bisogno di dirglielo, perché Dio è molto rispettoso della nostra libertà e aspetta che lo lasciamo partecipare alla nostra vita. Se glielo chiediamo, se poi ascoltiamo le sue parole e cerchiamo di metterle in pratica, se lasciamo nelle sue mani le attività più difficili e noi ci impegniamo a compiere quelle che sono alla nostra portata, abbiamo la certezza che egli ci darà la sua luce e la sua forza.

Ben sapendo chi è nostro Signore e il suo consiglio di vegliare, vogliamo mantenere questa disposizione di amore, anche quando certe volte la stanchezza è presente nelle nostre giornate. Contiamo sulla presenza di Maria: ella seppe vivere in vigilante attesa i mesi di gestazione del Signore e saprà mantenerci svegli e pieni di gioia, ricominciando ogni volta che sia necessario, fino all’arrivo del nostro Gesù.


[1] Messale romano, I Domenica di Avvento, orazione Colletta.

[2] San Josemaría, In dialogo con il Signore, 4, 1b, p. 157.

[3] Mons. Fernando Ocáriz, articolo “Felici perché “chiamati”, Avvenire, 10-X-2018.