Meditazioni: 18 maggio, beata Guadalupe Ortiz de Landázuri

Riflessioni per meditare nella festa di Guadalupe Ortiz de Landázuri. I temi proposti sono: Guadalupe e la vita ordinaria; Ogni santo è un’impresa di Dio; La gioia di seguire il Signore.

- Guadalupe e la vita ordinaria

- Ogni santo è un’impresa di Dio

- La gioia di seguire il Signore


«La vita umana è un cammino. Verso quale meta? Come ne troviamo la strada? La vita è come un viaggio sul mare della storia, spesso oscuro e in burrasca, un viaggio nel quale scrutiamo gli astri che ci indicano la rotta. Le vere stelle della nostra vita sono le persone che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce e offrono così orientamento per la nostra traversata»[1]. Nel giorno della sua festa, guardiamo Guadalupe Ortiz de Landázuri per rallegrarci, perché ci fa vedere fino a che punto Dio desidera farci partecipi della sua santità qui in terra nella vita di ogni giorno; per questo, la sua vita costituisce una luce davvero speciale per noi.

«Guadalupe Ortiz de Landázuri è il primo fedele laico dell’Opus Dei proposto dalla Chiesa come modello di santità. In precedenza lo erano stati il fondatore, san Josemaría, e il suo primo successore, il beato Álvaro. Ciò ci ricorda in modo particolarmente vivo la chiamata a essere santi che Dio rivolge a noi tutti, come predicò san Josemaría a partire dal 1928, ed è uno degli insegnamenti principali del Concilio Vaticano II (cfr. Lumen Gentium, cap. V). È ciò che la nuova beata si impegnò a far arrivare alle persone che aveva accanto: la convinzione che l’unione con Dio è, con la grazia divina, alla portata di tutti, nella vita ordinaria»[2].

Il Signore non vuole che andiamo da soli nel sentiero che ci porta alla felicità. Perché Dio «non abbandona mai la sua Chiesa, nemmeno nei momenti di maggior oscurità, e con amore di sposo continua a suscitare in essa esempi di santità che abbelliscono il suo volto, ci riempiono di speranza e ci indicano con chiarezza la strada che dobbiamo percorrere»[3]. Da Guadalupe impariamo che la «santità comporta aprire il cuore a Dio e lasciare che ci trasformi con il suo amore»[4]. La felicità ha molto da vedere con la capacità di fare entrare il nuovo e l’impulso di Dio. Cosa c'è di più sicuro nella vita che mettere la propria vita nelle sue mani? E questo non vuol dire disinteressarsi delle cose, ma il contrario: vuol dire andare nella profondità delle persone e dei fatti perché è lì che c’è il Signore.


«Trentasettenne, dal Messico, Guadalupe spiegava in una lettera al fondatore dell’Opus Dei: “Desidero essere fedele, desidero essere utile e desidero essere santa. Ma la verità è che ancora mi manca molto. (…) Però non mi scoraggio e, con l’aiuto di Dio e il sostegno suo e di tutti, spero che riuscirò a vincere” (Lettera, 1-II-1954). Questa breve nota, “Desidero essere santa”, è la sfida che Guadalupe accolse nella sua vita e che la riempì di felicità. Per vincerla non dovette fare cose straordinarie. Agli occhi di chi la conobbe era una persona normale: si preoccupava della sua famiglia, andava di qua e di là, passava da un’attività alla successiva, cercava di correggere un po’ alla volta i suoi difetti. In quelle battaglie, che sembrano piccole, Dio compie grandi imprese. Le vuole realizzare anche nella vita di ognuno di noi»[5].

San Paolo dice ai Corinti: «Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia. Del resto Dio ha potere di far abbondare in voi ogni grazia perché, avendo sempre il necessario in tutto, possiate compiere generosamente tutte le opere di bene» (2 Cor 9, 7-8). Considerando la vita di Guadalupe, quanto appare attraente la sua determinazione a compiere i suggerimenti del Signore, la sua forza nel dedicarsi agli altri, il suo ottimismo soprannaturale. Quell’immensa gioia sgorgava da un cuore innamorato e in costante veglia.

«Le imprese di Dio non hanno avuto termine; il suo potere continua a manifestarsi nella storia. A san Josemaría piaceva ricordare, con le parole del profeta Isaia: “Non est abbreviata manus Domini” (Is 59, 1): “La mano di Dio non si è accorciata: oggi Dio non è meno potente che in altri tempi” (È Gesù che passa, n. 130). Il Signore stesso si manifesta ancora in tanti modi; anche attraverso i santi. Ogni santo è un’impresa di Dio; un modo di rendersi presente nel nostro mondo; è «il volto più bello della Chiesa» (Gaudete et exultate, n. 9)»[6] che pure noi siamo chiamati a manifestare nella nostra vita.


«Guadalupe era sempre contenta perché si faceva guidare da Gesù e lasciò che fosse Lui a colmare il suo cuore. Dal momento in cui vide che Dio la chiamava a santificarsi nel cammino dell’Opus Dei, fu consapevole che quella missione non rappresentava semplicemente un nuovo progetto terreno, sia pure entusiasmante. Si rese conto che era un fatto soprannaturale, preparato da Dio proprio per lei da sempre. Facendosi guidare da questa certezza di fede, ottenne da Dio una fecondità che non avrebbe potuto nemmeno immaginare e una felicità — il cento per uno promesso da Gesù ai suoi discepoli — che ritroviamo anche nelle sue lettere (…).

Cercare in tutto i propri gusti e la propria comodità potrebbe sembrare la chiave per essere sempre contenti. E invece no. Gesù Cristo ci addita che chi vuol essere il primo dev’essere il servo di tutti (cfr. Mc 9, 35); che Lui stesso è venuto sulla terra per servire (cfr. Mt 20, 28); e ha insistito, in un’altra occasione, che il suo posto tra gli uomini è quello di “colui che serve” (Lc 22, 27). E nell’Ultima Cena si inginocchiò davanti ai suoi apostoli e lavò i piedi a ognuno, dicendo poi: “Anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. (…). Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica” (Gv 13, 14-17). Guadalupe è potuta arrivare a quella gioia che traspare dai suoi scritti e dalla sua vita, anche perché ogni mattina, quando si svegliava, la sua prima parola, rivolta al Signore, era: Serviam! Servirò! Ed era un proposito che voleva vivere in ogni momento della giornata. La gioia di Guadalupe risiedeva nell’unione con Cristo, che le faceva dimenticare sé stessa, per comprendere ogni persona»[7].

Anche noi vogliamo seguire così il Signore. Guadalupe va da un lato all’altro, da una occupazione a un’altra, con decisione, come se ogni volta sentisse, nel fondo della sua anima, quel seguimi della vocazione. «Quando, grazie alla fede, scopriamo la grandezza della volontà di Dio, “riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in essa c’è una grande promessa di pienezza e si apre a noi lo sguardo del futuro” (Lumen fidei, n. 4). Guadalupe, ricordando il suo primo incontro con san Josemaría, scrisse: “Ho avuto la chiara sensazione che Dio mi parlava attraverso quel sacerdote. (…). Sentii una grande fede, come un forte riflesso della sua”. Chiediamo al Signore, attraverso l’intercessione di Guadalupe, che ci dia e ci perfezioni quegli occhi nuovi che dà la fede, per poter guardare al nostro futuro come lo vede Lui»[8].


[1] Benedetto XVI, Spe Salvi, n. 49.

[2] Mons. Fernando Ocáriz, Omelia, 19-V-2019.

[3] Francesco, Lettera a mons. Fernando Ocáriz, 12-IV-2019.

[4] Ibidem.

[5] Mons. Fernando Ocáriz, Omelia, 19-V-2019.

[6] Ibidem.

[7] Mons. Fernando Ocáriz, Omelia, 21-V-2019.

[8] Ibidem.