Meditazioni: Mercoledì della 5ª settimana di Pasqua

Riflessioni per meditare il mercoledì della quinta settimana di Pasqua. I temi proposti sono: Rimanere vicino a Gesù con la preghiera; La sua parola ci trasforma; I frutti dello stare uniti alla vite.

Rimanere vicino a Gesù con la preghiera La sua parola ci trasforma I frutti dello stare uniti alla vite


Rimanere vicino a Gesù con la preghiera

In questi giorni, tra Pasqua e Pentecoste, la liturgia ci presenta molte parole che, a suo tempo, gli apostoli non compresero in tutta la loro profondità, perché ancora non era stato loro inviato il Paraclito. Addentriamoci, per esempio, nel paragone tra la vite e i tralci: «Come il tralcio non può portare frutto da se stesso, se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me» (Gv 15, 4).

«Gesù è la vite, e attraverso di Lui, come la linfa nell’albero, passa ai tralci l’amore stesso di Dio, lo Spirito Santo [...]. I tralci non sono autosufficienti, ma dipendono totalmente dalla vite, in cui si trova la sorgente della loro vita. Così è per noi cristiani. Innestati con il Battesimo in Cristo, abbiamo ricevuto da Lui gratuitamente il dono della vita nuova; e possiamo restare in comunione vitale con Cristo. Occorre mantenersi fedeli al Battesimo, e crescere nell’amicizia con il Signore mediante la preghiera, la preghiera di tutti i giorni, l’ascolto e la docilità alla sua Parola - leggere il Vangelo -, la partecipazione ai Sacramenti, specialmente all’Eucaristia e alla Riconciliazione»[1].

L’orazione mentale, in cui si cerca di uscire dall’anonimato per costituire una relazione intima e personale con Gesù, è irrinunciabile per trarre alimento dalla vite. Che bisogno abbiamo di quei minuti di silenzio, di solitudine, di guardare senza fretta Gesù sia nel Tabernacolo che nella profondità del cuore, nel luogo in cui ci troviamo. «Seguire Cristo: questo è il segreto. Accompagnarlo così da vicino, da vivere con Lui, come i primi dodici; così da vicino, da poterci identificare con Lui [...]. Il Signore si riflette nella nostra condotta, come in uno specchio. Se lo specchio è quale deve essere, accoglierà il volto amabilissimo del nostro Salvatore senza sfigurarlo, senza caricature: e gli altri avranno la possibilità di ammirarlo, di seguirlo»[2].

La sua parola ci trasforma

«Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi» (Gv 15, 4). Il dialogo personale con Cristo gli permette di entrare nella situazione personale in cui ciascuno si trova e di illuminare il nostro mondo. «Attraverso la preghiera, la Parola di Dio viene ad abitare in noi e noi abitiamo in essa. La Parola ispira buoni propositi e sostiene l’azione; ci dà forza, ci dà serenità, e anche quando ci mette in crisi ci dà pace. Nelle giornate “storte” e confuse, assicura al cuore un nucleo di fiducia e di amore che lo protegge dagli attacchi del maligno»[3].

Abbiamo bisogno che le parole del Signore ci consolino, accendano in noi la convinzione di essere suoi tralci. Ci aiuta tanto che, pur in mezzo alle difficoltà, la sua presenza può colmare di sicurezza la nostra anima. Inoltre vogliamo condividere con Gesù le buone notizie, elevando lo sguardo al cielo con una disposizione di gratitudine. «Le difficoltà, le contrarietà – diceva san Josemaría – scompaiono quando ci avviciniamo a Dio nella preghiera. Parleremo con Gesù con umiltà e franchezza, tenendo presente che egli tratta con semplicità ed è degno di fiducia; subito si farà luce e arriverà la pace, la serenità e la gioia»[4].

«La Parola di Dio, impregnata di Spirito Santo, quando è accolta con un cuore aperto, non lascia le cose come erano prima, ma modifica sempre qualcosa. Questa è la grazia e la forza della Parola di Dio»[5]. Custodire le parole di Cristo significa conservarle nel cuore, farle proprie e fare in modo che un po’ per volta trasformino la nostra esistenza. In sostanza, ci vanno potando affinché generiamo nuova vita, come dice il Signore: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore [...]. Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto» (Gv 15, 1-2).

I frutti dello stare uniti alla vite

Il Signore continua il suo discorso. Vuole che custodiamo le sue parole, vuole che dalla nostra unione con lui spuntino tanti frutti. «Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli» (Gv 15, 7-8). «Rimanendo uniti a Cristo – dice sant’Agostino –, che altro possono volere se non ciò che è conforme a Cristo? [...]. Rimanendo in lui e trattenendo in noi le sue parole, chiederemo tutto quello che vorremo e tutto ci sarà concesso. Infatti, se non otteniamo quello che chiediamo è perché non chiediamo quello che è sempre presente in lui né quello che è contenuto nelle sue parole»[6].

Chi rimane unito alla vite, chi chiede con certezza, chi sogna conservando nell’anima ogni gesto del Salvatore, si trasforma in una persona dalla quale emana la vita di Dio. Nella vita interiore i frutti “spuntano” in un modo diverso dal naturale, perché si misurano attraverso l’amore. La fede ci porta più in là di dove avremmo pensato, ci porta a vivere una vita divina. Quale frutto più grande potremmo desiderare? Se Dio vuole, forse constateremo che lo stesso succede in altre persone, in nuovi tralci, quando egli vorrà. Diceva san Josemaría: «Dovete essere – vi ripeto – collirio e fortezza per gli altri, dovete essere consapevoli che il Signore ha detto: sine me, nihil potestis facere – senza di me non potete far nulla –. Però, con lui, siamo onnipotenti e diciamo con l’apostolo: omnia possum in eo qui me confortat – tutto posso in colui che mi dà forza –»[7].

In realtà tutti «i frutti di questa unione profonda con Gesù sono meravigliosi: tutta la nostra persona viene trasformata dalla grazia dello Spirito: anima, intelligenza, volontà, affetti, e anche il corpo, perché noi siamo unità di spirito e corpo. Riceviamo un nuovo modo di essere, la vita di Cristo diventa nostra: possiamo pensare come Lui, agire come Lui, vedere il mondo e le cose con gli occhi di Gesù. Di conseguenza, possiamo amare i nostri fratelli, a partire dai più poveri e sofferenti, come ha fatto Lui, e amarli con il suo cuore e portare così nel mondo frutti di bontà, di carità e di pace»[8]. Come Santa Maria, che conservava le parole del Signore nel suo cuore, vogliamo che rimangano anche nel nostro.


[1] Papa Francesco, Regina Coeli, 3-V-2015.

[2] San Josemaría, Amici di Dio, n. 299.

[3] Papa Francesco, Udienza, 27-I-2021.

[4] San Josemaría, Cartas 2, 54b.

[5]Ibid.

[6] Sant’Agostino, In Ioannis Evangelium tractatus, 81, 4.

[7] San Josemaría, Cartas 27, n. 17.

[8] Papa Francesco, Regina Coeli, 3-V-2015.