​Meditazioni: domenica della 5ª settimana di Pasqua

Riflessione per meditare la domenica della quinta settimana di Pasqua. I temi proposti sono: Uniti alla vite, che è Cristo; Per dare più frutto; Siamo tutti tralci della stessa vite.

Uniti alla vite, che è Cristo Per dare più frutto Siamo tutti tralci della stessa vite


Uniti alla vite, che è Cristo

I lavori campestri sono ben conosciuti da quelli che ascoltano Gesù. Le vigne hanno svolto un ruolo importante nella storia del popolo di Israele, anche nei testi sacri. Per questo Cristo si concentra in uno dei suoi elementi e lo applica alla relazione degli apostoli con lui. «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore [...]. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me» (Gv 14, 1.4).

«Cristo stesso, incarnandosi, è venuto in questo mondo per essere il nostro fondamento. Per qualunque necessità e per qualunque aridità egli è la sorgente di acqua viva, che ci nutre e fortifica. Egli in persona prende su di sé il peccato, la paura e la sofferenza e, in sostanza, ci purifica e trasforma misteriosamente in tralci buoni che danno vino buono. In quei momenti di necessità ci sentiamo a volte schiacciati sotto una pressa, come i grappoli di uva che sono completamente spremuti. Però sappiamo che, uniti a Cristo, ci trasformiamo in vino d’annata. Dio sa trasformare in amore anche le cose difficoltose e opprimenti della nostra vita. L’importante è che “rimaniamo” nella vite, in Cristo»[1].

Vivere uniti a Cristo è la chiave della felicità. E l’unità è frutto dell’affetto; perciò le persone che si vogliono bene finiscono col vivere in sintonia di idee, di volontà, di affetti. Finiscono col condividere a tal punto le cose proprie che quelle dell’altro mi interessano come se fossero mie. Lasciare che questa affinità metta radici nel nostro rapporto con Gesù è sorgente di gioia e di sicurezza. Possiamo vivere uniti a lui attraverso il dialogo dell’orazione; possiamo crescere in questa identificazione con Cristo attraverso la grazia che ci viene data nei sacramenti.

Può darsi che stiamo attraversando un periodo in cui c’è poco entusiasmo, nel quale sembra che ci sia meno luce. Si ripetono i giorni in cui tutto costa di più. Arriva, allora, il momento di ricordare che è il Signore che dà la vita, i fiori e i frutti. Di solito le piante si potano alla fine dell’inverno, in preparazione all’arrivo della primavera. «Non hai sentito dalle labbra del Maestro la parabola della vite e dei tralci? – si domanda san Josemaría –. Consolati: esige molto da te, proprio perché sei tralcio che dà frutto... E ti pota, ut fructum plus afferas – perché tu dia frutto più abbondante. Certo! Quei tagli e quegli strappi fanno male. Ma, poi, quanta freschezza nei frutti, che maturità nelle opere!»[2].


Per dare più frutto

«Per portare frutto Gesù ha vissuto l’amore fino in fondo, lasciandosi spezzare dalla morte come un seme si lascia spezzare sotto terra. Proprio lì, nel punto estremo del suo abbassamento – che è anche il punto più alto dell’amore – è germogliata la speranza [...]. Sentite bene come è la trasformazione che fa la Pasqua: Gesù ha trasformato il nostro peccato in perdono, la nostra morte in risurrezione, la nostra paura in fiducia. Ecco perché lì, sulla croce, è nata e rinasce sempre la nostra speranza; ecco perché con Gesù ogni nostra oscurità può essere trasformata in luce, ogni sconfitta in vittoria, ogni delusione in speranza»[3].

Sapendo che Dio vuole guidarci e renderci migliori, vogliamo che faccia il lavoro di togliere tutto ciò che è un intralcio, di eliminare tutto ciò che è superfluo. Impariamo ad amare meglio, a confidare di più nel Signore. Dio, per prepararci alla nostra missione, conta sulla perplessità, sulle incomprensioni, sui nostri sforzi che passano inosservati. Così la nostra vita interiore acquista nuova vitalità, cresce la nostra capacità di amare come lui, con la radice nella croce. Diventiamo un po’ più generosi, a imitazione del divino slancio di Cristo.


Siamo tutti tralci della stessa vite

Che meraviglia, allora, sapere di essere tutti tralci della medesima vite. Questa realtà ci farà ammirare le virtù e i talenti degli altri, rendendo grazie a Dio perché abbellisce e riempie di frutti i nostri fratelli, i parenti e gli amici. Viviamo così, uniti a Cristo e tra noi. Se gustiamo nella nostra anima la passione per l’unità, non ci turberanno gli errori di quelli che ci stanno vicino, perché li consideriamo come un possibile percorso di crescita sia per quella persona che per noi. Non conserviamo rancori né diffidenze; vogliamo servire tutti, perché siamo tutti tralci uniti a Gesù.

Per questo l’unione con Cristo è, allo stesso tempo, unione con tutti gli altri ai quali egli si dona. Non posso avere Cristo solo per me. «I tralci non hanno vita propria: vivono soltanto se rimangono uniti alla vite che li ha fatti nascere. La loro vita si identifica con quella della vite. Un’unica linfa scorre tra l’una e gli altri; vite e tralci danno lo stesso frutto. Tra loro vi è dunque un legame inscindibile, che ben simboleggia quello esistente tra Gesù e i suoi discepoli: “Rimanete in me e io in voi” (Gv 15, 4»[4].

Sappiamo che «il nostro amore non va confuso con il sentimentalismo, neppure con il mero cameratismo [...]. È saper convivere con il prossimo, venerare – insisto – l’immagine di Dio insita in ogni uomo, facendo in modo che anche lui la contempli, e così sappia dirigersi a Cristo»[5]. La creatura più unita a Dio, e che meglio ha riflettuto il volto di Cristo, è la Santissima Vergine, della quale ha ereditato la carne e il sangue. Ella può ricordarci che il Signore sta anche nei tralci e che, come noi, anche le nostre sorelle e i nostri fratelli nella fede stanno uniti alla vera vite.


[1] Benedetto XVI, Omelia, 22-IX-2011.

[2] San Josemaría, Cammino, n. 701.

[3] Papa Francesco, Udienza, 12-IV-2017.

[4] San Giovanni Paolo II, Udienza, 25-I-1995.

[5] San Josemaría, Amici di Dio, n. 230.