Meditazioni: Giovedì della 34a settimana del Tempo Ordinario

Riflessioni per meditare nel giovedì della 34a settimana del Tempo Ordinario. I temi proposti sono: La brevità della nostra vita; Dio ci accompagnerà alla fine del cammino; L’urgenza di fare felici gli altri.

- La brevità della nostra vita

- Dio ci accompagnerà alla fine del cammino

- L’urgenza di fare felici gli altri


PENSARE ALLA BREVITÀ DELLA VITA e riflettere che il nostro passaggio sulla terra ha una fine può causarci qualche timore. «Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina [...]. Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti» (Lc 21, 20-25), dice oggi Gesù nel discorso escatologico che la Chiesa ci presenta nella liturgia. In realtà, pochi anni dopo, vedendo che gli eserciti circondavano la città, alcuni cristiani che ricordavano le parole del Signore effettivamente fuggirono in Transgiordania[1].

Comunque, gli apostoli avevano vissuto un’occasione simile a quella che descrive Gesù, con un mare agitato e grandi ondate. Se ne ricordavano molto bene. Quella volta si trovavano sopra una barca e tutto sembrava indicare che sarebbero morti affogati nella tempesta. Allora il Signore si era alzato, aveva calmato le acque e rasserenato i loro animi. «“Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli affondiamo. Abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai»[2].

San Josemaría contemplava con grande fermezza le realtà ultime che la Chiesa ci propone di considerare in questi giorni. Ad alcune persone «la morte le blocca e le atterrisce. A noi la morte – la Vita – dà coraggio e impulso. Per loro è la fine; per noi il principio»[3].


IN MOLTE TOMBE ANTICHE la figura di Cristo è rappresentata mediante l’immagine del buon pastore. Nell’arte romana «il pastore era in genere l’espressione del sogno di una vita serena e semplice, di cui la gente nella confusione della grande città aveva nostalgia. Ora l'immagine veniva letta all'interno di uno scenario nuovo che le conferiva un contenuto più profondo: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla... Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me...” Il vero pastore è Colui che conosce anche la via che passa per la valle della morte; Colui che anche sulla strada dell'ultima solitudine, nella quale nessuno può accompagnarmi, cammina con me guidandomi per attraversarla: Egli stesso ha percorso questa strada, è disceso nel regno della morte, l'ha vinta ed è tornato per accompagnare noi ora e darci la certezza che, insieme con Lui, un passaggio lo si trova. La consapevolezza che esiste Colui che anche nella morte mi accompagna e con il suo “bastone e il suo vincastro mi dà sicurezza”, cosicché “non devo temere alcun male”, era questa la nuova speranza che sorgeva sopra la vita dei credenti»[4].

Arriverà il momento, quando Dio vorrà e come Dio vorrà, nel quale in Signore ci chiamerà alla sua presenza. La Chiesa pone sulle labbra del sacerdote che assiste un moribondo alcune parole speciali per quei momenti: «Entra nel luogo della pace e la tua dimora sia accanto a Dio [...], con la Vergine Santa Maria, Madre di Dio, con san Giuseppe e tutti gli angeli e i santi [...]. Ti consegno a Dio e, come creatura sua, ti metto nelle sue mani, perché è il tuo Creatore, che ti ha formato dalla polvere della terra»[5]. Tenere presente che lasceremo questo mondo senza nulla ci può aiutare a vivere con maggiore leggerezza per muoverci al ritmo di Dio. Che cosa è realmente importante? Che cosa devo custodire nel cuore perché, quando arriverà il momento, varchi la soglia della vita terrena verso l’eternità senza affanni? Sappiamo bene che solo l’amore è destinato a durare per sempre. Diventiamo eterni se ci doniamo ogni giorno, in ogni cosa che facciamo.


SAPERE CHE IL NOSTRO TEMPO è limitato ravviva il senso di missione che ha la nostra vita di battezzati. Ci spinge a utilizzare ogni giorno come se fosse l’ultimo. Quale aspirazione è più grande che portare la felicità eterna a quelli che stanno attorno a noi? Lo faremo gradualmente, uno per uno, pensando alla situazione di ogni persona, cercando di capire quali passi vuole fare Dio nel suo cuore..., ma con la fretta dovuta al sapere che ogni momento è unico, che il tempo ci vola via tra le mani. «Se il Signore ti ha chiamato “amico”, devi rispondere alla chiamata, devi camminare a passo rapido, con l’urgenza necessaria, al passo di Dio!»[6].

«L’amicizia moltiplica le gioie e consola nelle pene; l’amicizia del cristiano desidera la felicità più grande per coloro che ha accanto: la relazione con Cristo. Chiediamo, come faceva san Josemaría: “Dacci, Gesù, un cuore a misura del tuo!”. Questa è la via. Soltanto se ci identifichiamo con i sentimenti di Cristo – abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (Fil 2, 5) – potremo portare, grazie alla nostra amicizia, questa gioia piena nella nostra casa, nel nostro lavoro e ovunque stiamo»[7].

Identificarsi con i sentimenti del Signore, senza paura della morte perché ci porta in cielo, e con la preoccupazione di portare verso questa felicità le persone che amiamo, potrebbe essere una buona sintesi della vita cristiana su questa terra. Vogliamo arrivare alla presenza di Dio circondati dai nostri familiari e dagli amici, per condividere la vita con Gesù e con Maria per tutta l’eternità.


[1] Cfr. Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, 3, 5.

[2] Papa Francesco, Un momento straordinario di preghiera in tempo di pandemia, 27-III-2020.

[3] San Josemaría, Cammino, n. 738.

[4] Benedetto XVI, Spe salvi, n. 6.

[5] Rito dell’Unzione degli Infermi e della loro cura pastorale.

[6] San Josemaría, Solco, n. 629.

[7] Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 1-XI-2019, n . 23.