Meditazioni: 2 ottobre, fondazione dell'Opus Dei

Riflessioni per meditare il 2 ottobre, fondazione dell’Opus Dei. I temi proposti sono: L’Opus Dei è stata voluta da Dio; Contemplativi in mezzo al mondo; Collaborare a una iniziativa divina.

- L’Opus Dei è stato voluto da Dio

- Contemplativi in mezzo al mondo

- Collaborare a una iniziativa divina


FRA IL 30 SETTEMBRE E IL 6 OTTOBRE 1928 i padri paoli organizzarono a Madrid un ritiro spirituale per sacerdoti diocesani. In quelle giornate si inserì Josemaría Escrivá, un giovane sacerdote di ventisei anni, visto che aveva alcuni giorni liberi. Solo Dio sapeva che, durante quella attività, dopo aver celebrato la Messa nella mattina del martedì 2 ottobre, quel sacerdote avrebbe ricevuto la missione divina di introdurre l’Opus Dei nel mondo; san Josemaría, nel riesaminare alcuni appunti che aveva man mano preso da alcuni anni, capisce per la prima volta che è chiamato a essere padre di molti figli e di molte figlie nell’Opera, tutti con la missione di portare il Vangelo nel proprio ambiente di lavoro. «Siamo una iniezione intravenosa, messa nel torrente circolatorio della società»[1], spiegherà eloquentemente poco tempo dopo. Infatti quelli che vivono dello spirito dell’Opus Dei, essendo il sangue stesso che circola nel mondo, sono impegnati a dare la vita di Dio al grande corpo formato dagli uomini e dalle donne del loro ambiente.

«Nelle mie conversazioni con voi – scriveva san Josemaría nel 1934 alle poche persone che allora facevano parte dell’Opus Dei – ripetute volte ho messo in evidenza che l’impresa, che stiamo portando avanti, non è un’impresa umana, ma una grande impresa soprannaturale, che è cominciata compiendosi in essa alla lettera quanto occorre perché la si possa chiamare senza millanteria l’Opera di Dio»[2]. E, più avanti, riassumeva lo stesso concetto in poche parole: «L’Opera di Dio non l’ha immaginata un uomo»[3]. Basterebbe ripassare la storia dell’Opus Dei – anche quella di ogni persona dell’Opus Dei – per essere testimoni che questa mobilitazione di cristiani, questo impulso di bene e di santità che questa famiglia stimola nei posti più diversi e in ogni parte del mondo, può essere possibile solo in compagnia del Signore. Dio è stato sempre presente in una maniera palpabile. La Chiesa ha riconosciuto ufficialmente, in vari momenti, che l’opera esiste «per ispirazione divina»[4], e che «secondo il dono dello Spirito ricevuto da san Josemaría Escrivá de Balaguer, la Prelatura dell’Opus Dei, sotto la guida del suo Prelato, porta avanti l’attività di diffondere la chiamata alla santità nel mondo»[5].


«FIN DAL 1928 ho compreso con chiarezza che Dio desidera che i cristiani prendano esempio dalla vita del Signore tutta intera – diceva san Josemaría quasi quarant’anni dopo quella data fondazionale -. Da allora ho capito appieno la sua vita nascosta, la sua vita di umile lavoro in mezzo agli uomini [...]. Il mio sogno – un sogno che è divenuto realtà – è che vi sia una moltitudine di figli di Dio che si santificano vivendo la condizione comune dei loro simili, condividendone le ansie, le aspirazioni, gli sforzi»[6]. L’Opus Dei è stata voluta da Dio per offrirci un cammino concreto di santità in mezzo alle attività quotidiane: nel lavoro e nel riposo, con la famiglia e con gli amici, nei momenti di gioia e nei momenti di dolore. San Josemaría ci ricorda che non possiamo dividerci interiormente; che non viviamo, per un verso, la nostra vita spirituale, con certi momenti riservati ad essa; e per un altro verso, consideriamo tutte le attività rimanenti come se avessero poco a vedere con Dio. Proclamare la chiamata universale alla santità comporta l’annuncio all’unità di vita, lasciandoci amare da Dio in ogni momento della nostra giornata, senza escludere nessuno. Allora saremo apostoli capaci di scoprire un significato di missione in tutto quello che facciamo.

«Vi ho ripetuto, con ostinata insistenza, che la vocazione cristiana consiste nel trasformare in endecasillabi la prosa quotidiana – diceva san Josemaría l’8 ottobre 1967, durante l’omelia nel campus dell’Università di Navarra -. Il cielo e la terra, figli miei, sembra che si uniscano laggiù, sulla linea dell’orizzonte. E invece no, è nei vostri cuori che si fondono davvero, quando vivete santamente la vita ordinaria»[7]. Certamente, lasciarci accompagnare da Dio in ogni cosa che facciamo ed essere convinti che il cielo è dentro di noi, non è qualcosa che accade dalla sera alla mattina. Per questo san Josemaría ci ha trasmesso un cammino, che è impregnato della ricchissima tradizione della Chiesa Cattolica e che si concreta in alcune pratiche di pietà che si adeguano alla situazione di ogni persona, vissute con la serenità e la fiducia di figli di Dio. L’obiettivo è lasciarsi riempire di Dio fino a essere, come piaceva dire al fondatore dell’Opus Dei per esprimere la radicalità di questa via, «santi canonizzabili» o «santi da altare», che provano una vita contemplativa in mezzo al mondo e che illuminano l’ambiente in cui vivono con la luce del Vangelo.


SAN JOSEMARÍA, IN un testo nel quale spiega dettagliatamente che quella luce del 2 ottobre 1928 fu veramente una luce di Dio, termina confessando con vivacità che vorrebbe che le persone chiamate all’Opus Dei tenessero sempre presente - «marchiate a fuoco» - tre cose: primo, che «l’Opera di Dio viene a compiere la Volontà di Dio. Siate profondamente convinti che il cielo è impegnato ad adempierla»[8]. Secondo, che «quando Dio Nostro Signore progetta un’opera a favore degli uomini pensa prima di tutto alle persone da utilizzare come strumenti... e trasmette loro le grazie convenienti»[9]. Terzo, che «la convinzione soprannaturale della divinità dell’impresa finirà col darvi un entusiasmo e un amore così intensi per l’Opera, che vi sentirete felicissimi di sacrificarvi perché si realizzi»[10].

In altre parole, è Dio che fa l’Opera; pertanto, se vogliamo far vivere lo spirito che ha trasmesso a san Josemaría, non ci mancherà il suo aiuto, né ci mancherà nel cuore la «dolce e confortante gioia di evangelizzare»[11]. L’Opus Dei, come dice il suo stesso nome, è opera di Dio, non opera nostra; e questo darà la serenità di sapere che, benché il Signore si avvalga della nostra collaborazione, è lui che in realtà tiene le redini di questa famiglia, è lui che sa che cosa conviene fare in ogni momento storico, è lui che accende il fuoco della chiamata divina in chi egli vuole. Quando rifletteva sul modo in cui Dio ci invita a condividere con lui la sua missione salvifica, a san Josemaría piaceva pensare a quei forti pescatori che permettono ai bambini di mettere le mani nelle reti, anche se loro non hanno la forza sufficiente[12]. Da questa convinzione di chi sa di essere nelle mani del Signore nasce l’autentico «gaudium cum pace», la gioia e la pace. Perciò, ricordando il 2 ottobre 1928, san Josemaría scriveva chiaramente che quel giorno «il Signore fondò la sua Opera»[13].

Il prelato dell’Opus Dei ci ricordava le parole del fondatore: «Se vogliamo essere di più, dobbiamo essere migliori»[14]. San Josemaría voleva che i suoi figli, cristiani normali che lavorano per fare di questo mondo una casa migliore, si distinguessero solamente per il loro «bonus odor Christi», per il loro profumo di Cristo; è questa attrazione divina, inizio di ogni apostolato, che muoverà la gente verso la felicità autentica. Santa Maria, Regina Operis Dei, che è sempre stata tanto vicina all’Opera, intercede sempre per noi, insieme a san Josemaría e a tanti santi che hanno incarnato questo spirito voluto da Dio per il mondo.


[1] San Josemaría, Instrucción acerca del espíritu sobrenatural de la obra de Dios, n. 42.

[2] Ibid, n. 1.

[3] Ibid, n. 6.

[4] Ut sit, Introduzione.

[5] Ad charisma tuendum, Introduzione.

[6] San Josemaría, È Gesù che passa, n. 20.

[7] San Josemaría, Colloqui, 116.

[8] San Josemaría, Instrucción acerca del espíritu sobrenatural de la Obra de Dios, n. 47.

[9] Ibid., n. 48.

[10] Ibid, n. 49.

[11] Papa Francesco, Evangelii Gaudium, n. 10.

[12] Cfr. san Josemaría, Amici di Dio, n. 14.

[13] San Josemaría, Apuntes íntimos, n. 306. Citato in El fundador del Opus Dei, tomo I, p. 302.

[14] Mons. Fernando Ocáriz, Lettera pastorale, 14-II-2017, n. 9.