Tre anni con "Il Codice da Vinci"

Quale è stata la risposta dell'Ufficio Informazioni dell'Opus Dei a "Il Codice da Vinci"? Offriamo il testo di una comunicazione presentata ad un convegno di giornalisti, sintesi del Piano di Comunicazione iniziato 3 anni fa.

INTRODUZIONE

Nell’Ufficio stampa dell’Opus Dei a New York abbiamo sentito parlare per la prima volta del DVC (Codice Da Vinci) solo poche settimane prima della pubblicazione, grazie a un articolo su Publishers Weekly. Brian Finnerty mise in guardia un collega sulle premesse stravaganti del romanzo: la Chiesa ha sempre nascosto l’esistenza dei supposti discendenti di Cristo e Maria Maddalena, e un monaco albino dell’Opus Dei percorre il mondo per assassinare quelli che cercano il Santo Graal. La risposta del collega è stata: “Brian, non ti preoccupare; è talmente assurdo che nessuno lo comprerà”.

La previsione, naturalmente, non è risultata esatta. Dal giorno della sua pubblicazione nel 2003 a cura di Doubleday, il DVC è diventato uno dei romanzi più venduti di tutti i tempi. Un indubbio successo di vendite, sia pure accompagnato da una critica letteraria negativa.

Il 17 maggio il film verrà proiettato a Cannes in prima visione assoluta. Prodotto e distribuito da Sony Pictures, sta per essere lanciato con un preventivo di marketing fra i più grandi della storia del cinema: 40 milioni di dollari solo per il mercato statunitense, secondo quanto indicato dal Wall Street Journal. Sulla prima pagina del Newsweek questo film è stato presentato come “l’evento del 2006”.

Forse la caratteristica fondamentale del DVC è che mescola immaginazione e realtà in modo irresponsabile. Il romanzo comincia con una pagina di “Fatti”, che include una affermazione falsa: “Tutte le descrizioni di opere d’arte, architettura, documenti e rituali segreti sono esatte”. Il cristianesimo e la Chiesa Cattolica sono impropriamente descritti come una invenzione, nel quarto secolo, dell’imperatore romano Costantino. Il romanzo presenta anche una grottesca caricatura dell’Opus Dei, personificato in Silas, il monaco albino criminale. Come ha scritto Amy Welborn, in realtà il “DVC è un confuso miscuglio di errori risibili e di serie falsità”.

Il fenomeno DVC pone questioni che vanno oltre il caso concreto e che sarebbe interessante discutere in questo Seminario. Fino a che punto l’industria dell’intrattenimento ha la responsabilità di essere sensibile e onesta nel presentare i vari gruppi religiosi, etnici e sociali? Come può rispondere l’offeso, come può difendere i suoi legittimi diritti, pur rispettando la libertà di espressione e la libertà di mercato?

I cattolici e gli altri cristiani hanno espresso in molte maniere le loro preoccupazioni relative al romanzo. Soltanto a titolo di esempio:

·   Particolarmente significativo è stato il lancio del website “Jesus Decoded”, istituito dalla Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti, insieme con un documentario dello stesso nome. Anche altre conferenze episcopali hanno diffuso chiare risposte al libro; per esempio, quelle del Messico, della Polonia e del Brasile.

·   Un gruppo di cattolici degli Stati Uniti ha creato una iniziativa chiamata “Da Vinci Outreach” (www.davincioutreach.com), che a sua volta ha dato origine a “The Da Vinci Deception”, un conciso ma eccellente libro di domande e risposte.

·   Il DVC ha dato anche lo spunto per altri libri come “De-Coding Da Vinci”, di Amy Welborn, o “The Da Vinci Hoax”, di Carl Olson. Lo stesso si può dire di documentari come, per esempio, “Solving 2000 Year Old Mystery” di Grizzly Adams Productions. Sono numerosi i libri e i saggi pubblicati in altri Paesi.

Quando arriverà il momento, sarà interessante studiare tutte queste risposte, anche dal punto di vista della comunicazione. In questo saggiosi riassume soltanto il lavoro degli Uffici di Informazione dell’Opus Dei, soprattutto a Roma e a New York.

PROGRAMMA DI COMUNICAZIONE Cronologia

1. Il romanzo

All’inizio del 2003, per dir così, ci troviamo “tra le mani” il romanzo già pubblicato, senza aver mai sentito parlare di uno scrittore chiamato Dan Brown. La reazione iniziale fu quella di ignorare il libro per quanto possibile: rispondere alle domande che ci venivano fatte, ma evitare una reazione eccessiva che provocasse una ulteriore attenzione da parte dell’opinione pubblica.

Nel settembre del 2003, dopo aver ricevuto numerose richieste di informazioni, è stata pubblicata una dichiarazione nel sito web www.opusdei.org, in cui si affermava che il DVC era un’opera di fantasia e non una fonte affidabile. Lì in seguito è stato inserito altro materiale informativo per dare risposta alle numerose domande che ci arrivavano.

Fin da principio abbiamo tenuto un atteggiamento di disponibilità ad informare, come dimostra, per esempio, il libro del vaticanista statunitense John L. Allen interamente dedicato all’Opus Dei.

 2. Il film

Il film era un evento futuro, annunciato dalla notizia che Sony Pictures aveva acquistato i diritti del romanzo. Pertanto abbiamo potuto giocare d’anticipo; non abbiamo voluto aspettare passivamente e abbiamo deciso di prendere l’iniziativa. In questa tappa si possono distinguere due fasi:

·   Fase A (anni 2004-2005): in questo periodo si è cercato di evitare ogni tipo di polemica, perché, come è ben noto, a Hollywood le controversie generano altre controversie. È stato tentato un dialogo diretto con la casa di produzione, alla quale sono state inviate tre lettere: nella prima, del gennaio 2004, il vicario dell’Opus Dei negli Stati Uniti, Father Thomas Bohlin, deplorava il trattamento riservato alla Chiesa, chiedeva che non si usasse il nome dell’Opus Dei e sollecitava un colloquio con la presidentessa della divisione cinematografica della compagnia, Amy Pascal. Dopo un certo tempo, nello stesso anno 2004, Miss Pascal ha risposto con una lettera amabile ma vaga. Non è stato mai possibile ottenere un incontro con lei, né con nessuno di quelli coinvolti nel film. Sony non ha mai dato risposta alle richieste di informazioni. Solo attraverso i giornali abbiamo saputo che aveva deciso di andare avanti, adeguandosi alla falsa e ingiusta presentazione della Chiesa Cattolica e dell’Opus Dei.

·   Fase B (2006): questa fase, nella quale ancora ci troviamo, è cominciata il 26 dicembre 2005 con una dichiarazione di Ron Howard su Newsweek, nella quale affermava la completa fedeltà al libro e diceva espressamente che l’Opus Dei sarebbe stata inserita nel film. Questa notizia comportava un cambiamento di scenario. A quel punto era necessario esporre all’opinione pubblica il nostro punto di vista. Per questo motivo il 10 gennaio 2006 si è tenuta a Roma una riunione con i responsabili degli uffici di informazione di New York, Londra, Parigi, Madrid, Colonia, Lagos e Montreal. In questa riunione sono stati esaminati molti dei suggerimenti ricevuti, anche da parte di esperti della comunicazione, giornalisti e altri colleghi. Una volta approvato, il programma sarebbe stato coordinato dal Dipartimento di Comunicazione di Roma. Possiamo confermare che in quella riunione – come ha pubblicato Time – è stato effettivamente ricordato il detto americano “trasformare i limoni in limonata”.

Qui di seguito si descrivono gli elementi fondamentali di questo programma.

Diagnosi

1. Durante la riunione di Roma sono state individuate alcune caratteristiche di questo caso, dal punto di vista della comunicazione:

a. Il romanzo e il film riguardano soprattutto i cristiani, più specificamente i cattolici, e in modo secondario l’Opus Dei.

b. Entrambi sono prodotti negativi per il cristianesimo. In tal senso, possono essere considerati un caso di comunicazione di crisi (pur trattandosi di un tipo particolare di crisi).

c. Il romanzo e il film sono fenomeni di comunicazione, nel campo della fiction, con una forte dimensione di marketing.

d. Al momento della diagnosi, il libro e il film erano già fenomeni di ambito globale, non solo americano.

2. Di conseguenza, il programma di lavoro doveva attenersi a queste caratteristiche: una risposta professionale, di natura comunicativa, di ambito globale, dai contenuti cristiani e focalizzata positivamente, capace di neutralizzare gli effetti negativi. Delle tre possibilità (la via del silenzio, la via giudiziaria, la via della comunicazione), si è scelta la terza. La risposta sarebbe stata sempre educata e amabile. Lo stile e il linguaggio non sono questioni secondarie.

Obiettivi

I principali obiettivi del programma erano due:

1. Approfittare dell’occasione per informare ampiamente sulla realtà di Cristo, della Chiesa e, in questo contesto, dell’Opus Dei: “fare limonata” significa utilizzare il “momento di esposizione” per stimolare l’accesso alle fonti affidabili e alla lettura del Vangelo. Insieme a questo era necessario compiere uno sforzo informativo per dimostrare che l’Opus Dei “reale” non ha niente a che vedere con quello che presenta il romanzo. Né monaci, né assassini, né masochismo, né misoginia, ma cattolici normali, con virtù e difetti come tutti, che si sforzano di “vivere il Vangelo nel mondo”, secondo una frase di Giovanni Paolo II.

2. Chiedere rispettosamente a Sony che con una libera decisione, non per pressioni o minacce, evitasse di offendere i cristiani. Dirgli pubblicamente ciò che non era stato possibile dire loro in privato. Ricordare che si può difendere allo stesso tempo la libertà di espressione e il rispetto. Nessuno voleva parlare di censure né proferire minacce. Volevamo invece far notare a Sony che aveva l’opportunità di contribuire alla concordia con un gesto di rispetto alle credenze religiose.

I mezzi

Come abbiamo cercato di raggiungere questi obiettivi? Come abbiamo lavorato per comunicare il nostro punto di vista?

1. Prima di tutto abbiamo fatto in modo di favorire una risposta anticipata. Invece di eludere la crisi, abbiamo cercato di anticiparla. In tal senso, le dichiarazioni ufficiali più incisive del nostro ufficio hanno attirato l’attenzione dei mezzi di comunicazione di tutto il mondo. Le più significative sono state tre:

a) 12 gennaio 2006: Intervista a Marc Carroggio nell’agenzia internazionale di notizie “Zenit”. Questa è stata la prima risposta dell’Ufficio alla dichiarazione di Ron Howard pubblicata in Newsweek il 26 dicembre 2005, nella quale affermava che il film sarebbe stato assolutamente fedele al libro. L’intervista di Zenit ha affrontato i messaggi chiave: il carattere offensivo della trama per i cristiani, l’importanza di rispettare le credenze, la rispettosa richiesta di un gesto di concordia. Numerose agenzie di notizie (e in seguito molti altri mezzi di comunicazione) hanno riprodotto alcuni frammenti di tale intervista. Il New York Times l’ha tenuta presente in un suo articolo del 7 febbraio 2006.

b) 14 febbraio 2006: Il comunicato diffuso dall’Ufficio stampa di Roma in questa data ha avuto forse l’eco più ampia. Questa dichiarazione rispondeva a molte domande che in quel momento stavamo ricevendo sulla nostra posizione in relazione al film del DVC. È stata diffusa dopo aver saputo, da un articolo apparso il 9 febbraio sul New York Times, che Sony aveva deciso di aprire un website – controllato dalla compagnia – dove si potevano esprimere i pareri contrari sul film. Nel comunicato si ricordava che, quando è possibile, non basta dare all’offeso l’opportunità di difendersi, ma si deve evitare l’offesa. Si diceva poi che l’Ufficio preferiva comunicare direttamente, senza intermediari.

c) 6 aprile 2006: L’Ufficio stampa dell’Opus Dei di Tokio scrive una lettera aperta agli azionisti, ai dirigenti e agli impiegati di Sony. L’Ufficio si offriva di dare informazioni sulla realtà dell’Opus Dei e sollecitava la Sony a inserire un avviso all’inizio del film una didascalia, che chiarisse che si tratta di un’opera di fantasia e che qualunque somiglianza con la realtà doveva ritenersi una semplice coincidenza. Questo gesto - affermava la lettera – “sarebbe una manifestazione di rispetto verso la figura di Gesù, la storia della Chiesa e le convinzioni religiose degli spettatori”. Una settimana dopo la lettera fu inserita nella pagina in giapponese del website ufficiale e da lì rimbalzò su tutte le agenzie di notizie del mondo.

La “risposta anticipata” aveva lo scopo che, all’uscita del film, tutti potessero riconoscerlo come una “farsa di errori” per ciò che si riferiva al cristianesimo. Segnalare gli errori, a volte grotteschi, senza mancare di rispetto all’autore, al regista del film, agli attori e ai produttori. Le dichiarazioni pubbliche dimostravano l’esistenza di un problema aperto, e pertanto trovavano posto nelle notizie.

2. Un secondo punto è consistito nel trattare i mezzi di comunicazione come alleati, dare la precedenza alle domande e provocare un dibattito pubblico globale. Il lancio di un film di solito è preceduto da una campagna di marketing, che in questo caso avrebbe potuto raggiungere dimensioni gigantesche. La compagnia che produce il film comunica attraverso questi mezzi: pubblicità classica, annunzi su cartelloni pubblicitari e in televisione; nuove forme di marketing attraverso cellulari e internet. Ingenti investimenti con i quali è impossibile misurarsi. L’Ufficio informazione ha deciso di rispondere al marketing della Sony con una serie di informazioni, ai messaggi edulcorati della pubblicità (che cercano di nascondere l’aspetto offensivo del film) con un colloquio aperto con i giornalisti; supplendo con l’immaginazione all’investimento economico.

Dare priorità alla domanda significa cercare di soddisfare tutte le richieste dei giornalisti. Prendere questa decisione è stato facile, perché è sempre stata la pratica abituale del nostro ufficio. Ma la crescita numerica delle richieste è stata molto elevata e la portata dell’ascolto di questi mezzi anche: New York Times, Associated Press, Time, Chicago Tribune, emittenti come Channel 4 (UK) o History Channel, programmi come “Good morning America” o “Today Show”, corrispondenti di Paesi assai diversi. Quando siamo partiti da New York per venire a questo Seminario di Roma stavamo gestendo contemporaneamente 40 richieste diverse, molte di emittenti televisive. È stato necessario rinforzare gli Uffici di New York e di Roma, ma in genere si è lavorato con le risorse ordinarie, anche se, naturalmente, con maggiore intensità.

3. In questo periodo un altro mezzo importante è stato poter disporre di una informazione abbondante per mostrare la vera Opus Dei. In concreto, abbiamo cercato di:

a) Promuovere più “notizie”. Oltre le tre dichiarazioni menzionate, in questi ultimi mesi abbiamo cercato di fare un ulteriore sforzo nella diffusione di notizie che aiuteranno a mostrare la Chiesa e l’Opus Dei come sono nella realtà. Siamo convinti che questo sia un servizio utile ad aiutare quelli che preparano una storia o un servizio giornalistico sulla Chiesa e l’Opus Dei nei “tempi del DVC”.

Abbiamo cercato di dare visibilità ad alcune iniziative che in altri momenti sarebbero passate sotto silenzio, ma che ora, quando tutti stanno scrivendo storie su “l’Opus Dei reale”, appaiono più attraenti. Per esempio, “Harambee 2002”, un’attività sociale iniziata durante la canonizzazione di San Josemaría Escrivá a sostegno di alcuni progetti di sanità e di educazione nell’Africa sub-sahariana (https://www.harambee-africa.org/). Oltre a questa, numerose attività più o meno ordinarie sono diventate “notizia” in questo periodo: la pagina web ufficiale ridisegnata, l’apparizione del blog di Fr. John Wauck sull’Opus Dei e il Da Vinci (www.davincicode-opusdei.com), la presentazione a New York della nuova edizione di “The Way” (Cammino), una serie di punti sulla vita cristiana per la meditazione personale, scritti da San Josemaría nel 1934, che la casa editrice Doubleday distribuirà in tutte le librerie d’America.

Un’altra notizia di grande ripercussione è stato il documentario prodotto dal Saint Josemaria Institute e The Cresta Group (Chicago) dal titolo “Passionately Loving the World”. Questo programma, di 28 minuti, mostra alcune persone di diversi luoghi degli Stati Uniti, le cui vite si sono trasformate grazie allo spirito di San Josemaría Escrivá: tra gli altri, un vigile del fuoco di Los Angeles, uno studente universitario, un imprenditore e una famiglia di contadini. Dopo la presentazione del documentario a New York, centinaia di notizie sono apparse sui mezzi di comunicazione americani che parlano dell’altro film. Lo stesso video è diventato una “notizia”, ed estratti significativi sono stati trasmessi da ABC, CNN ed altre catene nordamericane.

b) Offrire contatti, gente disponibile, facce. In questi momenti di grande domanda informativa, consideriamo fondamentale il fatto che i giornalisti abbiano potuto parlare con centinaia di persone. Il “media system” richiede sempre una voce autorizzata. In questi mesi è stato possibile contare sulla piena disponibilità di fonti istituzionali (autorità della Prelatura) e di molte altre persone (studenti, professionisti, fedeli dell’Opus Dei e amici), che hanno raccontato la “loro storia”. Inoltre, attraverso il website viene offerta la possibilità di organizzare presentazioni nelle parrocchie, nelle sedi di associazioni, club, ecc. Lì, infatti, si trova anche la seguente frase: “Hai bisogno di qualcuno che parli sull’Opus Dei in un colloquio o in una riunione di altro tipo sul DVC? Contatta press@opusdei.org”.

c) Scoprire storie. Ogni notizia ha un proprio modo di essere raccontata. In tal senso, i giornalisti hanno bisogno di piccole storie che si possono inserire nella loro narrazione. Lavorando insieme, sono avvenute piccole storie che sono state utili per i professionisti dei mezzi di comunicazione. Due esempi.

Quando i mezzi di comunicazione hanno cominciato a mostrare un interesse crescente per l’Opus Dei, ci siamo accorti che esiste una persona dell’Opus Dei che si chiama davvero Silas. Il Silas reale – Silas Agbim – non è un monaco albino assassino, ma un agente di cambio nato in Biafra (Nigeria) che vive a Brooklyn con sua moglie, Ngozi. Una foto del vero Silas è apparsa sul New York Times del 7 febbraio, e da allora è stato intervistato da molti altri mezzi di comunicazione: Time, CNN, CBS, ABC, vari organi di informazione di altri Paesi, ecc. Un altro esempio: il 12 febbraio abbiamo collocato all’ingresso di Murray Hill Place, a Manhattan, un piccolo espositore con opuscoli informativi e con la dicitura “Per i fans del DVC: se sei interessato all’Opus Dei ‘reale’, prendine uno”. L’espositore, costato dieci dollari, è stato riprodotto su oltre 100 giornali ed è stato filmato da squadre cinematografiche e televisive di tutto il mondo: un mezzo informativo “a basso costo”.

Lo stesso edificio di Murray Hill Place, erroneamente menzionato nel romanzo come la “sede centrale dell’Opus Dei”, è diventato parte essenziale di molti resoconti nei quali i giornalisti, scherzando, dicono, per esempio, di non aver trovato la stanza delle torture menzionata nel libro. Decine di giornalisti hanno potuto visitare il Murray Hill Place reale, un complesso multifunzionale situato a Manhattan, all’incrocio tra Lexington Avenue e la 34ª Strada. In questa sede si trovano gli uffici del vicario dell’Opus Dei negli Stati Uniti, un centro di conferenze con trenta camere, un centro nel quale hanno luogo le attività per studenti universitari e professionisti giovani (Schuyler Hall) e una zona per il gruppo di persone che amministra il complesso residenziale. Ogni anno circa 10.000 persone prendono parte alle diverse attività (ritiri, lezioni di dottrina cattolica, conversazioni di spiritualità, conferenze educative e culturali). La Stampa, uno dei principali giornali italiani, ha illustrato questa politica di apertura relativa a Murray Hill Place con il seguente titolo: “Opus Dei: Operazione Trasparenza”.

d) Siti web e altri mezzi di informazione. In questo periodo il sito web ufficiale, www.opusdei.org, si è rivelato un grande strumento. Il sito è globale, come il fenomeno del DVC. Lì è contenuta una estesa e dettagliata serie di risposte in 22 lingue. Durante il 2005 la sezione americana del website ha ricevuto più di un milione di visitatori differenti (cosa diversa sono le visite); e l’insieme del website ha totalizzato più di tre milioni di contatti. Il giorno in cui eravamo in volo da New York a Roma per questo Seminario, alle 9 del mattino erano già arrivati 156 messaggi. Un effetto insperato è la raccomandazione che Umberto Eco ha fatto del sito ufficiale dell’Opus Dei. Stanco per le continue domande sulla veracità del DVC, Eco dice ai suoi lettori: “Del resto, se volete informazioni aggiornate su questi temi, andate alla pagina web dell’Opus Dei. Anche se siete atei, potete fidarvi”.

4. Per terminare questo paragrafo sui mezzi impiegati, dobbiamo accennare a un’ultima questione: abbiamo cercato di mantenere sempre uno stile cortese e un tono di rispetto. È una cosa ovvia, ma sin dal primo momento sapevamo chiaramente che, se volevamo ottenere rispetto, dovevamo fare tutto con rispetto. Questo vuol dire non usare mai un linguaggio aggressivo, nessun attacco o minaccia, non giudicare mai le intenzioni degli altri. Abbiamo sempre cercato di muoverci tra le seguenti coordinate: libertà, responsabilità, dialogo. Un amico ci ha consigliato: “Non perdete mai il senso dell’humour...; in particolare con i filmati e con il ‘mondo fluttuante’ dell’intrattenimento, il vostro contegno e il vostro buon umore dovranno essere la vostra miglior difesa”.

Il blog escogitato da Father John Wauck è un tentativo di offrire alcuni contenuti seri e di qualità, con uno stile amabile, per ciò che riguarda il romanzo e il film. Contrastare un romanzo o un film in un certo senso è come combattere il fumo. Se adotti i guantoni da pugile sembrerai un po’ ridicolo. Il buon umore funziona.

 Un bilancio provvisorio

Solo dopo l’uscita del film sarà possibile fare un bilancio completo. Per il momento possiamo menzionare tre risultati positivi dello sforzo di comunicazione:

1. Collaborazione ecclesiale. Si è generato un clima di cooperazione tra numerose istituzioni ecclesiali al fine di contribuire fra tutti a far conoscere meglio la Chiesa e la persona di Gesù Cristo. Inoltre, arrivano notizie di persone che si sono avvicinate alla Chiesa grazie alle risposte che ha provocato il DVC. In realtà la collaborazione si è estesa a molti altri cristiani.

2. Collaborazione con i giornalisti. La copertura da parte dei mezzi di comunicazione durante il primo trimestre 2006 è stata molto ampia. Mentre la compagnia di produzione ha investito ingenti somme di denaro per “vendere il film”, i cattolici hanno fatto in modo di “raccontare la loro storia”, e danno informazioni ai giornalisti.

3. La risposta è arrivata. Il gioco d’anticipo ha creato una crescente coscienza generale che considera il DVC falso e ingiusto nel presentare la Chiesa Cattolica, l’Opus Dei e la storia. L’opinione pubblica sta collocando il fenomeno DVC “al suo posto”, come il prodotto più recente di una sorta di “pseudo cultura popolare” senza alcun nesso con la realtà. La storica medievale Sandra Miesel sostiene che il libro contiene tanti errori che – dice testualmente – “mi sorprendo quando nel DVC trovo qualcosa di esatto”.

Di fronte a questo clamore, l’autore del libro ha dovuto fare quattro revisioni successive della pagina “Fact” (i fatti sul DVC) del suo website. Le seguenti quattro dichiarazioni provengono dal website di Dan Brown e rispondono alla stessa domanda: Fino a che punto il romanzo si basa su fatti reali?

- 28/8/2003: “Del tutto. Tutte le opere d’arte, tutti i luoghi, tutti i documenti storici e tutte le organizzazioni descritte nel romanzo esistono [...]”.

- 17/1/2004: “Tutte le opere d’arte, tutti i luoghi, tutti i documenti storici e tutte le organizzazioni descritte nel romanzo esistono [...]”.

- 11/5/2004: “Il DVC è un romanzo, cioè, un’opera di fantasia. Anche se i personaggi del libro e le loro azioni, evidentemente, non sono reali, le opere d’arte, l’architettura, i documenti [...]”.

- Attualmente (30/1/2006): “Il DVC è un ROMANZO, cioè, un’opera di fantasia [...]”.

Questo bilancio di previsione non può evitare una domanda fondamentale: ma, il film sarà offensivo o no? A questi livelli non è stato possibile instaurare una comunicazione personale e diretta con Sony Pictures. In tal senso, l’azione di comunicazione dovrebbe essere considerata, almeno per ora, un “insuccesso provvisorio”. Non sappiamo se l’amabile insistenza di tanti cristiani abbia fatto breccia nei dirigenti di questa prestigiosa compagnia e nel gruppo di professionisti che ha realizzato il film.

 CONCLUSIONI

Il DVC ci ha procurato finora molti dolori di testa che, sicuramente, avremmo preferito evitare. Però bisogna riconoscere che la decisione di comunicare apertamente e positivamente il nostro punto di vista, in maniera attiva, ha offerto una straordinaria occasione per parlare sulla fede cristiana, sulla Chiesa Cattolica e su quella piccola porzione della Chiesa Cattolica che è l’Opus Dei. Perciò ci piacerebbe riassumere le conclusioni in una lezione che abbiamo imparato e in un desiderio che osiamo formulare:

1. La lezione: l’importanza di curare le iniziative di comunicazione, per ciò che si riferisce ai contenuti (what to comunicate) e al modo (how to comunicate). Abbiamo verificato l’efficacia di ciò che potremmo chiamare la strategia dei tre aggettivi: positivo, professionale, garbato. Adottando questa posizione, è possibile essere ascoltati e capiti, specialmente dai mezzi di comunicazione, che in questo tipo di situazioni non sono avversari, perché capiscono che la Chiesa non è una minaccia ma una vittima. Le strategie adeguate – positivo, professionale, garbato – aiutano a uscire dalla dinamica sterile del “muro contro muro”. Alcune parole del Prelato dell’Opus Dei su Le Figaro Magazine riassumono questa lezione: “L’ignoranza è sempre un grande male e l’informazione un bene. La comunicazione non è un gioco per dilettanti. S’impara col tempo a farsi conoscere e anche a conoscere se stessi. Occorre un po’ di pazienza anche in questo campo” (21-IV-06). La pazienza potrebbe essere il quarto aggettivo.

2. Il desiderio: che i potenti siano più rispettosi, che decidano liberamente di migliorare le loro strategie e le rendano più aperte, meno arroganti, scoprendo che il rispetto non compromette gli affari né deprime l’arte. Nelle nostre società sviluppate i potenti spesso si identificano con le grandi compagnie di comunicazione. Ma a maggior potere dovrebbe corrispondere una maggiore responsabilità; e nel campo della comunicazione non si può assolutizzare il profitto a scapito del lavoro dei creativi o dei giornalisti, né a scapito degli utenti, specialmente se giovani. Una scrittrice africana, Margaret Ogola, descrive la maturità come la capacità di rendersi conto che possiamo offendere gli altri, e comportarci di conseguenza. I cristiani avanzano le loro richieste basandosi sulla libertà, senza minacce. Non hanno pregiudizi né mettono etichette: sono preparati ad applaudire di cuore la maturità dei politici, delle imprese, degli artisti che decidano di lavorare per una società più libera e più rispettosa.

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Comunicazione presentata il 27 aprile 2006 al V Seminario Professionale su “Gli Uffici di Informazione della Chiesa”, che ha avuto luogo all’Università della Santa Croce in Roma. La versione definitiva in castigliano sarà pubblicata negli Atti del Seminario.

    Marc Carroggio, Rome Media Relations // Brian Finnerty, New York Media Relations // Juan Manuel Mora, Rome Department of Communications, Opus Dei