Nell’anno Paolino

San Paolo soffrì persecuzioni e conobbe la propria debolezza mentre predicava la fede nel Risuscitato. In cambio, non volle nient’altro che la misericordia di Cristo. Come si dice in quest’articolo, l’amore di Dio, lo Spirito Santo, è il dono che riceve chi, come l’Apostolo, si identifica con Gesù.

San Paolo, affresco di Giotto

La sera del 28 giugno 2008, durante la celebrazione dei Primi Vespri della Solennità dei Santi Pietro e Paolo, nella Basilica di San Paolo extra muros, a Roma,  Papa Benedetto XVI ha proclamato ufficialmente l’apertura dell’Anno Paolino, che durerà fino al 29 giugno 2009, festa dei due Apostoli. 

La Città Eterna, la Roma di Pietro e di Paolo, bagnata dal sangue dei martiri, centro da cui sono partiti per propagare nel mondo intero la parola salvifica di Cristo [1], si può considerare veramente privilegiata, perché è stata "tantorum principum purpurata pretioso sanguine", bagnata dal sangue dei Principi degli Apostoli  [2]. 

Durante questo periodo si commemorano i duemila anni dalla nascita dell’Apostolo delle Genti. Per collocare correttamente questa data gli studiosi della cronologia Paolina tengono in conto il dato storico che offrono i suoi scritti: nella lettera ai Galati afferma che, dopo la sua conversione, s’incontrò con Pietro a Gerusalemme, tre anni dopo la sua fuga da Damasco  [3], dove il re dei nabatei, Areta IV, esercitava un certo potere  [4]. Ciò permette di datare la fuga verso l’anno 37 e la sua conversione verso il 34-35. 

D’altra parte, negli Atti degli Apostoli, nella narrazione del martirio di Stefano si definisce Saulo come “giovane”, poco prima della sua vocazione  [5]. Benché questo sia un dato generico, permette in modo approssimato di situare la sua nascita verso l’anno 8. 

L’Anno Paolino vuole promuovere una riflessione più profonda sull’eredità teologica e spirituale che San Paolo ha lasciato alla Chiesa, con la sua vasta opera di evangelizzazione. Come segni esterni che ci invitano a meditare la fede e la verità sotto la guida dell’Apostolo, il Papa ha acceso la “Fiamma Paolina”, in un braciere collocato nel portico della Basilica di San Paolo e ha aperto anche nello stesso tempio, la “Porta Paolina”, che ha attraversato il 28 giugno, accompagnato dal Patriarca di Costantinopoli. 

 

Porta di Tarso (Turchia)

L’APOSTOLO DELLE GENTI 

Chi era Paolo di Tarso? Nacque nella capitale della provincia romana di Cilicia, oggi Turchia. Quando fu catturato alle porte del tempio di Gerusalemme, si diresse con queste parole alla moltitudine che voleva ucciderlo: io sono giudeo, nato a Tarso di Cilicia, educato in questa città e istruito ai piedi di Gamaliele secondo l’osservanza della legge dei padri  [6]. 

Alla fine della sua esistenza, in una visione retrospettiva della sua vita e della sua missione, dirà di se stesso: sono stato costituito messaggero, apostolo e maestro  [7]. Allo stesso tempo la sua figura si apre al futuro, a tutti i popoli e generazioni, perché Paolo non è solo un personaggio del passato: il suo messaggio e la sua vita sono sempre attuali, poiché contengono l’essenza del messaggio cristiano, perenne e attuale. 

Paolo è stato nominato il tredicesimo Apostolo perché, anche se non formava parte del gruppo dei Dodici, fu chiamato da Gesù risuscitato, che gli apparve sulla strada di Damasco  [8]. Inoltre, considerando quanto ha lavorato per Cristo, non ha nulla per cui invidiare gli altri. Sono Ebrei? Anch’io! Sono Israeliti? Anch’io! Sono stirpe di Abramo? Anch’io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più d loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte. Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno, tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balia delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi, fratelli, disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità  [9]. 

Come si vede non gli mancarono difficoltà né tribolazioni, che sopportò per amore di Cristo. Tuttavia, tutto lo sforzo e tutti gli eventi per cui passò, non lo portarono alla vanagloria. Paolo capì a fondo e sperimentò nella sua persona quello che insegnava anche san Josemaría: «che la nostra logica umana non serve per spiegare le realtà della grazia. Dio ama scegliere strumenti deboli perché appaia con maggiore evidenza che l’opera è sua. San Paolo ricorda con trepidazione la sua vocazione: ultimo fra tutti apparve anche a me, come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio (1 Cor 15, 8-9)» [10]. «Come non ammirare un uomo così? – dice Benedetto XVI –. Come non ringraziare il Signore per averci dato un Apostolo di questa statura?»  [11]. 

Gesù Cristo nelle lettere di San Paolo è menzionato 380 volte

Tra i diversi aspetti che costituiscono l’insegnamento teologico di San Paolo, si deve segnalare innanzitutto, la figura di Gesù Cristo. Certamente nelle sue lettere non appaiono i dati storici di Gesù di Nazaret, come ce li presentano i Vangeli. L’interesse per i numerosi aspetti della vita terrena di Gesù passa in un secondo piano: viene sottolineato specialmente il mistero della passione e morte sulla Croce. Allo stesso tempo, si nota che Paolo non fu testimone del passaggio terreno di Gesù, ma che lo conosce mediante la tradizione apostolica che lo precede, cui si riferisce esplicitamente: a voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto  [12].

Allo stesso modo, si possono scoprire nell’epistolario paolino inni, professioni ed enunciati di fede, e affermazioni dottrinali che probabilmente si usavano nella liturgia, nella catechesi o nella predicazione della Chiesa primitiva. Gesù Cristo costituisce il centro e il fondamento del suo annuncio e della sua predicazione: nei suoi scritti il nome di Cristo appare 380 volte, superato solo dal nome di Dio, menzionato 500 volte. Questo ci fa capire che Gesù Cristo incise profondamente nella sua vita: in Cristo troviamo il culmine della storia della Salvezza. 

 

L’INCONTRO CON CRISTO 

“La donazione infinita di Cristo sulla Croce costituisce l’invito più forte a uscire dal proprio io”

Osservando San Paolo ci possiamo domandare come si realizza l’incontro personale con Cristo e quale rapporto nasce tra Lui e il credente. La risposta di Paolo si riassume in due momenti. Da una parte si pone l'accento sul valore assolutamente fondante e insostituibile della fede  [13]. Così scrive ai Romani: l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della Legge  [14]; l’idea appare più esplicita nella lettera ai Galati: l’uomo non è giustificato per le opere della Legge, ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo  [15]. Ossia, si entra in comunione con Dio esclusivamente per opera della grazia; Egli ci viene incontro e ci accoglie con la sua misericordia, perdonando i nostri peccati e permettendoci di stabilire un rapporto d’amore con Lui e con i nostri fratelli  [16]. 

In questa dottrina della giustificazione, Paolo riflette il processo della sua stessa vocazione. Egli era uno stretto osservante della legge mosaica, che compiva fin nei più piccoli particolari. Ma questo lo portò a sentirsi sicuro di se stesso e a cercare la salvezza solo con le sue forze. E in questa situazione si scopre peccatore, poiché perseguita la Chiesa del Figlio di Dio. La coscienza del peccato sarà allora il punto di partenza per abbandonarsi alla grazia di Dio che ci viene data in Gesù Cristo. 

Qui comincia il secondo momento, l’incontro con il Signore stesso. La donazione infinita di Cristo sulla Croce costituisce l’invito più forte a uscire dal proprio io, a non riempirsi di vanagloria, mettendo allo stesso tempo ogni fiducia nella morte salvatrice e nella risurrezione del Signore: chi si vanta, si vanti nel Signore  [17]. Questa conversione spirituale comporta, pertanto, di non cercare se stesso, ma di rivestirsi di Cristo e donarsi con Cristo, per partecipare così personalmente alla vita di Cristo fino a immergersi in Lui e a condividere sia la sua morte che la sua vita. Così dice l’Apostolo mediante l’immagine del Battesimo: O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo dunque siamo stati sepolti insieme con lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova [18]. 

Paolo – e con lui ogni cristiano – contempla il Figlio di Dio non solo come Colui che morì per amore nostro, ottenendoci la salvezza per i nostri peccati – dilexit me et tradidit semetipsum pro me, mi amò e ha dato se stesso per me –, ma anche come Colui che si fa presente nella sua vita: vivo autem iam non ego, vivit vero in me Christus, non vivo più io, ma Cristo vive in me  [19]. Al fondatore dell’Opus Dei piaceva ripetere queste parole dell’Apostolo, perché vedeva in Gesù Cristo morto e risorto la ragion d’essere di tutta la vita del cristiano e della sua missione. 

 

VIVERE NELLO SPIRITO 

Lo Spirito Santo ci aiuta a mettere in pratica nella vita normale le virtù: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé …

Identificarsi con Cristo significa vivere nello Spirito. San Luca sottolinea nel suo secondo libro il ruolo dinamico e operativo dello Spirito Santo; commenta San Josemaría: «quasi non c’è pagina degli Atti degli Apostoli in cui non si parli di Lui e dell’azione con cui Egli informa, dirige e vivifica la vita e le opere della comunità cristiana primitiva. E’Lui che ispira la predicazione di San Pietro (cfr At 4, 8), che conferma nella fede tutti i discepoli (cfr At 4, 31), che sigilla con la sua presenza la vocazione dei gentili (cfr At 10, 44-47), che manda  Saulo e Barnaba in terre lontane per aprire strade nuove all’insegnamento di Gesù (cfr At 13, 2-4). La sua presenza e il suo intervento, insomma, presiedono ogni cosa» [20].

Nei suoi scritti San Paolo mette in rilievo la presenza della Terza Persona della Santissima Trinità  nella vita del cristiano. Lo Spirito abita nei nostri cuori  [21]; è stato inviato da Dio perché ricevessimo l’adozione a figli e potessimo esclamare: Abbà, Padre!  [22]. Lasciarsi condurre dalla Spirito, che ci dà la vita in Cristo Gesù, libera dalla legge del peccato e della morte; fa sì che si manifestino nella vita dei credenti le opere – i frutti – dello Spirito Santo: amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito  [23]. 

“Ormai non vivo più io, ma Cristo vive in me”

L’Apostolo ci dice che l’orazione autentica esiste solo quando è presente lo Spirito: così anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza: non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili  [24]. Con parole di Benedetto XVI, lo Spirito Santo « ormai come l'anima della nostra anima, la parte più segreta del nostro essere, da dove sale incessantemente verso Dio un moto di preghiera, di cui non possiamo nemmeno precisare i termini »  [25]. Paolo ci invita a essere sempre più sensibili, a essere più attenti alla presenza dello Spirito in noi e a imparare a trasformarla in orazione.

Il primo dei frutti dello Spirito Santo nell’anima del cristiano è l’amore. Infatti, l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato  [26]. Se, per definizione, l’amore unisce, lo Spirito è colui che genera la comunione nella Chiesa: è la forza di coesione che mantiene uniti i fedeli al Padre per Cristo, e attrae coloro che ancora non godono della piena comunione. Lo Spirito Santo guida la Chiesa verso l’unità. 

 

VERSO L’UNITÀ 

Questo è un altro aspetto, tra i molti che tratta l’Apostolo nelle sue lettere, che vale la pena considerare all’inizio di questo Anno Paolino: l’unità dei cristiani. È motivo di consolazione, e di stimolo per chiedere insistentemente al Signore questa grazia – tanto grande quanto difficile da raggiungere –, che il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, seguendo le orme del Vicario di Cristo, abbia pure convocato per la Chiesa Ortodossa un Anno Paolino. 

«San Paolo ci ricorda che la piena comunione tra tutti i cristiani trova il suo fondamento in un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo»  [27]. Dobbiamo pregare «perché la fede comune, l’unico battesimo per il perdono dei peccati e l’obbedienza all’unico Signore e Salvatore si manifestino pienamente nella dimensione comunitaria ed ecclesiale»  [28]. 

 

San Pietro e San Paolo

San Paolo ci mostra il cammino più efficace verso l’unità, con alcune parole che pure proponeva il Concilio Ecumenico Vaticano II nel suo decreto sull’ecumenismo. Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace  [29]. 

L’Apostolo si è impegnato sempre a conservare questa immensa grazia dell’unità. Invita i cristiani di Corinto, fin dall’inizio della prima lettera a evitare le divisioni tra di loro  [30]. Le sue esortazioni e i suoi richiami possono servirci anche oggi. Davanti all’umanità del terzo millennio, sempre più globalizzata, e, paradossalmente, più divisa, frammentata dalla «cultura edonista e relativistica, che pone in dubbio l’esistenza stessa della verità»  [31], l’orazione del Signore – ut omnes unum sint , perché tutti siano una sola cosa  [32] – è per noi la migliore promessa di unione con Dio e di unità tra gli uomini.

Don Bernardo Estrada, Professore Ordinario di Nuovo Testamento, Pontificia Università della Santa Croce

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1. Omelia “Lealtà alla Chiesa”, 4-VI-1972.

2. Cfr. Inno dei Primi Vespri della Solennità di San Pietro e San Paolo.

3. Cfr. Gal 1, 15-18.

4. Cfr. 2 Cor 11, 32.

5. Cfr. At 7, 58.

6. At 22, 3.

7. 2 Tm 1, 11.

8. Cfr. 1 Cor 15, 8.

9. 2 Cor 11, 22-27.

10. E’ Gesù che passa, n. 3.

11. Benedetto XVI, Udienza generale, 25-X-2006.

12. 1 Cor 15, 3; cfr. 11, 23ss.

13. Cfr. Benedetto XVI, Udienza generale, 8-XI-2006.

14. Rm 3, 28.

15. Gal 2, 16.

16. Cfr. Rm 3, 24.

17. 1 Cor 1, 31.

18. Rm 6, 3s.

19. Gal 2, 20.

20. E’ Gesù che passa, n. 127.

21. Cfr. Rm 8, 9.

22. Gal 4, 6.

23. Gal 5, 22-24.

24. Rm 8,26.

25. Benedetto XVI, Udienza generale, 15-XI-2006.

26. Rm 5, 5.

27. Ef 4, 5.

28. Benedetto XVI, Discorso durante l’incontro con Bartolomeo I all’apertura del Anno Paolino, 28-VI-2008.

29. Ef 4, 1-3.

30. Cfr. 1 Cor 1, 10.

31. Cfr. Benedetto XVI, Discorso durante l’incontro con Bartolomeo I all’apertura del Anno Paolino, 28-VI-2008.

32. Gv 17, 21.