Il Codice colpisce ogni giorno

Tutti i libri che vogliono denunciare i falsi di Dan Brown contribuiscono a farli circolare ancora di più

Ogni giorno mi capita tra le mani un nuovo commento al 'Codice da Vinci' di Dan Brown. Parlo solo dei libri in italiano, perché non sarei in grado di fornire una bibliografia di tutto quello che appare nel mondo. Solo in Italia potrei citare José Antonio Ullate Fabo, 'Contro il Codice da Vinci' (Sperling), Bart Ehrman, 'La verità sul Codice da Vinci' (Mondadori), Darrell L. Bock, 'Il Codice da Vinci. Verità e Menzogne' (Armenia), Andrea Tornielli, 'Inchiesta sulla Resurrezione' (Il Giornale). Ma certamente trascuro qualcosa. D'altra parte se volete un'informazione aggiornata su tutti gli articoli in materia, andate al sito dell'Opus Dei. Vi potete fidare, anche se siete atei. Caso mai, come vedremo, la questione è perché il mondo cattolico si dia tanto da fare per smantellare il libro di Dan Brown, ma quando da parte cattolica vi si spiega che tutte le notizie che contiene sono false, fidatevi.

Intendiamoci. Il 'Codice da Vinci' è un romanzo, e come tale avrebbe il diritto di inventare quello che vuole. Oltretutto è scritto con abilità e lo si legge d'un fiato. Né è grave che l'autore all'inizio ci dica che quello che racconta è verità storica. Figuriamoci, il lettore professionista è abituato a questi appelli narrativi alla verità, fanno parte del gioco finzionale. Il guaio comincia quando ci si accorge che moltissimi lettori occasionali hanno creduto davvero a questa affermazione, così come nel teatro dei pupi gli spettatori insultavano Gano di Maganza.

Per smontare la presunta storicità del 'Codice' basterebbe un articolo abbastanza breve (e ne sono stati scritti di ottimi) che dica due cose: La prima è che tutta la vicenda di Gesù che sposa la Maddalena, del suo viaggio in Francia, della fondazione della dinastia merovingia e del Priorato di Sion è paccottiglia che circolava da decenni in una pletora di libri e libretti per i devoti di scienze occulte, da quelli di de Sède sur Rennes-le-Chateau al 'Il santo Graal' di Baigent, Leigh e Lincoln. Ora che tutto questo materiale contenesse sequele di panzane è stato detto e dimostrato da tempo. Inoltre, pare che Baigent, Lincoln e Leigh abbiano minacciato (o realmente iniziato) un'azione legale contro Brown per plagio. Ma come? Se io scrivo una biografia di Napoleone (raccontando eventi reali), poi non posso denunciare per plagio qualcuno che di Napoleone scrive un'altra biografia, sia pure romanzata, raccontando gli stessi eventi storici. Se lo faccio, allora lamento il furto di una mia originalissima invenzione (ovvero fantasia, o frottola che dir si voglia).

La seconda cosa è che Brown dissemina il suo libro di numerosi errori storici, come quello di andare a cercare informazioni su Gesù (che la chiesa avrebbe censurato) nei manoscritti del Mar Morto - i quali non parlano affatto di Gesù, bensì di faccende ebraiche come gli Esseni. È che Brown confonde i manoscritti del Mar Morto con quelli di Nag Hammadi.

Ora accade che la maggior parte dei libri che appaiono sul caso Brown, anche e specialmente quelli ben fatti (e cito l'ultimo, molto documentato, appena apparso presso Mondadori, 'Inchiesta sul Codice da Vinci', di Etchegorn e Lenoir), per poter durare il numero sufficiente di pagine a fare un libro, raccontano tutto quello che Brown ha saccheggiato, per filo e per segno. In tal modo questi libri, in qualche misura perversa, benché siano scritti per denunciare delle falsità, contribuiscono a far circolare e ricircolare tutto quel materiale occulto. Così (assumendo l'interessante ipotesi - che qualcuno ha veramente avanzato - che 'Il codice' sia un complotto satanico), ogni sua confutazione ne riproduce le insinuazioni, a cui fa da megafono. Come complotto è ben riuscito, non c'è che dire.

Perché, anche a confutarlo, 'Il codice' si autoriproduce? Perché la gente è assetata di misteri (e di complotti) e basta che gli offri la possibilità di pensarne uno in più (e persino nel momento in cui gli dici che era l'invenzione di alcuni furbacchioni) ed ecco che tutti incominciano a crederci.

Credo sia questo che preoccupa la chiesa. La credenza nel 'Codice' (e in un altro Gesù) è un sintomo di scristianizzazione. Quando la gente non crede più in Dio, diceva Chesterton, non è che non creda più a nulla, crede a tutto. Persino ai mass media. So di esprimere soltanto una sensazione, ma sono stato colpito dalla figura di un giovane imbecille che in piazza San Pietro, mentre una folla immensa attendeva la notizia della morte del Papa, col telefonino all'orecchio e il volto sorridente faceva ciao ciao alla telecamera. Perché era lì (perché tanti altri come lui, mentre forse milioni di veri credenti stavano a casa propria a pregare)? Nella sua attesa di un soprannaturale mediatico, non era forse pronto, lui, a credere che Gesù avesse sposato la Maddalena e fosse unito dal legame mistico e dinastico del Priorato di Sion a Jean Cocteau?

Umberto Eco // L’Espresso