TEMA 34. Il quinto comandamento del Decalogo

La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore.

1. “Non uccidere”

«La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l’azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine […]. Nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente» ( Catechismo , 2258).

L’uomo è assolutamente singolare: è la sola creatura di questo mondo che Dio abbia voluto per se stessa [1] . Egli è destinato a conoscere e amare eternamente Dio, e la sua vita è sacra. È stato creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1, 26-27). Questo è il fondamento ultimo della dignità umana e del comandamento “non uccidere”.

Il libro della Genesi presenta l’abuso contro la vita umana come conseguenza del peccato originale. Yahvé si manifesta sempre come protettore della vita: anche di quella di Caino, dopo che ha ucciso il fratello Abele, sangue del suo sangue, figura di ogni omicidio. Nessuno deve farsi giustizia da sé. Nessuno può arrogarsi il diritto di disporre della vita di un altro (cfr. Gn 4, 13-15).

Questo comandamento fa riferimento agli esseri umani. È legittimo servirsi degli animali per ottenerne cibo, indumenti, ecc.: Dio li ha posti sulla terra perché fossero a disposizione dell’uomo. La valutazione sulla liceità di ucciderli o meno è dovuta al disordine che possono comportare le passioni umane, o a un dovere di giustizia (per esempio se sono proprietà di altri) (cfr. Catechismo , 2417). Non si deve dimenticare che l’uomo non è “padrone” della Creazione, ma amministratore, e pertanto ha l’obbligo di rispettare e curare la natura, della quale ha bisogno per la propria esistenza e per il proprio sviluppo (cfr. Catechismo , 2418).

2. La pienezza di questo comandamento

Il comandamento di salvaguardare la vita dell’uomo «ha il suo aspetto più profondo nell’esigenza di venerazione e di amore nei confronti di ogni persona e della sua vita» [2] .

La misericordia e il perdono sono propri di Dio; ma anche nella vita dei figli di Dio dev’essere presente la misericordia, che ci induce a compatire nel nostro cuore la miseria altrui: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» ( Mt 5, 7) [3] .

È inoltre necessario imparare a perdonare le offese (cfr. Mt 5, 22). Quando si riceve un’offesa bisogna fare in modo di non incollerirsi, e di non permettere che l’ira invada il cuore. Non solo, ma nel Padrenostro – la preghiera che Gesù ci ha lasciato come preghiera domenicale – il Signore lega il suo perdono – il perdono per le offese da noi commesse – al perdono di quelli che ci hanno offeso (cfr. Mt 6, 9-13; Lc 11, 2-4). In questa lotta ci saranno di aiuto: la meditazione della Passione di Nostro Signore che ci ha perdonato e redento sopportando con amore e con pazienza le ingiustizie; considerare che ad un cristiano nessuno deve risultare estraneo o nemico (cfr. Mt 5, 44-45); pensare al giudizio dopo la morte in cui saremo giudicati sull’amore al prossimo; ricordare che un cristiano deve vincere il male con il bene (cfr. Rm 12, 21); considerare le ingiurie come un’occasione per la propria purificazione.

3. Il rispetto della vita umana

Il quinto comandamento prescrive di non uccidere . Proibisce anche di bastonare, ferire o arrecare un qualsiasi danno fisico ingiusto a se e al prossimo, sia direttamente che per mezzo di altri. Proibisce anche di offendere con parole ingiuriose e di volere il male degli altri. In questo comandamento è inclusa anche la proibizione di togliersi la vita.

3.1. L’omicidio volontario

«Il quinto comandamento proibisce come gravemente peccaminoso l’omicidio diretto e volontario . L’omicida e coloro che volontariamente cooperano all’uccisione commettono un peccato che grida vendetta al cielo (cfr. Gn 4, 19)» ( Catechismo , 2268) [4] .

L’enciclica Evangelium vitae ha formulato in maniera definitiva e infallibile la seguente norma negativa: «con l’autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi successori, in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l’uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale. Tale dottrina, fondata in quella legge non scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore (cfr. Rm 2, 14-15), è riaffermata dalla sacra Scrittura, trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal magistero ordinario e universale» [5] . Così l’omicidio, che è senza eccezioni gravemente immorale, è quello che risponde a una scelta deliberata che è diretta a una persona innocente . Pertanto la legittima difesa e la pena di morte non sono incluse in questa formulazione assoluta e sono oggetto di un trattamento specifico [6] .

Mettere la vita nelle mani dell’uomo comporta un potere di disposizione che bisogna saper amministrare come una collaborazione con Dio. Questo richiede una disposizione di amore e di servizio, e non di dominio arbitrario: si tratta di una padronanza ministeriale, non assoluta, riflesso della signoria unica e assoluta di Dio [7] .

3.2. L’aborto

«La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento» ( Catechismo , 2270). Non è ammissibile nessuna discriminazione, neppure quella fondata sulle differenti tappe dello sviluppo della vita. Nella valutazione di situazioni conflittuali, è determinante tenere in conto l’appartenenza naturale alla specie umana. Con questo non si impongono alla ricerca biomedica limiti diversi da quelli che la dignità umana stabilisce in qualunque altro campo dell’attività umana.

«L’ aborto diretto , cioè voluto come fine o come mezzo , costituisce sempre un disordine morale grave, in quanto uccisione deliberata di un essere umano innocente» [8] . L’espressione come fine o come mezzo intende indicare le due modalità della volontarietà diretta nelle quali chi agisce lo fa volendo uccidere coscientemente.

«Nessuna circostanza, nessuna finalità, nessuna legge al mondo potrà mai rendere lecito un atto che è intrinsecamente illecito, perché contrario alla legge di Dio, scritta nel cuore di ogni uomo, riconoscibile dalla ragione stessa, e proclamata dalla Chiesa» [9] . Il rispetto della vita dev’essere riconosciuto come limite che nessuna entità pubblica o privata può trascurare. Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente è un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione e come tale deve essere riconosciuto e rispettato sia da parte della società che da parte dell’autorità politica (cfr. Catechismo , 2273) [10] .

Pertanto possiamo affermare che «il diritto a comandare costituisce una esigenza dell’ordine spirituale [morale] e scaturisce da Dio. Perciò, se i governanti promulgano una legge o dettano una qualsiasi disposizione contraria all’ordine spirituale, e per conseguenza opposta alla volontà di Dio, in tal caso né la legge promulgata né la disposizione dettata possono obbligare in coscienza il cittadino […]; non solo, ma in simili casi, la stessa autorità si sgretola completamente e degenera in un sopruso preoccupante» [11] . Questo è tanto vero che «leggi di questo tipo non solo non creano nessun obbligo per la coscienza, ma sollevano piuttosto un grave e preciso obbligo di opporsi a esse mediante l’ obiezione di coscienza » [12] .

«L’embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile, come ogni altro essere umano» ( Catechismo , 2274).

3.3. L’eutanasia

«Per eutanasia in senso vero e proprio si deve intendere un’azione o un’omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore […]. È una grave violazione della legge di Dio , in quanto uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana […]. Una tale pratica comporta, a seconda delle circostanze, la malizia propria del suicidio o dell’omicidio» [13] . Si tratta di una conseguenza, gravemente lesiva della dignità della persona umana, alla quale può indurre l’edonismo e la perdita del significato cristiano del dolore.

«L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’ accanimento terapeutico . Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire» ( Catechismo , 2278) [14] .

Invece, «anche se la morte è considerata imminente, le cure che d’ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte» ( Catechismo , 2279) [15] . L’alimentazione e l’idratazione artificiali sono, per principio, cure ordinarie dovute ai malati [16] .

3.4. Il suicidio

«Siamo gli amministratori, non i proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo» ( Catechismo , 2280). «Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell’essere umano a conservare e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé. Al tempo stesso è un’offesa all’amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è contrario all’amore del Dio vivente» ( Catechismo , 2281) [17] .

Preferire la propria morte per salvare la vita di un altro non è suicidio, ma piuttosto può costituire un atto di estrema carità.

3.5. La legittima difesa

La proibizione di causare la morte non sopprime il diritto di impedire che un ingiusto aggressore causi danno [18] . La legittima difesa può essere anche un dovere grave per chi è responsabile della vita di un altro o del bene comune (cfr. Catechismo , 2265).

3.6. La pena di morte

Difendere il bene comune della società richiede che si metta l’aggressore in condizione di non poter nuocere. Per questo, la legittima autorità può infliggere pene proporzionali alla gravità dei delitti. Le pene hanno il fine di compensare il disordine introdotto dalla mancanza compiuta, preservare l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone, e correggere il colpevole (cfr. Catechismo, 2266).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che «per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte dell’autorità legittima, dopo il dovuto processo, è stato considerato una risposta appropriata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo ammissibile, seppure estremo, per la tutela del bene comune.

Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non si perde neppure dopo aver commesso crimini molto gravi. Inoltre si è diffusa una nuova concezione delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine sono stati attivati alcuni sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la necessaria difesa dei cittadini, ma che, contemporaneamente, non tolgono al reo la possibilità di redimersi definitivamente.

Pertanto la Chiesa, alla luce del Vangelo, insegna che «la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona» (Discorso del Santo Padre Francesco nel XXV Anniversario del ‘Catechismo della Chiesa Cattolica’, 11 ottobre 2017) e si impegna con determinazione alla sua abolizione in tutto il mondo» (cfr. Catechismo, 2267) [19] .

4. Il rispetto della dignità delle persone 4.1. Il rispetto per l’anima del prossimo: lo scandalo

Noi cristiani abbiamo l’obbligo di procurare al prossimo la vita e la salute soprannaturale dell’anima oltre quella del corpo.

Lo scandalo è il contrario: «è l’atteggiamento o il comportamento che induce altri a compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo […]. Lo scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione o omissione induce deliberatamente altri in una grave mancanza» ( Catechismo , 2284). Si può causare scandalo mediante commenti ingiusti, promozione di spettacoli, libri e riviste immorali, o seguendo mode contrarie al pudore, ecc.

«Lo scandalo assume una gravità particolare a motivo dell’autorità di coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono» ( Catechismo , 2285): «chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare» ( Mt 18, 6) [20] .

4.2. Il rispetto per la salute del corpo

Il rispetto per il proprio corpo è una esigenza della carità, perché il corpo è tempio dello Spirito Santo (cfr. 1 Cor 6, 19; 3, 16ss; 2 Cor 6, 16), e siamo responsabili – in ciò che dipende da noi – di procurare la salute fisica, che è un mezzo per servire Dio e gli uomini. Però la vita fisica non è un valore assoluto: la morale cristiana si oppone a una concezione neo-pagana che promuove il culto del corpo , e che può portare alla perversione dei rapporti umani (cfr. Catechismo , 2289).

«La virtù della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi, l’abuso dei cibi, dell’alcool, del tabacco e dei medicinali. Coloro che, in stato di ubriachezza o per uno smodato gusto della velocità, mettono in pericolo l’incolumità altrui e la propria sulle strade, in mare, o in volo, si rendono gravemente colpevoli» ( Catechismo , 2290).

L’uso di droghe è una colpa grave per il danno alla salute che rappresenta e per la fuga dalla responsabilità degli atti che si possono compiere sotto la loro influenza. La produzione clandestina e il traffico di droghe sono pratiche immorali (cfr. Catechismo , 2291).

La ricerca scientifica non può legittimare atti che in se stessi sono contrari alla dignità delle persone e alla legge morale. Nessun essere umano può essere trattato come mezzo per il progresso della scienza (cfr. Catechismo , 2295). Sono contrari a questo principio alcune pratiche, come la procreazione artificiale o l’uso di embrioni per fini sperimentali.

4.3. Il trapianto di organi

La donazione di organi per i trapianti è legittima e può essere un atto di carità se la donazione è pienamente libera e gratuita [21] , e rispetta l’ordine della giustizia e della carità.

«Una persona può donare solo una cosa di cui può privarsi senza serio pericolo o danno per la propria vita o per l’identità personale, e per una ragione giusta e proporzionata. È ovvio che gli organi vitali si possano donare solo dopo la morte» [22] .

È necessario che il donante o i suoi rappresentanti abbiano dato il loro consenso cosciente (cfr. Catechismo , 2296). Una donazione, «pur essendo lecita in se stessa, può arrivare ad essere illecita se viola i diritti e i sentimenti di terze persone, alle quali compete la tutela del cadavere: i parenti prossimi prima di tutti; ma potrebbe anche trattarsi di altre persone in virtù di diritti pubblici o privati» [23] .

4.4. Il rispetto per la libertà fisica e per l’integrità del corpo

I sequestri e la presa in ostaggio sono moralmente illeciti: equivale a trattare le persone solo come mezzi per ottenere fini diversi, privandole ingiustamente della libertà. Sono gravemente contrari alla giustizia e alla carità anche il terrorismo e la tortura.

«Al di fuori di prescrizioni mediche di carattere strettamente terapeutico, le amputazioni, mutilazioni o sterilizzazioni direttamente volontarie praticate a persone innocenti sono contrarie alla legge morale» ( Catechismo , 2297). Non sono invece contrarie alla morale quelle che fanno pare di una terapia necessaria per la salute, e che non si cercano né come fine né come mezzo, ma si sopportano e si tollerano.

4.5. Il rispetto per i morti

«I corpi dei defunti devono essere trattati con rispetto e carità nella fede e nella speranza della risurrezione. La sepoltura dei morti è un’opera di misericordia corporale (cfr. Tb 1, 16-18); rende onore ai figli di Dio, tempi dello Spirito Santo» ( Catechismo , 2300). «La Chiesa raccomanda vivamente che si conservi la pia consuetudine di seppellire i corpi dei defunti; tuttavia non proibisce la cremazione, a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana» (CIC, can. 1176 § 3).

5. La difesa della pace

«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» ( Mt 5, 9). La caratteristica dello spirito di filiazione divina è di essere seminatori di pace e di gioia [24] . «La pace non si può ottenere sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l’assidua pratica della fratellanza. […] È frutto della giustizia (cfr. Is 32, 17) ed effetto della carità» ( Catechismo , 2304).

«A causa dei mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca, la Chiesa con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché la Bontà divina ci liberi dall’antica schiavitù della guerra (cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes , 81)» ( Catechismo , 2307).

Esiste una «legittima difesa con la forza militare». Però «tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale» (Catechismo, 2309) [25] .

«Le ingiustizie, gli eccessivi squilibri di carattere economico o sociale, l’invidia, la diffidenza e l’orgoglio che dannosamente imperversano tra gli uomini e le nazioni, minacciano incessantemente la pace e causano le guerre. Tutto quanto si fa per eliminare questi disordini contribuisce a costruire la pace e ad evitare la guerra» (Catechismo, 2317).

«Ama la tua patria: il patriottismo è una virtù cristiana. Però, se il patriottismo si traduce in un nazionalismo che porta a guardare con indifferenza, con disprezzo – senza carità cristiana né giustizia – altri paesi, altre nazioni, è un peccato» [26] .

Pau Agulles Simó

Bibliografia di base

Catechismo della Chiesa Cattolica, 2258-2330.

Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae, 25-III-1995, cap. III.

Letture raccomandate

L. Ciccone, La vita umana , Ares, Milano 2000.

L. Melina, Corso di Bioetica . Il Vangelo della Vita , Piemme, Casal Monferrato 1996.

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[1] Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes , 24.

[2] Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae , 25-III-1995, 41.

[3] «Le opere di misericordia sono le azioni caritatevoli con le quali soccorriamo il nostro prossimo nelle sue necessità corporali e spirituali» ( Catechismo , 2447).

[4] Inoltre «proibisce qualsiasi azione fatta con l’intenzione di provocare indirettamente la morte di una persona. La legge morale vieta tanto di esporre qualcuno ad un rischio mortale senza grave motivo, quanto di rifiutare l’assistenza ad una persona in pericolo ( Catechismo , 2269)».

[5] Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae , 57.

[6] Cfr. Ibidem , 55-56.

[7] Cfr. Ibidem , 52.

[8] Ibidem , 62.

[9] Ibidem , 62. È tale la gravità del crimine dell’aborto che la Chiesa sanziona questo delitto con la pena canonica della scomunica latae sententiae (cfr. Catechismo, 2272).

[10] «Tali diritti dell’uomo non dipendono né dai singoli individui né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell’atto creativo da cui ha preso origine […]. Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l’uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae , 22-II-1987, III).

«Quanti delitti si commettono in nome della giustizia! – Se tu vendessi armi da fuoco e qualcuno ti offrisse il prezzo di una per uccidere tua madre, gliela venderesti?... Ebbene, non ti dava forse il giusto prezzo?…

- Docente, giornalista, politico, diplomatico: meditate» (San Josemaría, Cammino , 400).

[11] Giovanni XXIII, Enc. Pacem in terris , 11-IV-1963, 51.

[12] Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae , 73.

[13] Ibidem , 65.

[14] «Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente» ( Catechismo , 2278).

[15] «L’uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate» ( Catechismo , 2279).

[16] Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale su “I trattamenti di sostegno vitale e lo stato vegetativo. Progressi scientifici e dilemmi etici”, 20-III-2004, n. 4; cfr. anche Consiglio Pontificio della Pastorale agli Agenti Sanitari, Lettera degli Agenti della Salute , n. 120; Congregazione per la Dottrina della Fede, Risposte ad alcune domande della Conferenza Episcopale Statunitense sull’alimentazione e l’idratazione artificiale , 1-VIII-2007.

[17] Tuttavia, «Non si deve disperare della salvezza eterna delle persone che si sono date la morte. Dio, attraverso le vie che Egli solo conosce, può loro preparare l’occasione di un salutare pentimento. La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla loro vita» ( Catechismo , 2283).

[18] «L’amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. È quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale» ( Catechismo , 2264. Cfr. Giovanni Paolo II, Evangelium vitae , 55): in questo caso, l’omicidio dell’aggressore non costituisce oggetto diretto della volontà di chi si difende, ma l’oggetto morale consiste nel rimuovere una imminente minaccia contro la propria vita.

[19] Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae , 56. Cfr. Catechismo , 2267.

[20] «Si rendono colpevoli di scandalo coloro che promuovono leggi o strutture sociali che portano alla degradazione dei costumi e alla corruzione della vita religiosa, o a “condizioni sociali che, volontariamente o no, rendono difficile e praticamente impossibile un comportamento cristiano conforme ai comandamenti (Pio XII, Discorso del 1° giugno 1941)» (Catechismo, 2286).

[21] Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso , 22-VI-1991, 3; Catechismo , 2301.

[22] Ibidem , 4.

[23] Pio XII, Discorso all’Associazione Italiana Donatori di Cornea, 14-V-1956.

[24] Cfr. San Josemaría, È Gesù che passa , 124.

[25] «Occorre contemporaneamente:

- Che il danno causato dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo.

- Che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci.

- Che ci siano fondate condizioni di successo.

- Che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.

Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della “guerra giusta”.

La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune» ( Catechismo , 2309). Inoltre, «si è moralmente in obbligo di far resistenza agli ordini che comandano un genocidio» ( Catechismo , 2313).

La corsa agli armamenti , «lungi dall’eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle. L’impiego di ricchezze enormi nella preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le popolazioni indigenti; ostacola lo sviluppo dei popoli» ( Catechismo , 2315). «La corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell’umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri» (Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes , 81). Le autorità hanno il diritto e il dovere di regolamentare la produzione e il commercio delle armi (cfr. Catechismo , 2316).

[26] San Josemaría, Solco , 315. Cfr. San Josemaría, Forgia , 879; Cammino , 525.