Montse Grases sulla strada della beatificazione

Si è svolto a Roma, presso l’Ufficio Comunicazione dell’Opus Dei, un briefing per giornalisti sulla causa di beatificazione di Montserrat Grases, morta per un cancro nel 1959 a meno di 18 anni.

Ne hanno parlato mons. José Luis Gutierrez, postulatore della causa, la prof.ssa Maria Eugenia Ossandón, docente del dipartimento di Storia della Chiesa della Pontificia Università della Santa Croce, e il prof. don Francesco Russo dell’Ufficio delle cause dei santi della Prelatura dell’Opus Dei.

L’occasione è stata la recente decisione di Papa Francesco di autorizzare la pubblicazione del decreto sull’eroicità delle virtù vissute dalla giovane catalana. Un punto importante della causa di beatificazione, che arriva dopo un lungo processo (iniziato nel 1962), rappresentato da un volume di 600 pagine che racchiude la vita di Montse attraverso le testimonianze e l’esame della documentazione da parte di 9 consultori, e infine dei cardinali e vescovi della Congregazione delle cause dei santi.
«A questo punto per arrivare alla beatificazione serve il riconoscimento di un miracolo avvenuto per intercessione di Montse, cioè il sigillo di Dio - ha affermato mons. Gutierrez - e a tal proposito invito i fedeli cristiani, in particolare quelli dell’Opus Dei, a invocare e chiedere favori a questa ragazza, allegra e sportiva, che aveva una gran paura del dolore, ma che seppe vivere con grande fortezza nove mesi di malattia, tra sofferenze notevoli». Sarebbe però sbagliato, ha aggiunto il postulatore, ridurre la santità di Montse al periodo della malattia, perché già da prima si stava preparando ad accogliere fino in fondo la volontà di Dio. E al momento di ricevere la notizia della malattia implacabile che l’aveva colpita, rimase inspiegabilmente tranquilla. Quella notte - ha testimoniato la madre - andò a letto come se niente fosse e prese subito sonno. Un segnale di una speciale unione con Dio, esplicitata anche nei momenti dell’agonia, quando continuava a ripetere: "Sono così felice!".
Nel gergo si dice che Montse “morì in odore di santità”. Una delle prove di questa fama – racconta il prof. Francesco Russo – è la diffusione della stessa. «Nell’ufficio in cui lavoro arrivano quotidianamente moltissimi favori sia materiali che di carattere spirituale ricevuti da persone che si rivolgono a Montse in tutto il mondo. Dagli Stati Uniti al Kenya, i fedeli si rivolgono a questa ragazza spagnola morta a Barcellona ormai 70 anni fa. Il fatto che la fama non sia circoscritta a un luogo preciso o a persone vissute in un ristretto lasso di tempo è un fatto molto indicativo e ci fa capire che l’esempio che ha dato dura nel tempo e non ha confini geografici».
Ma come si è ricostruita la vita di Montse? La Prof.ssa Maria Eugenia Ossandón ha spiegato che le fonti sono state diverse: «Innanzitutto si è partiti dai suoi appunti personali, ovvero due agendine in cui Montse annotava propositi, idea e pensieri; c’era anche il diario del centro dell’Opus Dei che frequentava dove sono stati raccontati soprattutto i suoi ultimi mesi di vita da parte di chi la andava a trovare. Poi si sono raccolti 110 scritti dove si sono registrate le testimonianze di chi l’ha conosciuta: amici, colleghe, parenti etc. Uno dei racconti più belli è quello sulla settimana che Montse passò a Roma, dopo aver saputo che non le restava molto da vivere, quando venne ad incontrare san Josemaría. In quei giorni ripeteva spesso “sono pronta a tutto ciò che il Signore vorrà per me”».