Vita di Maria (XVI): Magistero, Padri, santi

Testi del Magistero, dei santi, di altri scrittori spirituali e di Padri della Chiesa, su una scena della vita della Madonna: la Pietà.

La voce del Magistero

«Hanno restituito nelle mani della Madre il corpo senza vita del Figlio. I Vangeli non parlano di ciò che ella ha provato in quell'istante.

È come se gli Evangelisti, con il silenzio, volessero rispettare il suo dolore, i suoi sentimenti e i suoi ricordi. O, semplicemente, è come se ritenessero di non essere capaci di esprimerli.

È stata soltanto la devozione plurisecolare a conservare l'immagine della “Pietà", fissando così nella memoria del popolo cristiano l'espressione più dolorosa di quell'ineffabile legame d'amore sbocciato nel cuore della Madre il giorno dell'annunciazione e maturato nell'attesa della nascita del divin Figlio.

Quell'amore si è rivelato nella grotta di Betlemme, è stato sottoposto alla prova già durante la presentazione al tempio, si è approfondito insieme con gli eventi conservati e meditati nel suo cuore (cfr. Lc 2, 51). Adesso quest'intimo legame d'amore deve trasformarsi in un'unione che supera i confini della vita e della morte.

E così sarà lungo tutto l'arco dei secoli: gli uomini si fermano presso la statua della Pietà di Michelangelo; si inginocchiano davanti all'immagine della Mesta Benefattrice (Smetna Dobrodziejka) nella Chiesa dei Francescani a Cracovia; dinanzi alla Madre dei Sette Dolori, Patrona della Slovacchia; venerano l'Addolorata in tanti santuari in ogni parte del mondo. Essi apprendono così il difficile amore che non fugge di fronte alla sofferenza, ma si abbandona fiduciosamente alla tenerezza di Dio, a cui nulla è impossibile (cfr. Lc 1, 37)».

«Il corpo senza vita di Cristo è stato posto nel sepolcro. La pietra sepolcrale non è tuttavia il suggello definitivo della sua opera.

L'ultima parola non appartiene alla falsità, all'odio e alla sopraffazione.

L'ultima parola verrà pronunciata dall'Amore, che è più forte della morte.

“Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" ( Gv 12, 24).

Il sepolcro è l'ultima tappa del morire di Cristo nel corso dell'intera vita terrena; è segno del suo supremo sacrificio per noi e per la nostra salvezza.

Ben presto, ormai, questo sepolcro diverrà il primo annuncio di lode e di esaltazione del Figlio di Dio nella gloria del Padre.

“Fu crocifisso, morì e fu sepolto, [...] il terzo giorno risuscitò da morte".

Con la deposizione del corpo senza vita di Gesù nel sepolcro, ai piedi del Golgota, la Chiesa inizia la veglia del Sabato Santo.

Maria conserva nel profondo del cuore e medita la passione del Figlio;

le donne si danno appuntamento per il mattino del giorno dopo il sabato, per ungere con aromi il corpo di Cristo;

i discepoli si raccolgono, nel nascondiglio del Cenacolo, finché non sia passato il sabato.

Questa veglia terminerà con l'incontro presso il sepolcro, il sepolcro vuoto del Salvatore».

Beato Giovanni Paolo II (XX-XXI secolo)

Via Crucis al Colosseo nella Settimana Santa del 2000 , XIII e XIV stazione.

* * *

«Gesù è morto, dal suo cuore trafitto dalla lancia del soldato romano sgorga sangue e acqua: misteriosa immagine del tesoro dei sacramenti, del Battesimo e dell'Eucaristia, dai quali, in virtù del cuore trafitto del Signore, la Chiesa sempre rinasce. A lui non spezzarono le gambe come agli altri due crocifissi; si manifesta così come il vero agnello pasquale, al quale non si deve spezzare alcun osso (cfr. Es 12, 46). E ora che ha sopportato tutto, si nota che, malgrado tutto il turbamento del cuore, malgrado il potere dell'odio e della vigliaccheria, Egli non è solo. Vi sono i fedeli. Ai piedi della croce stavano Maria, sua Madre, la sorella di sua Madre, Maria di Cleofa, Maria Maddalena e il discepolo che Egli amava. Arriva anche un uomo ricco, Giuseppe d'Arimatea: il ricco riesce a passare per la cruna dell'ago, perché Dio gli dà la grazia. Seppellisce Gesù nella sua tomba non ancora adoperata, in un orto: dove Gesù è seppellito, il cimitero si trasforma in un giardino, quel giardino dal quale era stato estromesso Adamo quando si allontanò dalla pienezza della vita, dal suo Creatore. Il sepolcro nel giardino rivela che la signoria della morte sta per terminare. Arriva anche un membro del Sinedrio, Nicodemo, al quale Gesù aveva annunciato il mistero della rinascita dall'acqua e dallo Spirito. Anche nel Sinedrio, che aveva deciso la sua morte, c'è qualcuno che crede, che conosce e riconosce Gesù dopo la sua morte. Nell'ora del grande lutto, della grande oscurità e della disperazione, sorge misteriosamente la luce della speranza. Il Dio nascosto rimane sempre come Dio vivo e vicino. Anche nella notte della morte, il Signore morto continua ad essere nostro Signore e Salvatore. La Chiesa di Cristo Gesù, la sua nuova famiglia, comincia a formarsi».

«Nicodemo porta una mistura di mirra e aloe di cento libbre per diffondere un fragrante profumo. Ora, nella donazione del Figlio, come è accaduto nell'unzione di Betania, si palesa chiaramente una esagerazione che ci ricorda l'amore generoso di Dio, la “sovrabbondanza" del suo amore. Dio si offre generosamente a se stesso. Se la misura di Dio è la sovrabbondanza, anche per noi niente dev'essere troppo per Dio. È ciò che Gesù ci ha insegnato nel Sermone della Montagna (Mt 5, 20).

[...] Con il dissolversi delle ideologie, la nostra fede dovrebbe essere ancora una volta il profumo che ci accompagna nei sentieri della vita. Nel momento della sua sepoltura, comincia a compiersi la parola di Gesù: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12, 24). Gesù è il chicco di grano che muore. Dal chicco di grano sepolto comincia la grande moltiplicazione del pane che durerà fino alla fine dei tempi: Egli è il pane di vita capace di saziare in modo sovrabbondante tutta l'umanità e di darle il sostentamento vitale: il Verbo di Dio per noi è carne, e anche pane, attraverso la croce e la risurrezione. Sul sepolcro di Gesù risplende il mistero dell'Eucaristia».

Joseph Ratzinger – Benedetto XVI (XX-XXI secolo)

Via Crucis al Colosseo nella Settimana Santa del 2005 , XIII e XIV stazione.

La voce dei Padri e degli scrittori antichi

«Dolcissimo, amatissimo Figlio mio! Com'è stato possibile che tu dovessi prendere su di te il tormento della Croce?

Figlio mio e Dio mio! Come hai potuto tollerare gli sputi, i chiodi e la lancia, gli schiaffi, lo scherno e le beffe, la corona di spine e il manto di porpora, la spugna, la canna, il fiele e l'aceto?

Com'è possibile che pendi dalla Croce nudo, tu, Figlio mio, che copri il cielo con le nubi? Hai sete pur essendo il Creatore, che creò il mare e tutte le sorgenti!

Sei l'innocente e muori in mezzo a due malvagi!

Che male hai fatto? Figlio mio! In che cosa hai offeso i giudei?

Perché, dunque, ti hanno inchiodato alla Croce gli uomini ingiusti e ingrati?

Tu hai guarito i loro paralitici e i loro malati; tu hai risuscitato i loro morti! Dov'è ora la tua forza, Figlio mio dolcissimo e Dio magnanimo?

Ah, io muoio di dolore vedendoti sospeso a un legno, fissato dai chiodi e coperto di ferite!

Dov'è ora la tua bellezza, dove la tua grazia? Il sole ha nascosto il suo splendore e non vuole illuminare più! È scomparsa la luce della luna, che si è nascosta nell'oscurità! Le rocce si sono spezzate, i sepolcri si sono aperti, il velo del Tempio si è squarciato in due parti!

O Simeone, veggente degno di ammirazione, ora sento realmente che la spada da te annunciata mi ha trafitto l'anima!

Vedo le tue orribili sofferenze, Figlio mio e Dio mio!

Vedo la morte immeritata che ti viene inflitta, e non ti posso aiutare!

Lamentatevi con me, discepoli del Signore, voi che vedete il mio cuore e la profondità della sua ferita!».

«Figlio mio amatissimo, io venero la tua afflizione, lodo e adoro la tua misericordia e la tua magnanimità!

La vergogna, che hai preso su di te, Figlio mio, ha portato onore a tutti!

La tua morte è stata la vita per l'Universo!».

Sant'Efrem di Siria (IV secolo) (attribuito a)

Lamento di Maria , in Franz M. William, Vita di Maria .

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«Maria si recò accanto a Gesù e appoggiò il suo capo alla croce. Cominciò a mormorare lamenti, frasi di dolore in lingua ebraica: Chi mi potrà trasformare in aquila, Figlio mio, perché possa volare ai quattro angoli del mondo e riunire e invitare tutte le nazioni al grande festino della tua morte?».

Il tuo sepolcro è simile a una camera nuziale, nella quale Tu, Figlio mio, assomigli allo sposo. I morti sembrano gli invitati alle nozze e sono portati alla presenza degli angeli. Piangete, creature, piangete il vostro Signore innalzato sulla croce. O sole, nascondi i tuoi raggi per celare l'obbrobrio del tuo Signore; discendi, mostrati in mezzo alle tenebre, lì dove si è manifestato il tuo Creatore perché lo vedano i morti dello sheol ed esclamino: Ecco Colui che risusciterà».

O morti! Andate incontro al mio unico Figlio: Egli risusciterà i vostri corpi. Gloria a te, Creatore di ogni essere, che le mute creature hanno glorificato! Gloria a te, Signore del cielo, che hai accettato di essere condannato dai terrestri! Gloria a te, che hai portato il legno, Tu che sostieni il cielo e la terra! Gloria a te, chiuso nel sepolcro, Tu che racchiudi i confini della terra! Gloria a te e al Padre che ti ha inviato, e adorazione allo Spirito Santo!».

Messale della Liturgia Siro-Occidentale (VIII secolo)

Maria nel Fanqito (libro che contiene il Proprio liturgico delle domeniche e delle feste), VIII sec.

La voce dei santi e degli autori spirituali

«Si sedette ai piedi della Croce e ricevette sul grembo il corpo morto del Figlio, e sostenendolo con le braccia nelle sue, lasciò che reclinasse il capo sul suo petto verginale. Poi, fissando gli occhi attentamente in Lui, e alzandoli poi al cielo, dette principio alla devota meditazione della Passione del Signore, alla compassione e alle lacrime, alla contemplazione profonda e serena, e agli altissimi sentimenti di dolore e di amore che nel corso dei tempi nutriranno su questo mistero i fedeli e diletti figli di Dio.

Figlio mio – avrà detto -, chi ti ha ridotto in queste condizioni? Non mi lamento, Signore, di quelli che ti hanno tolto la vita perché Voi l'avete offerta volontariamente attraverso di loro e per obbedienza al vostro Eterno Padre. O Padre Eterno, benedetta sia la tua provvidenza e benedetta sia la tua generosità e il tuo amore, perché per dare la vita agli schiavi hai donato alla morte il tuo stesso Figlio! Figlio mio, questi erano i vostri aneliti; ora i vostri aneliti sono adempiuti! Queste ferite, queste sofferenze, questi chiodi e questa lancia che io ora vedo nel vostro corpo è ciò che Voi avete apportato al vostro cuore in tutta la vita! Come avete potuto vivere portando in esso una croce così pesante?

Siete morto, Signore, per mano dei vostri nemici; ma non come un indolente e un codardo, ma come muoiono i prodi e i coraggiosi, e da figlio di chi siete! O Figlio dell'Eterno Padre, questa era l'obbedienza, questo lo zelo per la dignità di Dio, questo l'amore per il prossimo, questo il disprezzo di tutto ciò che è temporale, questa la costanza nel predicare la verità e la fortezza per uscire a sua difesa, che ci doveva mostrare nel mondo Colui che era vero Figlio di Dio! O Eterno Dio, grande nella giustizia e grande nella misericordia! Che giustizia è questa che hai messo in atto per il tuo amato Figlio? E che misericordia quella che hai usato verso degli sconosciuti e vili schiavi? [...].

Così stava la Vergine pervasa da un acuto dolore ed elevata a un'altissima contemplazione; e il Figlio che poco prima, da vivo, si era offerto con divorante carità sulle braccia di una croce morta, ora da morto stava fra le braccia di sua Madre viva; la quale sentiva i propri dolori e li offriva anche, per quanto poteva, per la dignità di Dio e la salvezza degli uomini, con tutte le forze della carità che lo Spirito Santo le comunicava. E fu tanto gradito a Dio quell'amore con cui fra tanti dolori la Vergine arrivò a desiderare il rimedio e la salvezza del genere umano, che, come fu suo Figlio mediatore e Redentore di tutti gli uomini, così anch'Ella diventò mediatrice e avvocata dei medesimi uomini».

Luis de la Palma (XVI-XVII secolo)

Storia della Sacra Passione , cap. 48.

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«Senza nulla di proprio Gesù è venuto al mondo, e senza nulla di proprio – neppure il luogo in cui riposa – ci ha lasciati.

La Madre del Signore – mia Madre – e le donne che hanno seguito il Maestro dalla Galilea, dopo aver osservato tutto attentamente, rientrano anch'esse. Cade la notte.

Adesso tutto è finito. L'opera della nostra Redenzione è compiuta. Ormai siamo figli di Dio, perché Gesù è morto per noi e la sua morte ci ha riscattati.

Empti enim estis pretio magno! (1 Cor 6, 20), tu e io siamo stati comprati a gran prezzo.

Dobbiamo far diventare vita nostra la vita e la morte di Cristo. Morire per mezzo della mortificazione e della penitenza, perché Cristo viva in noi per mezzo dell'Amore. E dunque seguire le orme di Cristo, con l'anelito di corredimere tutte le anime.

Dare la vita per gli altri. Soltanto così si vive la vita di Gesù Cristo e diventiamo una sola cosa con Lui».

San Josemaría (XX secolo)

Via Crucis , XIV stazione