Un dovere di lealtà

Freddy Ngandu Muteba, congolese di Kinshasa, è uno dei 38 sacerdoti dell’Opus Dei ordinati a Roma sabato 26 maggio. Pensa ora di ritornare nel suo Paese per esercitarvi il suo ministero.

Lei è a Roma da sei anni per gli studi di teologia e di diritto canonico. Desidera ritornare in Congo?

Più che un desiderio, credo che ritornare in Congo sia un dovere di lealtà. La situazione del mio Paese è un grido di disperazione continuo che tocca la coscienza di ogni congolese. Il Congo si costruirà sicuramente con l'aiuto dei Paesi stranieri ma non senza la partecipazione effettiva di tutti i suoi abitanti. È un dovere cui non ho intenzione di sottrarmi. Vale la pena condividere con gli altri la formazione e l’esperienza acquisite durante il mio soggiorno a Roma. È poco, ma è qualcosa che può servire al mio Paese.

All’inizio dell’anno il Cardinle Frédéric Etsou, arcivescovo di Kinshasa, è tornato alla casa del Padre. Quale ricordo ne conserva?

Il mio ricordo è quello di un Pastore di anime che ha saputo conquistare il cuore della gente. All’inizio della suo incarico pastorale alcuni “esperti” hanno voluto dare una lettura politica della nomina, senza considerare il grande desiderio di servizio e il grande amore che il Cardinale aveva per tutti. La numerosa affluenza ai suoi funerali è una testimonianza del suo livello umano e spirituale. Grazie a lui, il Congo ha avuto un secondo beato, Isidore Bakanja, che ha saputo assimilare la formazione cristiana e dare un esempio eloquente della catechesi del perdono. I congolesi hanno anche bisogno, in questo tempo di conflitti, di una buona formazione cristiana e di una catechesi del perdono.

Ho pranzato due volte con il cardinale in un centro dell’Opus Dei. In queste occasioni, ho scoperto che era profondamente radicato nella realtà di Kinshasa, dove aveva trascorso la giovinezza. Amava molto la caccia. La caccia a Kinshasa? Sì! Abbiamo scoperto che le zone attorno al Comune di Ngaliema formavano allora una specie di foresta dove si trovava selvaggina… e il futuro cardinale era amante della caccia…

Come pensa di servire il suo Paese ora che è sacerdote?

Essendo sacerdote al 100%, e non saranno gli impegni sacerdotali a mancarmi, il compito è enorme. Il Congo conta più di 50 milioni di anime. Hanno bisogno di sacerdoti e ancor più se noi sacerdoti ci mettiamo a fare i sacerdoti "sul serio". È un’altra sfida che i congolesi non comprendono sempre.

I suoi genitori l’hanno spinta a essere dell’Opus Dei e poi a diventare sacerdote?

L’Opus Dei ha cominciato il suo apostolato in Congo nel 1980. Più di 25 anni dopo è ancora una novità da scoprire. Non mi riferisco alla conoscenza della sua esistenza ma al contenuto del suo messaggio. In questo senso, direi che i miei genitori non sapevano quasi nulla dell’Opus Dei.

Quanto a me, la mia avventura nell’Opus Dei è iniziata 15 anni fa davanti a una birra all’Università di Kinshasa. Una persona che conoscevo da poco mi invitò a partecipare alle attività dell’Opera (quando lo conobbi anche lui non sapeva nulla dell’Opus Dei).

Quando poi ho scoperto la mia vocazione all’Opus Dei sono andato a parlarne con i miei genitori. Il ricordo della reazione di mia madre è rimasto intatto: “Figlio mio – mi ha detto – un impegno a non sposarsi (è in questo che si limitava la mia spiegazione della vocazione), senza essere sacerdote, continuando gli studi universitari per una futura vita professionale…io, tua madre, non lo capisco. Ma non voglio nemmeno oppormi…”. È solo dopo alcuni anni che mi sono reso conto della perplessità di mia madre e della sua generosità: sono il maggiore di una famiglia di dieci figli. Nella tribù dei miei genitori, non sposarsi (senza essere prete o religioso) non è una cosa comune, soprattutto per il maggiore della famiglia.

Se i miei genitori non si sono opposti alla mia vocazione all’Opus Dei, a maggior ragione ci si può immaginare la loro gioia per la mia vocazione sacerdotale: mi assicurano le loro preghiere. So che queste preghiere sono quotidiane ed è un grande stimolo per un sacerdote.

Prima di ottenere la licenza in teologia, lei si è laureato in Legge. Come conta di conciliare la sua mentalità di giurista con il lavoro sacerdotale?

Sono giurista di formazione. Tutti i giuristi hanno una certa sensibilità per i temi della giustizia, sia a livello sociale sia a livello di relazioni interpersonali. Potrei segnalare anche l’abitudine, quasi istintiva, ad ascoltare gli altri prima di formulare un giudizio su questo o quel problema. Per un sacerdote, una certa mentalità giuridica potrebbe impedirgli di dare consigli senza considerare bene la situazione concreta del suo interlocutore; ma noi stiamo parlando di un lavoro con le anime e il grande protagonista è Dio. Ci sorprende sempre piacevolmente bene al di là delle nostre previsioni e dei nostri calcoli umani.

L’Opus Dei è presente in Congo (RDC). Per ogni informazione circa questo articolo o le attività apostoliche dell’Opus Dei nella Repubblica Democratica del Congo, si può scrivere a:Kinshasa@opusdei.org