Al Campus Bio-Medico parte il progetto per l'educazione alimentare in Tanzania

L'articolo pubblicato il 10 novembre su "Avvenire" racconta l'iniziativa del Campus Bio-Medico, dell'ateneo di Parma e di due università africane per favorire l'alfabetizzazione nutrizionale in Tanzania.

L'abbazia di Vminwa, nella Tanzania dell'est, è un centro benedettino particolare: «La nostra vocazione - racconta il priore e maestro dei novizi, Lawrence Samson Ntyakila - è quella di missionari. A differenza di quanto accade solitamente nei monasteri del nostro ordine, siamo molto aperti e attivi nel sociale». In un'area rurale estremamente povera e arretrata, tra il lago Tanganica e il lago Rukwa, la sede della missione è divenuta il punto di riferimento culturale, sociale e sanitario di una decina di villaggi sparsi nei dintorni, per un totale di circa 20mila abitanti. Qui l'università Campus Bio-Medico di Roma, assieme al Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea), l'Università di Parma, l'associazione Golfini rossi onlus e due atenei africani, la Strathmore University (Kenya) e la St. Joseph University (Tanzania), ha deciso di dare vita a un progetto di cooperazione di cinque anni per sostenere lo sviluppo agroalimentare, l'alfabetizzazione nutrizionale e la nascita di aziende agricole nella zona. Ieri, la firma dell'accordo nella sede dell'ateneo romano, alla presenza del rettore Raffaele Calabrò, del presidente del Crea, Salvatore Parlato, del priore Ntyakila e dei docenti dei corsi di laurea coinvolti.

Cuore del progetto è l'alfabetizzazione nutrizionale con il trasferimento di know-how

Il piano ha già visto una fase preliminare e alcuni studiosi del Campus hanno potuto visitare la zona gettando le basi per un futuro di cooperazione. «Abbiamo trovato una zona agricola poverissima - racconta Laura De Gara, presidente del corso di laurea in Scienze dell'alimentazione e nutrizione umana del Campus Bio-Medico - . Non c'è corrente elettrica né connessione a internet. Il livello di produzione agricola è molto basso, con raccolti pari al 5-6% della resa stimata. Le donne, spesso la maggioranza della mano d'opera, lavorano con i bambini legati dietro le spalle».

Cuore del progetto è l'alfabetizzazione nutrizionale attraverso un impegnativo processo di trasferimento di know-how che, nel caso specifico, include anche l'insegnamento delle norme di igiene più banali e delle regole primarie di un'alimentazione corretta. Basti pensare che i 600 bambini della scuola primaria interna al monastero (ce n'è anche una superiore con 1.200 studenti), vivono in parte lì e sono abituati a cenare alle sei e a fare colazione alle 11:30. A conferma delle necessità di un intervento ci sono poi i dati rilevati dagli studenti del Campus: la malnutrizione infantile riguarda il 75% dei bambini che abitano nei dintorni del monastero e tra questi l'80% ne soffre in maniera cronica.

La malnutrizione infantile riguarda il 75% dei bambini che abitano nei dintorni del monastero

Il progetto include anche la creazione di un laboratorio di nutrizione al quale il Crea ha donato un essiccatore a energia solare per la conservazione dei cibi. Il luogo è destinato alla formazione, anche a distanza, e alla ricerca di soluzioni per lo stoccaggio e la trasformazione di alimenti per la diversificazione della dieta. Alla malnutrizione contribuisce anche la contaminazione dell'acqua. Grazie a un kit donato dall'università Roma Tre, gli studenti hanno potuto effettuare una mappatura delle fonti circostanti e a studiare le strategie di purificazione che andranno messe in atto nei prossimi cinque anni.

«Speriamo che da questa collaborazione nasca qualcosa di grande - auspica Ntyakila -. Invito anche le altre università italiane a contribuire al progetto. In Tanzania c'è grande fratellanza e collaborazione tra gli abitanti, siamo un Paese di pace».

Matteo Marcelli

Avvenire