La ricerca della felicità nelle cure palliative: migliorare la qualità della vita che resta da vivere

Un servizio trasmesso dalla televisione spagnola (RTVE) sul Centro di Cure Palliative Laguna.

Manuel da quattro mesi è ricoverato nell'Ospedale Laguna, di Madrid RODRIGO SIMÓN. RTVE

Fino a sette mesi fa, quando è svenuto nella metropolitana di Madrid, Manuel non era mai stato ricoverato in un ospedale. Fu portato all’Ospedale 12 Ottobre, dove gli fu diagnosticato un cancro al polmone. “Io avevo sempre sentito dire che di cancro si moriva rapidamente. È chiaro che mi sono spaventato, ma poi mentalmente ci si fa l’abitudine”.

Da circa quattro mesi risiede nell’Ospedale Laguna di Madrid, uno degli unici due in Spagna dedicati esclusivamente alle cure palliative, destinate ai pazienti incurabili.

È un’assistenza medica che va molto al di là dei farmaci, dei sintomi fisici, ma si fonda in modo integrale sul benessere del paziente; e non soltanto suo, ma anche della sua famiglia. Se ne occupano medici, infermieri, psicologi e assistenti sociali.

Il Governo sta elaborando una nuova legge sulle cure palliative, che presenterà a marzo. La ministro della Sanità, Leire Pajín, ha spiegato nei giorni scorsi alla Camera che la normativa non regolerà l’eutanasia e ha chiesto che i due argomenti non vengano confusi.

“Parto dalla considerazione, forse scontata, che tutti i miei malati siano vivi. Non ignoro la possibilità della morte e so che può essere vicina a molti di loro, ma ritengo che, fino a quando non arriva quel momento, io debba fare il possibile per dar loro la migliore qualità di vita nel tempo che resta, è ciò è proprio quello che essi vogliono”, spiega il direttore dell’assistenza, il dottor Javier Rocafort Gil, che è anche presidente della Società spagnola delle Cure palliative (SECPAL).

Manuel lo sa molto bene: “Quando arrivi qui senti l’umanità, l’affetto degli altri, l’amore tra le persone; quello che prima non notavi per la strada, ora lo noti qui [...]. Riprendi un po’ di coraggio perché c’è un ottimo personale che ti aiuta. Altrimenti non resisteresti neppure due settimane”.

Teresa, la cui sorella Amelia è morta 16 mesi fa nell’Ospedale Laguna per un cancro al seno, sente ancora una grande riconoscenza per quanto è stato fatto. “Siamo state qui più di sei mesi. Credo che per lei ogni giorno di quei mesi sia stato un regalo [...]. Stando qui ha goduto di una qualità di vita che in realtà non aveva mai avuto; e infine una preparazione alla morte che, secondo me, non avremmo mai potuto sperare: se n’è andata felice”.

"L’intervento di un gruppo di specialisti in cure palliative è volto in modo così intenso alla ricerca della felicità"

“L’intervento di un gruppo di specialisti in cure palliative – sottolinea il dottor Rocafort - è volto in modo così intenso alla ricerca della felicità, che alcuni pazienti non hanno mai provato un tale grado di profonda soddisfazione, di esperienza positiva, come nel loro ultimo mese di vita”.

L’80% dei malati che arrivano agli oltre 400 gruppi e unità di cure palliative esistenti oggi in Spagna, sono malati oncologici, anche se soltanto la metà dei 250.000 pazienti all’anno che in Spagna hanno bisogno di questo tipo di assistenza ha il cancro.

Hanno bisogno di cure palliative anche i pazienti che muoiono a causa di malattie neuro-degenerative o per l’insufficiente funzionamento di alcuni organi in uno stadio avanzato. Sono circa 50/60.000 coloro che non ricevono un’assistenza adeguata. Servirebbe 700 gruppi, per arrivare a tutti.

Oltre a lenire il dolore

"Pensiamo alla quantità di cose che ci restano da fare nella nostra vita; a volte è una corsa contro il tempo"

Nelle unità di cure palliative, il lavoro degli specialisti va oltre il tentativo di lenire il dolore. “Tutti gli specialisti dell’ospedale cercano la felicità del paziente, ed è chiaro che non si può essere felici con il dolore. Lenire il dolore per noi non è un fine, ma una modalità. Non posso permettere che un paziente senta dolore, perché altrimenti non può dedicarsi a godere la vita”, afferma il direttore dell’assistenza del Centro di Cure Laguna.

Di solito il dolore è uno dei 5 o 6 sintomi (di un gruppo di 10 o 15 sintomi) che ha in media ogni paziente che usufruisce di palliativi. “Di tutti i sintomi, il dolore è il più semplice da trattare nonostante la paura che ci mette addosso. Più difficili sono la stanchezza, la mancanza di appetito...”, spiega Rocafort.

Secondo questo specialista, l’utilizzo dei sedativi è indicato soltanto in un 5% dei casi. “È la nostra arma segreta, l’ultima spiaggia alla quale fare ricorso nei casi che non si possono risolvere altrimenti”, aggiunge il direttore dell’assistenza, il quale sottolinea che “sedare non vuol dire accorciare la vita del paziente”, contrariamente a ciò che spesso si pensa.

Accettare la morte

Nelle unità di cura non soltanto tolgono il dolore fisico, ma tentano di attenuare anche quello psicologico per preparare i pazienti. Ma come si prepara una persona a rendersi conto che è arrivata ai suoi ultimi mesi, alle sue ultime settimane, ai suoi ultimi giorni di vita?

Pastora, di 92 anni, è ricoverata nell'Ospedale Laguna RODRIGO SIMÓN. RTVE

Il dottor Rocafort spiega che lo si fa in “una forma progressiva, senza ferire il paziente”, quando questi è preparato ad accettare la prognosi della propria malattia e purché voglia conoscerla, perché “il paziente ha anche il diritto di non sapere”.

Come spiega Esther Martín Molpeceres, del gruppo psico-sociale che l’ospedale ha costituito grazie al programma “Assistenza integrale alle persone con malattie terminali” finanziato dalla banca La Caixa, “è molto arduo” accettare la situazione in quanto “l’affronti solo quando ci sei dentro, perché fino ad allora non ti rendi conto che tutto ha un fine”.

“Sprofondare nella depressione è una delle fasi che accadono, ma soltanto una – dice Rocafort -, perché di solito i pazienti passano anche per altre fasi: rabbia e rifiuto, per esempio, anche se alla fine arrivano la rassegnazione e l’accettazione”.

Quando poi hanno accettata la situazione, ciò che vogliono è “vivere intensamente”. Uno degli specialisti invita a mettersi nei panni di questi pazienti: “Pensiamo alla quantità di cose che ci restano da fare nella nostra vita, quali decideremmo di terminare in tutta fretta; a volte è una corsa contro il tempo”.

Adempiere gli ultimi desideri

"Il parente soffre molto quando fa compagnia a un malato "

Uno dei compiti principali di ogni specialista è lavorare per adempiere gli ultimi desideri dei pazienti. Per esempio, uno di loro che dipingeva, aveva il sogno di vedere i propri quadri in una esposizione. Prima di morire ha potuto vederli appesi nel corridoio dell’ospedale. O un altro, che voleva calpestare il campo erboso dello stadio Bernabeu.

Alcuni giorni fa Manuel scherzava dicendo che sarebbe “morto in pace” se l’Atletico Madrid avesse eliminato il Real Madrid, cosa che per il momento gli consentirebbe di aspettare un bel po’. Frattanto continuerà a leggere. Dacché è ricoverato ha letto circa 40 libri. Ora ha tra le mani Il giovane Holden, di J. D. Salinger, e aiuta i volontari nelle visite che fanno agli altri malati.

Oltre a leggere e aiutare gli altri malati, Manuel si distrae con le attività offerte dall’ospedale. Tutti i martedì c’è la zarzuela, i giovedì la bottega del cestaio e i venerdì si fa una piccola festa con musica, giochi di prestigio o teatro. Venerdì scorso vi sono stati canti e balli di Siviglia, perché Pastora, una delle pazienti, ha compiuto 92 anni ed è di Siviglia.

Gli specialisti dell’Ospedale Centro di Cure Laguna si accorgono che assai spesso sono i familiari a stare peggio. “Il parente soffre molto quando fa compagnia a un malato – afferma Rocafort -, e proprio per questo facilmente cade nella depressione e nella tristezza. È facilissimo vedere familiari molto tristi di pazienti che stanno relativamente bene”.

È per questo che nelle cure palliative si prende in considerazione anche l’ambiente che circonda il malato.

Teresa ha perso sua sorella Amelia per un tumore al seno RODRIGO SIMÓN. RTVE

Alcuni specialisti in contatto quotidiano con la morte

E gli specialisti? In che modo superano il contatto quotidiano con la morte? Le squadre di psicologi delle unità di cure palliative danno assistenza al malato e ai suoi familiari, ma anche al resto del personale che si occupa di loro.

Per imparare a convivere con la morte è importante tenere presente che qui l’obiettivo non è guarire, come accade negli altri ospedali, ma rendere confortevoli gli ultimi giorni di un malato.

“Nel caso della perdita di un paziente – spiega Elena Carrascal Garchitorena, vice direttrice delle Infermiere del Centro Laguna -, ci domandiamo: come è stata la sua fine? Era sereno? È stato in compagnia delle persone che amava?”. Se la risposta è: È “stato aiutato a concludere l’esistenza con una vita di qualità, con il controllo dei sintomi a livello fisico e spirituale” – afferma Elena -, allora vuol dire che ne è valsa la pena.

Nel caso di sua sorella Amelia, Teresa è convinta che “ciò che più ha contato è stata la medicina spirituale, la quotidianità, vedere come gli altri si comportavano con lei, come la distraevano impedendole di pensare che le rimaneva un giorno in meno; bisognava renderle la giornata piacevole, facile, in modo che superasse gli ultimi momenti e li superasse felice. E così è stato”.

Ana Martín Plaza- Rodrigo J. Simón // RTVE