​28. Che successe nell’ultima cena?

Quasi in ogni pagina del Vangelo ci imbattiamo in personaggi che si chiedono qualcosa su Gesù: da dove viene, come mai insegna con tanta autorità, da dove deriva il suo potere, perché fa miracoli, perché sembra opporsi alle tradizioni, perché le autorità lo respingono. Sono domande che si fecero allora e si sono continuate a fare lungo i secoli. A queste domande se ne sono aggiunte altre sul Gesù storico: che lingua parlava, che rapporto aveva con Qumran, è esistito davvero Ponzio Pilato?

Le ore che precedettero la Passione e la Morte di Gesù rimasero incise con singolare forza nella memoria e nel cuore di coloro che erano con lui. Per questo, negli scritti del Nuovo Testamento si conservano parecchi dettagli su quello che Gesù fece e disse nella sua ultima cena. Secondo Joachim Jeremias è uno degli episodi meglio testimoniati della sua vita. In questa occasione Gesù è solo con i dodici Apostoli (Mt 26,20; Mc 14,17 e 20; Lc 22,14). Non lo accompagnavano né Maria sua madre, né le sante donne. Secondo il racconto di San Giovanni, all’inizio, con un gesto pieno di significato, Gesù lava i piedi ai suoi discepoli dando così un esempio di umile servizio (Gv 13,1-20). Successivamente ha luogo uno degli episodi più drammatici di questa riunione: Gesù annuncia che uno di loro lo andrà a tradire, e tutti restano stupiti a guardarsi l’un l’altro, mentre Gesù in modo delicato fa riferimento a Giuda (Mt 26,20-25; Mc 14,17-21; Lc 22,21-23 e Gv 13,21-22). Nella stessa celebrazione della cena, il fatto più sorprendente fu l'istituzione della Eucaristia. Di quello che è successo in questo momento si conservano quattro versioni - i tre dei sinottici (Mt 26,26-29; Mc 14,22-25; Lc 22,14-20) e quello di San Paolo (1 Co 11,23-26) - molto simili fra di loro. Si tratta in tutti i casi di narrazioni di pochi versetti, nei quali si ricordano i gesti e le parole di Gesù che dettero luogo al Sacramento e che costituiscono il nucleo del nuovo rito: “Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me” (Lc 22,19 e par.). Sono parole che esprimono la radicale novità di quello che stava succedendo in questa cena, molto diversa dalle cene ordinarie. Gesù nella Ultima Cena non offrì il pane a quelli che stavano intorno alla tavola con lui, ma una realtà diversa sotto le apparenze del pane: Questo è il mio corpo. E trasmise agli Apostoli lì presenti il potere necessario per fare la stessa cosa: Fate questo in memoria di me. Anche alla fine della cena avviene qualcosa molto rilevante: “Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi” (Lc 22,20 e par.). Gli Apostoli compresero che se prima avevano assistito alla donazione del suo corpo sotto le apparenze del pane, ora dava a loro da bere il suo sangue in un calice. La tradizione cristiana ha recepito in questo ricordo della donazione separata del corpo e del sangue di Gesù un segno efficace del sacrificio che poche ore dopo doveva consumarsi sulla croce. Inoltre, durante tutto questo tempo, Gesù parlava con affetto lasciando nel cuore degli Apostoli le sue ultime parole. Nel vangelo di San Giovanni si conserva la memoria di questo lungo e intimo dopo cena. In questi momenti appare il comandamento nuovo, il cui compimento sarà il segnale distintivo del cristiano: “Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35).